2019-09-11
Salvini prepara la riscossa: «Siete allergici al popolo ma presto toccherà a noi»
L'inquilino di Palazzo Chigi paragonato a Mario Monti. «Faremo opposizione dura. Cancellare i decreti sicurezza e la flat tax non sono uno sgarbo a me, ma all'Italia».«Casini no, proprio no». Tutta la curva della Lega, Matteo Salvini in testa, si sincronizza nel gesto difensivo del parroco che vede il diavolo in sacrestia e grida «Vade retro». La reazione collettiva è l'unico momento divertente del cupo insediamento del governo Conte (Dracula) in Senato ed è la conseguenza di una gaffe della presidente Maria Elisabetta Casellati che chiama per sbaglio «Casini» il leader del Carroccio. E dire che se a inizio agosto, dalle parti del Papeete Beach, fosse passato Pierfurby dalle cento vite e dalle cento alleanze, oggi Salvini sarebbe ancora ministro dell'Interno.Ma quando prende la parola, il segretario leghista non guarda al passato. Salvini si presenta in giacca blu nouance Bellanova e cravatta scura; ha stoccato in cantina felpe e giubbotti, il rosario rimane in tasca. L'eloquio è privo degli accenti muscolari che infastidivano i moderati. «Non la invidio presidente Conte-Monti», parte l'invettiva del numero uno leghista che tiene molto a questa similitudine, la trasforma in tormentone perché sa che nessuno più di Mario Monti - autore di prove tecniche di macelleria sociale nel 2012 - è inviso agli italiani. «Si vede uno quando ha il discorso che gli viene da dentro e quando invece deve leggere un compitino a cui non crede neanche lui. Siete passati dalla rivoluzione al voto di Casini, di Monti, di Renzi. Noi antidemocratici abbiamo messo sul tavolo sette ministeri per andare a votare, abbiamo sottovalutato la fame di poltrone».Il bersaglio è davanti a lui, rappresenta il trasformismo di un Paese debilitato da quella che i francesi chiamano «politique politicienne», il potere per il potere. Conte ne è l'esempio. «Non la invidio, con una poltrona figlia di slealtà, tradimento, interesse personale. Può essere la più importante del mondo ma non riuscirei a occuparla neanche per un quarto d'ora. Abbiamo anche scoperto l'allergia da parte sua e della sinistra al popolo e alla piazza, come se fosse un delitto. Abituatevi, siete minoranza nel Paese e lo siete anche nei vostri partiti».Bordate introduttive per scaldare l'ambiente. Poi Salvini passa ai temi chiave di quella che sarà la trincea del centrodestra, con o senza Forza Italia. Parla sempre rivolgendosi al M5s, l'ex alleato protagonista del voltafaccia, mai al Pd. Pensioni, economia, migranti, nervi scoperti del nuovo governo. «Leggo che qualcuno vuole tornare indietro su Quota 100. La Flat tax è stata cancellata. I decreti Sicurezza vengono rimangiati. Se qualcuno pensa di tornare alla legge Fornero e ai porti aperti non fa un dispetto a me ma agli italiani. Faremo sana e dura opposizione. Per voi l'importante è fermare la Lega, per noi ripartire dall'Italia. Cercheremo di limitare i danni che farete. Conto di tornare presto ministro dell'Interno».Arriva il momento della frase che smaschera un retroscena dell'inciucio. «Ho letto che ci sarà una riunione urgente sul problema più sentito dagli italiani, la nuova legge elettorale. Stiamo tornando al pentapartito, non vi invidio. Noi andiamo avanti sui temi senza avere paura di confrontarci con gli elettori perché chi ha paura del voto ha la coscienza sporca». E allora avanti con i dossier, per esempio la famiglia. «Per noi è al centro. Non capisco questo nervosismo quando il Parlamento dovrebbe essere unito dalla difesa strenua dei più deboli: tutti dovrebbero chiedere chiarezza su Bibbiano». Dalla famiglia alla salute, sfiorando un tema etico che confligge con la bulimia dei diritti cara ai dem. «La salute dei nostri figli vuol dire guerra vera a ogni tipo di droga. Abbiamo sentito quel genio di Roberto Saviano dire che bisogna legalizzare la cocaina. Portate una legge in quest'Aula e non vi facciamo uscire a mangiare e a dormire».Parlando di giustizia, il leader della Lega punta di nuovo il dito accusatore contro Conte-Monti. Il caso di Armando Siri non l'ha digerito. «In più di un'occasione lei ha giudicato i suoi colleghi prima che ci fosse non solo una condanna, ma neanche un processo. Per noi gli italiani sono persone perbene fino a prova contraria. Quando ci sono state polemiche sul suo curriculum, sui suoi studi fantasma, non abbiamo detto una parola. Questa è differenza di stile». E poi l'Europa, la vera levatrice dell'accordo 5 stelle-Pd. Salvini guarda Conte e vede il maître d'hotel travestito da statista, la pochette a quattro punte e due gambe celebrata a Biarritz. «Ricordo con orrore l'immagine di quell'uomo che sussurrava ad Angela Merkel: non fa bene a un Paese libero. Qualcuno diceva che è un giorno di festa perché hanno messo il rivoluzionario Paolo Gentiloni agli affari economici. Aspetterei a festeggiare, è il commissario controllato dal noto falco Valdis Dombrovskis». Sarà un autunno caldo. La forza, lo spirito critico di un Paese che al 52% è contro l'esecutivo da una parte; il governo rosso antico dall'altra. Tenuto in piedi dai senatori a vita. L'ultimo ruggito di Salvini è dedicato a loro. «È la casta della casta della casta. Affidare il governo a una manciata di senatori a vita che vengono qua quando hanno tempo... Tiro un sospiro di sollievo per non dover affidare la fiducia a una schifezza del genere».Quanto a Forza Italia, in serata Salvini fa sapere: «Il rapporto con Berlusconi non si è mai interrotto. Lo vedrò a breve. Chi sono io per dire di no a un confronto sul programma? Ci sono importanti elezioni vicine. Se c'è un'idea di Italia comune per i nostri figli, figuriamoci...».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)