2025-11-13
Siti porno aperti: privacy salva, minori meno
Ieri sarebbe dovuta scattare la norma per l’autenticazione digitale dei maggiorenni, ma molti portali hard non hanno rivisto le modalità d’accesso. Tutelare i giovani dal materiale a luci rosse va bene, ma non al prezzo di libertà e discrezione degli adulti. Ieri scattava l’ora X, quella che impedisce l’accesso ai siti porno se non si è in grado di dimostrare di essere maggiorenni, ma la maggior parte delle piattaforme non ha recepito la nuova direttiva. Il 12 novembre è entrata in vigore la norma prevista dal decreto Caivano del 2023 che impone la verifica dell’età reale di chi intende visitare i portali per adulti. Prima bastava cliccare «sì» alla domanda «Hai più di 18 anni?» della schermata iniziale, adesso si è capito che la semplice conferma non tutela il minore dall’accesso a valanghe di materiale pornografico. Il controllo, con il modello del «doppio anonimato», attraverso sistemi «certificati e indipendenti», non è però partito. Secondo Agcom, sono entrate in vigore le regole di verifica dell’età. Invece abbiamo verificato, spaziando da PornHub, Youporn, Pornhat, PornId, PornRabbit, a Gayporno, Lesbian8 e una decina di altri siti con video che nessun minore dovrebbe vedere, le modalità d’accesso risultavano le stesse. Un semplice clic di conferma di essere «over 18», spesso neppure quello su migliorisitiporno.it che offre selezioni di piattaforme per ogni gusto e devianza. Tutto come prima, nessuna preoccupazione per diffide e multe fino a 250.000 euro. Inezie, per società che caricano milioni di video e gestiscono alcune delle piattaforme più redditizie del Web.L’intenzione del controllo è ottima, il comma 1 del decreto introduce per i minori «un divieto di accesso a contenuti a carattere pornografico, in considerazione delle capacità lesive della loro dignità e del benessere fisico e mentale, costituendo un problema di salute pubblica», però di siti porno ne esistono tantissimi e quasi tutti registrati all’estero. Difficile credere che potranno essere multati od oscurati se non metteranno in pratica le misure di prevenzione richieste. In ogni caso, siamo ancora una volta alla digitalizzazione dei nostri dati. Non serve lo Spid, per navigare nel porno, però è necessario esibire una sorta di carta d’identità digitale. «Chi verifica la tua età non sa a quale sito accederai e la piattaforma non conosce la tua identità», assicura Massimiliano Capitanio, commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Un ente terzo certificato dalla privacy controllerebbe l’età dell’utente tramite un token, un Qr code o un sistema collegato alla sim del telefono. «È come un gettone che sblocca l’accesso al sito», chiarisce Capitanio su Skuola.net. Sempre di autentificazione della tua identità digitale si tratta. Non per pagare la tassa sui rifiuti oppure ottenere un appuntamento in qualsiasi ufficio amministrativo, ma per guardarti materiale pornografico. La tutela dei minori è un obbligo sacrosanto, deve essere impedito loro di entrare in quella palude tossica, pericolosa e violenta che è la pornografia riversata su Internet. Negli adolescenti e nei bambini si rischia una compromissione di un sano sviluppo psicologico e sessuale. Però servono autentici sbarramenti, ragionati ed efficaci, non sistemi di controllo del tempo libero di un cittadino maggiorenne. Non stiamo parlando di siti pedopornografici e di tutte le applicazioni a cascata, da chiudere e perseguire chi vi naviga. La pornografia esiste nell’arte, nel cinema, nella letteratura; il facile accesso al «virtuale», al materiale offerto sul Web (brutto, scadente, volgare, perverso non sono categorie generalizzabili) può portare a un consumo incontrollato, a un comportamento compulsivo e a una vera e propria dipendenza. App e programmi che bloccano i siti pornografici possono aiutare il singolo individuo, che decide di affidarsi allo psicologo o il sessuologo, ma non è che lo Stato possa stigmatizzare chi consuma pornografia applicando controlli e censure con la digitalizzazione.Già si è visto con Chat control che razza di sorveglianza di massa si vuole esercitare a livello di Unione europea, attraverso la scansione dei messaggi da parte delle piattaforme. «Con la scusa di fermare i criminali e interrompere i loro traffici si pensa di consentire alle istituzioni pubbliche di scandagliare i contenuti dei messaggi che gli utenti scambiano», ricordava Francesco Borgonovo, segnalando la trappola che si nasconde dietro gli strumenti suggeriti per fermare la diffusione di materiale pedopornografico.Senza dimenticare che aprendo una backdoor, una porta sul retro, nella crittografia end-to-end vi si infilerebbero forze dell’ordine ma anche criminali informatici. Inevitabile chiedersi la fine che faranno dati comunque personali, in un sistema di tracciabilità che diventa sempre più capillare e persecutorio. Se la preoccupazione sono i minori e il porno, bastava per esempio soffermarsi sulla facilità con la quale verrà aggirato l’ostacolo del controllo. Il divieto per gli under 18 vale per chi accede dall’Italia e si può eludere con una Vpn, una rete privata virtuale che crea un tunnel crittografato per la trasmissione dei dati. Cambiandoti l’indirizzo Ip e assegnandone uno nuovo che appartiene al server Vpn al quale ti connetti, nessuno può sapere da quale città o Paese stai navigando.Secondo un rapporto di Save the Children, circa un adolescente su quattro (24%) crede che la pornografia offra una rappresentazione realistica dell’atto sessuale e una recente indagine rivela che quasi la metà dei giovani italiani tra i 10 e i 25 anni accede regolarmente a contenuti pornografici online. Bisogna proteggere i minori dalla pornografia virtuale, non sorvegliare se gli adulti guardano video hard.
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Lo ha detto il presidente della Fondazione Social Economic Development Aroldo Curzi Mattei, a margine dell'evento «Mattei Plan for Africa and Global Gateway», sul Piano Mattei e le sue finalità.