2023-04-12
«Parigi adula la Cina ma senza l’Anglosfera diventa irrilevante»
L’economista Giulio Sapelli: «La Francia si illude di essere impero. In realtà può scavalcare Berlino solo con la Nato, non grazie a Pechino».Giulio Sapelli, economista e storico dell’economia, osservatore dotato di speciale autorevolezza, ha accettato di ragionare a tutto campo con La Verità dopo le ultime sortite di Emmanuel Macron, che ha insistito sulla necessità di un’«autonomia strategica europea». Le parole del presidente francese hanno tuttavia sollevato dubbi e obiezioni: a molti osservatori sono parse troppo lievi e accondiscendenti nei confronti di Pechino e forse troppo dure verso l’Occidente. Professore, che idea si è fatto delle dichiarazioni del presidente francese al ritorno dal suo viaggio in Cina?«Tutto nasce da come i francesi si vedono, anche al di là dell’attuale presidente. La Francia si percepisce come un impero ma senza più gli strumenti per essere davvero imperiale. Si pensa tuttora come un impero, ama pensarsi come tale, ma senza esserlo realmente più».Autopercezione assai diversa dalla realtà, quindi...«Ha presente quel libro del mio amico australiano Paul Dibb sull’Unione sovietica? Si intitolava The incomplete superpower, nel senso che l’Urss era un gigante militare senza le gambe economiche...».Mentre la Francia odierna? «Non è un gigante, né sul piano militare né su quello economico, ma continua a volersi pensare come se lo fosse».E allora? «E allora tende, diciamo così metaforicamente, a prendere dalle “tasche” degli altri. E tenga presente che, storicamente, una delle prime “tasche” a cui i francesi guardano è l’Italia. Oggi in materia di telecomunicazioni, ad esempio...».Ma quanto è attivo il «partito francese» in Italia?«Attivissimo, penso che l’Italia sia il Paese con il numero di legion d’onore più alto di tutti in rapporto alla popolazione. La faccio sorridere: io che ho insegnato 20 anni in quel Paese non ce l’ho, ma ovunque attorno a me vedo persone a cui quell’onorificenza è stata conferita. Veda lei...».Torniamo a Macron. Secondo lei, con quella sortita, sperava che qualcuno gli consegnasse il ruolo di supernegoziatore tra Russia e Ucraina? «Non credo tanto a questo, la questione è più generale. Macron è figlio della storia francese e probabilmente ha sentito il richiamo dell’idea antica di Charles De Gaulle... Ma quella visione dell’Europa, dall’Atlantico agli Urali, non poteva e non può avere senso senza l’Inghilterra. Questo devono comprendere i francesi: l’Europa può essere davvero potenza nell’Anglosfera e in rapporto con essa. Senza di essa, invece, l’Europa cade vittima dell’eterna questione tedesca...».Spieghi bene il riflesso della questione tedesca sulla psicologia del potere francese...«La Germania è in ogni senso potenza di terra. E concepisce anche il suo capitalismo in rapporto con Cina e Russia. La Francia pensa di competere e scavalcare i tedeschi su quel terreno. Perfino - me lo lasci dire - di “mettere sotto” i tedeschi attraverso la Cina. Ma è un errore: li puoi “mettere sotto”, per così dire, solo attraverso la Nato».Nato su cui però Macron sbagliò clamorosamente il pronostico nel 2019, quando parlò di «morte cerebrale» dell’Alleanza atlantica.«Guardi che bel numero della sua rivista ha pubblicato Lucio Caracciolo, parlando di “Polonia imperiale”. La verità è che, con il posizionamento che Varsavia ha scelto con e nella Nato, i polacchi (e pure i baltici) hanno assunto un peso enorme. E i francesi, che storicamente si vedevano come “protettori” della Polonia, non comprendono che oggi solo con la Nato e con gli americani puoi giocare un ruolo anche in quell’area. Riproporre invece una visione gollista o “terza” mi pare complicato, per non dire impossibile...».Anche cambiando quadrante e spostandoci in Africa, non mi pare che la Francia abbia i muscoli per fare da sé. Penso alle recenti disavventure francesi in Mali e Burkina Faso.«Eh, nella politica e anche nella politica internazionale esiste il “tremore”, il “terrore”. Macron è preoccupato del calo di potenza francese. I francesi vorrebbero fare da soli ma la verità è che non possono».A Parigi sono anche preoccupati di un possibile rinnovato protagonismo italiano, anche sulla base del «piano Mattei» ipotizzato da Giorgia Meloni?«Guardi, io sono molto arrabbiato per la scivolata recente del presidente Ignazio La Russa su via Rasella. Ma, a parte questo, devo invece dire che la Meloni è assolutamente sulla strada giusta: quella dell’interesse nazionale prevalente. Non solo, ha perfettamente compreso che, se l’equilibrio di potere si sposta verso Polonia e Baltici, noi possiamo giocare un ruolo complementare in un altro quadrante, un ruolo da ponte rispetto alla Turchia (che potrebbe cambiare governo) e rispetto a tutta l’area mediterranea. Quanto poi all’evocazione di Mattei, lei conosce il mio amore per l’Eni e la sua storia...». Concludendo, che bisogna fare con il Trattato del Quirinale con la Francia? Forse la cosa più saggia è metterlo in un cassetto...«Intanto andrebbe presentato e davvero discusso in Parlamento, non solo formalmente, ma a fondo. E poi occorrerebbe dire che si lavorerà a un altro accordo, assai diverso. Quell’accordo invece nacque sotto l’impulso... beh, non mi faccia dire altro su quell’impulso. Fermiamoci».