2025-09-21
Sul nodo Meazza il sindaco rischia
Stadio di San Siro (Ansa)
Giovedì il voto: in maggioranza sette contrari, senza l’aiuto dell’opposizione la delibera verrà respinta. Il primo cittadino aveva parlato di dimissioni nel caso di sconfitta, poi...La maggioranza che sosteneva Beppe Sala, celebrata dopo le elezioni del 2021, non esiste più. Del resto, al netto di qualunque sarà l’esito del voto sulla delibera per la vendita di San Siro della prossima settimana, la giunta nei prossimi mesi dovrà fare i conti con una situazione politica profondamente mutata, già certificata la scorsa settimana dal parere negativo espresso in giunta da Elena Grandi, assessora al Verde ed esponente di Europa Verde. È un quadro ormai plastico dalle incognite sul pallottoliere di palazzo Marino che si allarga sempre più a sfavore del provvedimento che prevede la vendita a Inter e Milan. La compattezza del centrosinistra, che fino a pochi mesi fa sembrava garantire numeri solidi in aula, si sta sgretolando su un tema simbolico e divisivo come la vendita dello stadio Meazza e delle aree circostanti alle due squadre milanesi. Ma anche l’opposizione di centrodestra è sotto i riflettori. E non sembra trovare una posizione comune. Perché tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è ancora grande la confusione sotto al cielo. Voteranno contro? Si asterranno lanciando un salvagente al primo cittadino Beppe Sala? Al momento, radio piazza della Scala, segnala che i contrari nel campo progressista sono sette: i tre Verdi Francesca Cucchiara, Tommaso Gorini e Carlo Monguzzi, il consigliere del gruppo misto Enrico Fedrighini e tre esponenti del Partito democratico, Alessandro Giungi, Rosario Pantaleo e Angelo Turco, che nelle ultime ore ha sciolto la riserva scegliendo di votare no. A questi va aggiunta l’astensione annunciata di Angelica Vasile, che politicamente pesa come un mezzo voto contrario. I sì certi non superano quota ventidue, a fronte dei venticinque necessari per l’approvazione. Restano in bilico due figure decisive: la dem Monica Romano, ancora indecisa, e Marco Fumagalli della Lista Sala.Dentro al Pd il dissenso è ormai esplicito. Turco parla di «vendita a scatola chiusa», Giungi e Pantaleo insistono sui temi ambientali e sulla clausola di scudo penale per i club, mentre Romano chiede tempo per approfondire. La direzione metropolitana dei dem è stata convocata per mercoledì, vigilia del voto, con l’obiettivo di ricucire le fratture, ma il clima resta teso e l’unità di un tempo sembra un miraggio.L’Aula si prepara a una maratona. La discussione inizierà giovedì e la seduta conclusiva del 29 settembre è già stata convocata a oltranza, con la scadenza del 30 settembre, data ultima per l’offerta di Inter e Milan, come ghigliottina sul calendario. Fedrighini ha deciso di giocare il «jolly» previsto dall’articolo 12 del regolamento, togliendo i tempi contingentati e aprendo a un dibattito senza limiti. Una mossa che punta a logorare ulteriormente una maggioranza già in crisi e che potrebbe spostare gli equilibri proprio nelle ore decisive.Il pallottoliere dunque non torna e l’esito resta appeso alle mosse del centrodestra. La Lega, come ha ribadito il segretario Matteo Salvini, con tutta probabilità voterà contro, anche se non sono ancora del tutto chiare le mosse dei leghisti, che potrebbero anche astenersi. Forza Italia potrebbe optare proprio per l’astensione, di fatto dando una mano alla maggioranza. La vera incognita resta Fratelli d’Italia, che lunedì riunirà il gruppo alla presenza del presidente del Senato Ignazio La Russa. Non è un mistero, la seconda carica dello Stato vanta ottimi rapporti con Sala anche per via della fede nerazzurra: un dettaglio che aggiunge ulteriore suspense a una partita politica già di per sé complicata. Ma al di là di come finirà il voto su San Siro, resta il dato politico: la giunta Sala non può più contare sulla sua vecchia maggioranza, e dovrà fare i conti con un centrosinistra diviso e un Pd lacerato proprio sul dossier più simbolico della città. E soprattutto con un sindaco che aveva promesso le dimissioni in caso di bocciatura della delibera, salvo poi cambiare idea: chissà se, di fronte a un nuovo scivolone, non sarà tentato di cambiare idea un’altra volta.