2020-01-26
Salvini corteggia i grillini. Se il Pd fallisce in Emilia inizia il Conte alla rovescia
La maggioranza perderà pezzi, ma né il Colle né i giallorossi vogliono le urne. Il piano B è provare ad allearsi con i «responsabili» di Fi e cambiare il premier.«Scusi, lei smamma?». Giorgia Meloni lo ha promesso, dal palco di Ravenna, durante la manifestazione di chiusura della campagna elettorale del centrodestra in Emilia Romagna: «Si è parlato di citofoni. Ma se ci votate lunedì citofoneremo a Giuseppe Conte, gli chiederemo di fare gli scatoloni. Io, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi siamo pronti ad andare al governo. Se vinciamo», ha scandito Giorgia, «chiederemo le elezioni». Gli scenari del dopo regionali sono estremamente chiari. La Calabria, salvo imprevedibili colpi di scena, dovrebbe essere conquistata agevolmente dal centrodestra, che ha candidato alla presidenza la forzista Jole Santelli. La partita è aperta, invece, in Emilia Romagna. Se il centrosinistra dovesse spuntarla, nonostante i sondaggi diano il presidente uscente, Stefano Bonaccini, in svantaggio, il governo guidato da Giuseppe Conte ne uscirebbe rafforzato, anche se è facile prevede che il Pd farebbe pagare cara al M5s la scelta di correre da solo. «Visto? Per vincere non abbiamo bisogno di voi», direbbero i dem. Per i grillini, dunque, comunque vada sarà un insuccesso: completamente spariti dalla campagna elettorale, si preparano a una sonora disfatta, sia in Emilia Romagna sia in Calabria.Se invece in Emilia Romagna prevarrà il centrodestra a trazione leghista, e domani mattina Lucia Borgonzoni sarà il nuovo presidente, il contraccolpo sul governo sarà pesantissimo. Al di là delle percentuali, la citofonata a Conte da parte dei leader del centrodestra sarà accompagnata, probabilmente, da manifestazioni di piazza al grido di «Elezioni, elezioni!». Le dimissioni del premier con il ciuffo, manco a dirlo, non arriveranno: Giuseppi resterà incollato alla poltrona come e più di prima. «È stato un voto locale, importante certo, ma che non riguarda il governo», dirà Conte, che non a caso, memore dell'errore commesso in Umbria, con la «foto di Narni» che lo inchiodò a quella sconfitta, si è tenuto lontano anni luce dalla campagna elettorale.Dopo aver citofonato invano al premier, Salvini la, Meloni e Berlusconi busseranno all'inquilino del piano di sopra: Sergio Mattarella. I tre leader della coalizione di centrodestra chiederanno al presidente elezioni anticipate perché «la maggioranza del Paese sta con noi, lo hanno dimostrato tutte le elezioni, europee, regionali e amministrative, e il governo è delegittimato». Mattarella non risponderà direttamente, ma, attraverso un paio di editoriali, firmati da autorevoli costituzionalisti e quirinalisti, ribadirà che lo scioglimento delle Camere è una extrema ratio, e che finché un governo è sostenuto da una maggioranza parlamentare non c'è alcun motivo per mandare l'Italia alle urne.Fin qui i convenevoli, poi inizierà la battaglia politica. Nel caso di una vittoria della Borgonzoni, Matteo Salvini renderà incessante il «corteggiamento» in termini politici nei confronti dei senatori del M5s, prospettando una ricandidatura con la Lega a chi sarà più lesto nel lasciare il Movimento e passare all'opposizione, togliendo alla maggioranza, già risicatissima, l'unica forza che le resta, quella dei numeri in Parlamento. Stavolta Salvini dovrà convincere almeno una quindicina di senatori, ma potrebbe non bastare: da Forza Italia partirebbe un controesodo verso la maggioranza, attraverso Italia viva o un nuovo gruppo di «responsabili», per scongiurare le elezioni. Il problema del centrodestra, infatti, è questo: Silvio Berlusconi ha in Parlamento la bellezza di 97 deputati e 61 senatori, il triplo di quelli di Fratelli d'Italia, che pure, rispetto alle politiche del marzo 2018, oggi nei sondaggi vale almeno il doppio di Forza Italia.Il Cavaliere farebbe molta fatica a scongiurare la transumanza verso i giallorossi, poiché se si tornasse alle elezioni nei prossimi mesi il 70% dei parlamentari azzurri non verrebbe rieletto. Una maggioranza allargata a un gruppo di «responsabili» provenienti dal centrodestra, però, sarebbe comunque una grana per Conte: Matteo Renzi e i nuovi arrivati avrebbero mille ragioni per chiedere un nuovo governo con un altro presidente del Consiglio. L'unica speranza di Berlusconi, Meloni e Salvini è quella di approfittare del terrore del taglio dei parlamentari per convincere i senatori del M5s e quelli di Forza Italia ad andare al voto prima che la legge diventi effettiva, e quindi prima del referendum, che si celebrerà probabilmente alla fine di marzo.A proposito di Forza Italia: il partito del Cav rischia grosso anche in caso di vittoria della Borgonzoni. Berlusconi, con la consueta abilità, ha ottenuto la candidatura alla presidenza della Calabria, e quindi domani spingerà forte a livello di comunicazione sull'eventuale (probabile) elezione della Santelli. La deputata calabrese sta conducendo una campagna elettorale eccellente, la sua esperienza politica, la sua coerenza, l'attaccamento alla sua terra e la profonda umanità hanno compattato un centrodestra sfilacciato dalle tensioni pre elettorali. Se però in Emilia Romagna il risultato di Fi sarà inferiore al 5%, sia in caso di vittoria sia di sconfitta della Borgonzoni, la crisi nel partito si riaprirà: in particolare, nel mirino di molti big finirà Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato e coordinatrice di fatto della campagna nella sua regione, insieme al «cerchio tragico» berlusconiano. La linea di Mara Carfagna, che da mesi sostiene che l'appiattimento del partito sulla politica sovranista di Salvini e della Meloni sta riducendo Fi a un irrilevante cespuglietto, sarà corroborata da un altro risultato.