2020-04-21
Sberla Oms a Ricciardi: «Non ci rappresenta»
Dopo il tweet anti Trump, corsa dei vertici a precisare che il super consulente di Roberto Speranza «parla a titolo personale». Ma le gaffe anti sovraniste dell'ex attore bambino si sprecano, come l'accusa di aver tagliato la sanità. Detto da chi si è candidato per Mario Monti...L'Organizzazione mondiale della sanità ha preso le distanze da Walter Ricciardi. Nel corso di un'intervista rilasciata a Rainews24 domenica sera, il direttore aggiunto dell'Oms, Ranieri Guerra, ha dichiarato: «Il mio collega Walter Ricciardi non è dell'Oms». «Walter Ricciardi», ha poi precisato Guerra all'Adnkronos, «è il rappresentante italiano presso il board dell'Oms. Non ha niente a che fare con l'organizzazione. È un supercampione della sanità pubblica nazionale, ma non parla a nome dell'Agenzia». Lo stesso Ricciardi, attualmente consulente per il nostro ministero della Sanità, ha confermato, dichiarando: «Io sono il rappresentante italiano nel Comitato esecutivo dell'Oms, designato dal governo per il periodo 2017-2020. Non sono cioè un dipendente dell'Oms». La precisazione di Guerra non è risultata esattamente tempestiva, visto che Ricciardi è stato nominato consulente dal ministro Roberto Speranza lo scorso 24 febbraio e che, da allora, si sia spesso parlato di lui sui giornali come un membro a pieno titolo dell'Oms (nonostante il diretto interessato ieri abbia dichiarato di aver chiarito ai tempi la propria qualifica). È' quindi altamente probabile che Guerra abbia avvertito soltanto adesso la necessità di questa puntualizzazione, per una ragione ben precisa. Quale? La pietra dello scandalo è probabilmente da ricercarsi nei tweet (invero poco istituzionali) che Ricciardi ha pubblicato negli scorsi giorni, con un bersaglio d'eccezione: Donald Trump. E non ci riferiamo soltanto al fatto che il professore abbia retwittato un post del regista Michael Moore - commentando con «beloved», ovvero «amato» - in cui varie persone prendono a pugni un pupazzo con le sembianze dell'attuale presidente americano: un elemento che, viste le polemiche suscitate, ha costretto Ricciardi a dire di essere stato frainteso. No, l'ossessione del Nostro per l'inquilino della Casa Bianca va ben oltre. Il 17 aprile ha retwittato un post di Martin Mckee, professore presso la London School of hygiene and tropical medicine, in cui si sosteneva che «Trump e il Covid-19 sono una combinazione letale». Il 16 aprile, ha invece postato un video di raffronto tra un discorso di Trump e uno di Barack Obama, accompagnato dal seguente commento: «Le elezioni hanno conseguenze, quando il popolo vota avventurieri populisti e sovranisti questi poi prendono decisioni che hanno conseguenze, in questo caso tagli su ricerca sanità innovazione ricerca (sic)». Ora, basterebbe entrare nel merito delle affermazioni di Ricciardi per scorgere «qualche» incongruenza. Ricciardi accusa Trump e i sovranisti di effettuare tagli alla sanità. Eppure, proprio lui fu candidato (senza successo) al Parlamento con Mario Monti nel 2013: quel Mario Monti che, al governo dal 2011 allo stesso 2013, ha vigorosamente inaugurato la lunga stagione delle sforbiciate alla sanità pubblica nel nostro Paese (Quotidiano Sanità parlò di 6,8 miliardi di tagli tra il 2012 e il 2015, dopo la conversione in legge del decreto sulla spendig review). Trump, al contrario, non sembra troppo incline a una simile linea. Nonostante una certa vulgata voglia dare a intendere il contrario, l'attuale inquilino della Casa Bianca non è un nemico del welfare state. E a parlare sono i fatti. Il 19 marzo, il presidente americano ha siglato un pacchetto di aiuti da 100 miliardi di dollari, approvato dal Congresso in modo bipartisan, che - tra le altre cose - prevedeva tamponi gratuiti e un aumento del finanziamento per Medicaid (il programma sanitario americano, rivolto ai cittadini con basso reddito). Il 27 marzo, Trump ha inoltre posto la sua firma sul Cares Act: un mega stanziamento da oltre 2.000 miliardi di dollari che include circa 100 miliardi per il comparto ospedaliero. Tutto questo, mentre - a inizio aprile - la Casa Bianca ha annunciato l'intenzione di coprire i costi per quegli ospedali che curano pazienti, affetti da coronavirus, privi di assicurazione sanitaria. Senza poi dimenticare che, invocando il Defense Production Act, il presidente abbia potenziato la produzione di materiale sanitario (soprattutto respiratori e mascherine): una mossa, questa, che gli ha procurato il plauso della stessa sinistra democratica. Insomma, a un primo sguardo, tra Trump e Monti quello che taglia fondi alla sanità non sembra certo Trump. Il che rende la battagliera posizione di Ricciardi «vagamente» contraddittoria. Infine, al di là del merito, c'è forse anche una questione di opportunità. Non si capisce infatti perché un tecnico debba assumere pubblicamente, per di più in un momento come questo, delle posizioni smaccatamente politiche. Ricordiamo ancora una volta che Ricciardi (un esordio cinematografico da bambino alle spalle) è attualmente consulente per il ministero della Sanità italiano. E che tweet di questo genere potrebbero quindi avere delle ripercussioni sui rapporti (già in sé stessi non idilliaci) tra il nostro governo e gli Stati Uniti. Possibile che un «competente», sempre pronto a stigmatizzare i «populisti», non se ne renda conto? E soprattutto è possibile che non se ne rendano conto neppure dalle parti di Palazzo Chigi?
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
Continua a leggereRiduci