2023-07-30
«Basta bottega, il sarto deve fare il manager»
Il presidente dell’Accademia dei sartori Gaetano Aloisio: «Il mondo è cambiato e dobbiamo creare una nuova generazione di artigiani con una cultura imprenditoriale. Devono fare economia, sviluppare e far crescere aziende, dando lavoro a ragazzi qualificati».Trecento sarti provenienti da 33 paesi saranno i protagonisti del trentanovesimo congresso mondiale della Federazione Wfmt (World Federation of Master Tailors) la più importante associazione che raccoglie i migliori sarti al mondo. Organizzato a Biella dal 31 luglio al 5 agosto, l’evento, a due anni dal precedente appuntamento svoltosi sempre in Italia, testimonia ancora una volta come il nostro Paese sia al centro della sartoria mondiale. «Insieme alla sartoria, un’altra nostra eccellenza, è il settore tessile, e Biella ne è la culla con il 60% della produzione mondiale», afferma Gaetano Aloisio, presidente dell’Accademia nazionale dei sartori, organizzatrice della manifestazione, e vice presidente della Wfmt. Artigianato e industria, tradizione e innovazione, radici e ricerca, passato e futuro, tutto questo è sartoria.«Questi sono i punti che costituiranno l’ossatura del Congresso. Dicotomie che apparentemente si contrappongono ma che in realtà danno vita a un unico settore che si congiunge nella valorizzazione del nostro talento, nella nostra capacità manuale, nell’attitudine all’eleganza e nell’ecosostenibilità. La sartoria, ecosostenibile, lo è di per sé e l’industria tessile è tra i settori più sensibili a questo tema. Le aziende tessili lo confermano con le continue evoluzioni in fatto di tecnologie che vanno sempre più verso la tutela dell’ambiente. Anche per questo, la mia personale proposta di Biella come sede del Congresso è stata accolta immediatamente con entusiasmo. Non è un caso se questo sarà il Congresso con la maggiore partecipazione di Paesi mai registrata prima. Una ulteriore dimostrazione di quanto valga il vero Made in Italy in ogni dove».Il mondo è cambiato, tutto è veloce, c’è ancora il piacere di farsi fare un abito da un sarto?«Assolutamente sì. È vero che c’è stata una disaffezione per certi particolari, non si faceva più caso a errori nel vestire. Ma gli uomini attenti al bell’abito ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Dopo la pandemia, in tanti hanno riscoperto il gusto delle cose belle e fatte bene e, soprattutto, non si vogliono più sprecare i soldi in cose inutili e superflue. La sartoria fa parte di quella nicchia di cose che danno un piacere straordinario». Ci sono giovani che hanno voglia di imparare questo mestiere?«C’è un fallimento della scuola, in tanti si trovano senza lavoro dopo la laurea o devono accontentarsi di mestieri che nulla hanno a che fare con il loro titolo di studio. Si deve guardare oltre. La più grande opportunità è offerta dall’artigianato italiano, dato che siamo i numeri uno nel mondo per i prodotti di eccellenza. Per questo tanti giovani stanno orientandosi verso certi lavori dove possono esprimersi, diventare protagonisti, essere coinvolti e avere una sicurezza lavorativa. Da noi c’è tanto bisogno di gente qualificata, perché nel mondo la richiesta dei nostri prodotti artigianali è enorme. Le sartorie rifiutano lavori perché non hanno sufficiente forza lavoro».Il lavoro dell’artigiano è ormai complesso.«Difatti dobbiamo creare una nuova generazione di artigiani imprenditori, quindi anche con una cultura imprenditoriale, devono fare economia, sviluppare e far crescere aziende, dare lavoro. Una grande opportunità di crescita. Noi siamo bravissimi a creare prodotti che nessun altro è in grado di replicare. Oltre a ruoli all’interno delle sartorie, la professione del sarto è sempre più una professione internazionale. Grazie alla tecnologia il sarto italiano è sarto del mondo: i confini si annullano e i sarti raggiungono i loro clienti nel mondo».Si deve perciò abbandonare la figura romantica del sarto?«In un certo senso sì. Si sta svolgendo un importante processo di trasformazione dell’Accademia che deve diventare una incubatrice di futuri sarti-manager di loro stessi. Non più il sarto di bottega, bensì traghettato verso una professione al passo con i tempi, moderna e soprattutto di successo». Un’Accademia, la vostra, fondata nel 1575 e che ha quindi visto innumerevoli cambiamenti.«È sempre stata l’Accademia che ha portato avanti la grande sartoria, punto di riferimento per tutti i sarti e che ha aiutato i giovani a emergere con i concorsi. La sartoria ha bisogno assoluto di manodopera specializzata. Il mestiere del sarto garantisce ottime occasioni di lavoro e occupazione. Ad esempio il 100% dei ragazzi che terminano i tre anni di corsi all’Accademia nazionale dei sartori trova lavoro. Così, anche il Congresso rappresenta un importante momento di incontro tra le aziende produttrici dei più bei tessuti al mondo e i grandi sarti del globo per sottolineare davanti al mondo l’identità della sartoria italiana, in un luogo simbolo della produzione tessile, per creare un legame sempre più forte e sinergico tra tutti gli attori di questo comparto. Saranno molti gli spunti interessanti, oltre ovviamente alle sfilate delle sartorie e alla presenza dei grandi tessutai».
Jose Mourinho (Getty Images)