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2025-03-07
Ras dell’urbanistica, le chat con i Compagni di merende: «Ubriacatemi e passa tutto»
Giovanni Oggioni (Imagoeconomica)
In pensione, sotto indagine in diverse inchieste sull’urbanistica (tra cui quella su Bosconavigli con Stefano Boeri), alla fine dello scorso anno Giovanni Oggioni (arrestato l’altro ieri nell’inchiesta sull’urbanistica) comandava ancora a palazzo Marino. Tanto che - come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - il sindaco Beppe Sala ha di fatto sempre legittimato quello che auspicava l’ex dirigente comunale nelle intercettazioni.
Del resto, il sindaco ha nominato il 16 dicembre scorso la nuova commissione del Paesaggio, nella quale c’è una persona indagata (Giuseppe Marinoni, ndr). E questo nonostante nella commissione Legalità, l’organo che avrebbe dovuto valutare i curriculum, ci fosse Marco Ciacci, ex numero uno della polizia giudiziaria e della polizia locale milanese. Oggioni, sotto inchiesta per corruzione, falso e frode processuale (oggi sarà interrogato dal gip Mattia Fiorentini), non si prodigava solo per il Salva Milano, cercando di frenare le inchieste della Procura e della Corte dei conti. Voleva continuare a controllare la commissione del Paesaggio dove era stato negli ultimi quattro anni in pieno conflitto di interesse: la figlia Elena lavorava per la società Abitare In (che ieri ha perso in Borsa il 17%).
Con lei stava molto attento: «Non diciamolo al telefono. Nel caso sei sempre in tempo a cancellare qualcosa» le spiegava, annotano gli inquirenti. In altri casi era meno accorto. Aveva creato una chat dal nome «Compagni di merende» con Stefano Bollani, manager dell’area sviluppo di Abitare In. «Giovedì ci sono, ubriacatemi che poi ho la commissione Paesaggio e approvo tutto», scriveva nelle chat. Sosteneva, poi, di aver firmato almeno «cinquanta» convenzioni coi costruttori, con il via libera a licenze edilizie che non erano passate per un voto di giunta. Oggioni aveva già provato a condizionare la futura commissione, provando a intervenire sul nuovo regolamento che avrebbe dovuto promuovere, secondo gli obiettivi del Comune, «l’equilibrio di genere» e rafforzare «il principio di trasparenza», introducendo il vincolo che oltre la metà dei commissari non avrebbe dovuto svolgere la professione di architetto o urbanista durante il mandato.
Appena aperti i termini di presentazione delle domande di selezione dei componenti, Oggioni, che è anche segretario generale dell’Ordine degli architetti, inizia a farsi promotore di un cartello per coordinare le candidature. Ha entrate ovunque. In Comune accede a tutti i documenti. Riceve in anteprima il nuovo regolamento della commissione da Dora Lanzetta, direttore dell’area Digitalizzazione di palazzo Marino. Ne parla in una telefonata con Federico Aldini, presidente dell’Ordine degli architetti: «M’ha dato in mano il regolamento, io l’ho letto e…me l’ha tirato via dalle mani. “Tu questo non potresti neanche averlo”. Va beh, io l’ho mandata a fanculo». Aldini, a quanto si legge, ha parlato del nuovo regolamento anche con l’assessore Giancarlo Tancredi, nel suo studio in municipio. Tancredi gli ha detto che sarebbe stata anche la Procura a dare questo indirizzo. Oggioni gli ripete che «hanno buttato via trent’anni di urbanistica».
Siamo solo alla fine di settembre, un mese dopo la situazione inizia a riscaldarsi. Oggioni parla di nuovo con Aldini e gli spiega che l’Ordine degli architetti proporrà dieci curricula, caldeggiando però nominativi a loro graditi, «evitando di candidare rompiscatole, pedanti e polemici» come Emilio Battisti, guarda caso l’architetto che aveva presentato in Procura l’esposto sul bando della Beic, quello assegnato dalla commissione dove era presidente Stefano Boeri. «Perché noi ne avremo uno che romperà i coglioni. Minchia, sta stracciando l’anima», dice Oggioni a proposito di Battisti. Quest’ultimo ha già parlato ai magistrati un anno prima, nel marzo del 2023, inimicandosi gran parte dell’ordine degli architetti che, stando a quanto riferito da Battisti ai magistrati, avrebbe difeso l’operato di Boeri durante una seduta, «con il segretario Oggioni e il presidente Aldini». L’archistar del Bosco verticale, oltre a essere a processo sul progetto Bosconavigli (insieme con lo stesso Oggioni), è indagato per turbativa d’asta e falso proprio sul bando della Biblioteca europea.
L’ex dirigente comunale in pensione comanda. Coordina la dirigente Lanzetta e, in una telefonata di inizio novembre con il presidente degli architetti, «gli spiega di aver intuito che il Comune si adeguerà alle scelte che loro intenderanno fare». Nello specifico, Oggioni spinge per la riconferma di due figure in particolare, Giacomo Cristoforo De Amicis e Alessandro Trivelli anche perché proprio quest’ultimo gli aveva illustrato un progetto di Abitare In su un’area di Vaiano Valle. Il 7 novembre gli vengono sequestrati i cellulari e i computer, ma lui non demorde. Minimizza al telefono con Aldini la visita della Guardia di finanza che gli ha contestato il conflitto di interesse con Abitare In (ma non parla del lavoro della figlia). Quindi «imperterrito», pochi giorni dopo, chiama la dirigente Lanzetta per informarsi sulle candidature della commissione.
Alla fine, la spunta. Perché, come rilevano gli inquirenti, il sindaco Beppe Sala - il 16 dicembre del 2024, quindi appena un mese dopo i decreti di sequestro nei confronti di Oggioni, Giuseppe Marinoni, Trivelli e Alessandro Scandurra (anche loro indagati) - nominerà proprio Marinoni, De Amicis, Dario Vanetti e Alessandro Ubertazzi. La commissione, che resterà in carica fino al 2029, come aveva auspicato Oggioni sarà composta per un terzo da professionisti che erano già nella precedente. D’altra parte, lo schema che il dirigente in pensione aveva portato avanti per quattro anni non poteva bloccarsi. La figlia aveva ricevuto 124.000 euro tra il 2020 e il 2023 da Abitare In a cui Oggioni approvava i progetti. Assimpredil Ance, l’ente delle imprese edili a Milano, gliene aveva versati 178.884 per agevolare una decina di pratiche.
Sala si sveglia e s’appiglia al repulisti
«Mi batto per i miei dirigenti comunali», diceva fino a poche settimane fa il sindaco Beppe Sala, presentando il Salva Milano come un’operazione quasi da buon padre di famiglia per cercare di salvaguardare i suoi dipendenti. Ma, dopo l’arresto dell’ex dirigente Giovanni Oggioni per corruzione, il primo cittadino ha cambiato registro. «I nostri dirigenti non sono accusati di corruzione. Siamo accusati di aver velocizzato i meccanismi autorizzativi per la concessione di diritti a costruire», diceva fino a tre giorni fa. Adesso, invece, vuole fare tabula rasa dei dirigenti dell’urbanistica («Ma dobbiamo stare attenti a essere anche un po’ garantisti», tranquillizzava ieri il sindaco), mentre la città continua a essere paralizzata e all’orizzonte non sembrano esserci misure per salvare la situazione.
Intanto, su Radio Popolare, monta la protesta dei suoi elettori che, nel telefono aperto di ieri mattina, si dividevano tra chi voleva le dimissioni, chi chiedeva di commissariare il Pd e chi difendeva comunque la giunta. Nel frattempo, anche l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino cambia idea. Prima chiedeva di votare il Salva Abusi, ora plaude alla nuova presa di posizione del sindaco. Mentre Carlo Monguzzi, il Verde da sempre contrario, accusa Sala di essere «surreale e ridicolo. Questa non è più politica ma asilo infantile».
D’altronde, Sala è pronto a sacrificare l’assessore alla Casa, Guido Bardelli, un avvocato che prima di diventare assessore, parlando con Oggioni delle inchieste sull’urbanistica, aveva auspicato che la giunta di Sala cadesse. Il primo cittadino smentisce ipotesi di rimpasto a meno di due anni dalla fine del mandato, ma ormai le contraddizioni sono all’ordine del giorno. Già ieri sera sono incominciati a circolare i primi possibili sostituti di Bardelli. Gira il nome del professore del Politecnico Gabriele Pasqui, ma anche quello di Alessandro Maggioni, presidente del Consorzio Cooperative, da sempre contrario al Salva Milano e, per di più, minacciato da Oggioni per la sua posizione, come si legge nelle carte dell’inchiesta.
A decidere sarà Sala, un sindaco che, negli ultimi giorni, non solo ha cassato per sempre il «condono» urbanistico detto anche Salva Sala (ritenuto fondamentale fino alla settimana scorsa), ma ha deciso di costituirsi parte civile nel processo e sta continuando a minimizzare le responsabilità dell’amministrazione comunale su quanto sta emergendo nelle carte dell’inchiesta. Le accuse della Procura di Milano sono chiare. Oltre ai casi di corruzione, gli inquirenti spiegano che Oggioni avrebbe spinto per la nomina di alcuni suoi fedelissimi nella nuova commissione del Paesaggio (tra cui quella di un indagato), una strategia che ha avuto successo e che è stata alla fine ratificata da Sala il 16 dicembre scorso. Eppure, Sala anche ieri ha ridotto le implicazioni della vicenda a una questione di «mele marce», spiegando che l’ex dirigente avrebbe agito esclusivamente per iniziativa privata, senza coinvolgere il Comune. Perché, spiegava ieri il sindaco, «in termini di comportamenti illeciti stiamo parlando di Oggioni, non ho avuto sospetti che all’interno della struttura dirigenziale ci fosse un comportamento illecito». Anzi, ha detto Sala, «voglio precisare che anche dalle ricostruzioni fatte, Oggioni si muove su parti del governo e del Parlamento e l’avrà fatto ma certamente non in nome del Comune ma per sua iniziativa privata e personale».
Del resto, sostiene il primo cittadino, «a Milano si stanno applicando quelle norme da 13 anni, se avessi pensato che non erano funzionali avrei agito prima». Ma il fatto che il Comune non abbia preso misure tempestive per prevenire abusi o corruzione in un settore così delicato solleva pesanti dubbi sulle priorità e sull’efficacia della sua amministrazione. Non sembra, poi, esserci una strategia per rivedere le licenze edilizie di operazioni immobiliari che sono o saranno nel mirino della Procura e per smaltire progetti edilizi senza alcun problema di interpretazione, che sono fermi per responsabilità del Comune.
«Quanto sta emergendo da ieri, con l’arresto Oggioni, è troppo grave», dice il segretaria del Pd, Elly Schlein, ricordando «che qualcuno di questi indagati lavorasse per far saltare Sala». Per la numero uno dei dem, «è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti» sul Salva Milano. Martedì al Senato ci sarà una riunione di maggioranza per fare il punto sull’iter ma, a questo punto, il centrodestra potrebbe far decadere il ddl.
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Riduci
L’ex dirigente Oggioni comandava la commissione Paesaggio meneghina, composta da persone a lui gradite (compreso un indagato). Poi si vantava con la corte di amici.Mr. Expo cauto: «Mele marce». Su Bardelli (l’assessore che voleva far cadere la giunta) «decido oggi. Necessari cambi negli uffici». Schlein: «Il ddl-condono morto in Senato».Lo speciale contiene due articoli.In pensione, sotto indagine in diverse inchieste sull’urbanistica (tra cui quella su Bosconavigli con Stefano Boeri), alla fine dello scorso anno Giovanni Oggioni (arrestato l’altro ieri nell’inchiesta sull’urbanistica) comandava ancora a palazzo Marino. Tanto che - come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - il sindaco Beppe Sala ha di fatto sempre legittimato quello che auspicava l’ex dirigente comunale nelle intercettazioni.Del resto, il sindaco ha nominato il 16 dicembre scorso la nuova commissione del Paesaggio, nella quale c’è una persona indagata (Giuseppe Marinoni, ndr). E questo nonostante nella commissione Legalità, l’organo che avrebbe dovuto valutare i curriculum, ci fosse Marco Ciacci, ex numero uno della polizia giudiziaria e della polizia locale milanese. Oggioni, sotto inchiesta per corruzione, falso e frode processuale (oggi sarà interrogato dal gip Mattia Fiorentini), non si prodigava solo per il Salva Milano, cercando di frenare le inchieste della Procura e della Corte dei conti. Voleva continuare a controllare la commissione del Paesaggio dove era stato negli ultimi quattro anni in pieno conflitto di interesse: la figlia Elena lavorava per la società Abitare In (che ieri ha perso in Borsa il 17%).Con lei stava molto attento: «Non diciamolo al telefono. Nel caso sei sempre in tempo a cancellare qualcosa» le spiegava, annotano gli inquirenti. In altri casi era meno accorto. Aveva creato una chat dal nome «Compagni di merende» con Stefano Bollani, manager dell’area sviluppo di Abitare In. «Giovedì ci sono, ubriacatemi che poi ho la commissione Paesaggio e approvo tutto», scriveva nelle chat. Sosteneva, poi, di aver firmato almeno «cinquanta» convenzioni coi costruttori, con il via libera a licenze edilizie che non erano passate per un voto di giunta. Oggioni aveva già provato a condizionare la futura commissione, provando a intervenire sul nuovo regolamento che avrebbe dovuto promuovere, secondo gli obiettivi del Comune, «l’equilibrio di genere» e rafforzare «il principio di trasparenza», introducendo il vincolo che oltre la metà dei commissari non avrebbe dovuto svolgere la professione di architetto o urbanista durante il mandato.Appena aperti i termini di presentazione delle domande di selezione dei componenti, Oggioni, che è anche segretario generale dell’Ordine degli architetti, inizia a farsi promotore di un cartello per coordinare le candidature. Ha entrate ovunque. In Comune accede a tutti i documenti. Riceve in anteprima il nuovo regolamento della commissione da Dora Lanzetta, direttore dell’area Digitalizzazione di palazzo Marino. Ne parla in una telefonata con Federico Aldini, presidente dell’Ordine degli architetti: «M’ha dato in mano il regolamento, io l’ho letto e…me l’ha tirato via dalle mani. “Tu questo non potresti neanche averlo”. Va beh, io l’ho mandata a fanculo». Aldini, a quanto si legge, ha parlato del nuovo regolamento anche con l’assessore Giancarlo Tancredi, nel suo studio in municipio. Tancredi gli ha detto che sarebbe stata anche la Procura a dare questo indirizzo. Oggioni gli ripete che «hanno buttato via trent’anni di urbanistica».Siamo solo alla fine di settembre, un mese dopo la situazione inizia a riscaldarsi. Oggioni parla di nuovo con Aldini e gli spiega che l’Ordine degli architetti proporrà dieci curricula, caldeggiando però nominativi a loro graditi, «evitando di candidare rompiscatole, pedanti e polemici» come Emilio Battisti, guarda caso l’architetto che aveva presentato in Procura l’esposto sul bando della Beic, quello assegnato dalla commissione dove era presidente Stefano Boeri. «Perché noi ne avremo uno che romperà i coglioni. Minchia, sta stracciando l’anima», dice Oggioni a proposito di Battisti. Quest’ultimo ha già parlato ai magistrati un anno prima, nel marzo del 2023, inimicandosi gran parte dell’ordine degli architetti che, stando a quanto riferito da Battisti ai magistrati, avrebbe difeso l’operato di Boeri durante una seduta, «con il segretario Oggioni e il presidente Aldini». L’archistar del Bosco verticale, oltre a essere a processo sul progetto Bosconavigli (insieme con lo stesso Oggioni), è indagato per turbativa d’asta e falso proprio sul bando della Biblioteca europea.L’ex dirigente comunale in pensione comanda. Coordina la dirigente Lanzetta e, in una telefonata di inizio novembre con il presidente degli architetti, «gli spiega di aver intuito che il Comune si adeguerà alle scelte che loro intenderanno fare». Nello specifico, Oggioni spinge per la riconferma di due figure in particolare, Giacomo Cristoforo De Amicis e Alessandro Trivelli anche perché proprio quest’ultimo gli aveva illustrato un progetto di Abitare In su un’area di Vaiano Valle. Il 7 novembre gli vengono sequestrati i cellulari e i computer, ma lui non demorde. Minimizza al telefono con Aldini la visita della Guardia di finanza che gli ha contestato il conflitto di interesse con Abitare In (ma non parla del lavoro della figlia). Quindi «imperterrito», pochi giorni dopo, chiama la dirigente Lanzetta per informarsi sulle candidature della commissione.Alla fine, la spunta. Perché, come rilevano gli inquirenti, il sindaco Beppe Sala - il 16 dicembre del 2024, quindi appena un mese dopo i decreti di sequestro nei confronti di Oggioni, Giuseppe Marinoni, Trivelli e Alessandro Scandurra (anche loro indagati) - nominerà proprio Marinoni, De Amicis, Dario Vanetti e Alessandro Ubertazzi. La commissione, che resterà in carica fino al 2029, come aveva auspicato Oggioni sarà composta per un terzo da professionisti che erano già nella precedente. D’altra parte, lo schema che il dirigente in pensione aveva portato avanti per quattro anni non poteva bloccarsi. La figlia aveva ricevuto 124.000 euro tra il 2020 e il 2023 da Abitare In a cui Oggioni approvava i progetti. Assimpredil Ance, l’ente delle imprese edili a Milano, gliene aveva versati 178.884 per agevolare una decina di pratiche.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/salva-milano-oggioni-2671283497.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sala-si-sveglia-e-sappiglia-al-repulisti" data-post-id="2671283497" data-published-at="1741295032" data-use-pagination="False"> Sala si sveglia e s’appiglia al repulisti «Mi batto per i miei dirigenti comunali», diceva fino a poche settimane fa il sindaco Beppe Sala, presentando il Salva Milano come un’operazione quasi da buon padre di famiglia per cercare di salvaguardare i suoi dipendenti. Ma, dopo l’arresto dell’ex dirigente Giovanni Oggioni per corruzione, il primo cittadino ha cambiato registro. «I nostri dirigenti non sono accusati di corruzione. Siamo accusati di aver velocizzato i meccanismi autorizzativi per la concessione di diritti a costruire», diceva fino a tre giorni fa. Adesso, invece, vuole fare tabula rasa dei dirigenti dell’urbanistica («Ma dobbiamo stare attenti a essere anche un po’ garantisti», tranquillizzava ieri il sindaco), mentre la città continua a essere paralizzata e all’orizzonte non sembrano esserci misure per salvare la situazione. Intanto, su Radio Popolare, monta la protesta dei suoi elettori che, nel telefono aperto di ieri mattina, si dividevano tra chi voleva le dimissioni, chi chiedeva di commissariare il Pd e chi difendeva comunque la giunta. Nel frattempo, anche l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino cambia idea. Prima chiedeva di votare il Salva Abusi, ora plaude alla nuova presa di posizione del sindaco. Mentre Carlo Monguzzi, il Verde da sempre contrario, accusa Sala di essere «surreale e ridicolo. Questa non è più politica ma asilo infantile». D’altronde, Sala è pronto a sacrificare l’assessore alla Casa, Guido Bardelli, un avvocato che prima di diventare assessore, parlando con Oggioni delle inchieste sull’urbanistica, aveva auspicato che la giunta di Sala cadesse. Il primo cittadino smentisce ipotesi di rimpasto a meno di due anni dalla fine del mandato, ma ormai le contraddizioni sono all’ordine del giorno. Già ieri sera sono incominciati a circolare i primi possibili sostituti di Bardelli. Gira il nome del professore del Politecnico Gabriele Pasqui, ma anche quello di Alessandro Maggioni, presidente del Consorzio Cooperative, da sempre contrario al Salva Milano e, per di più, minacciato da Oggioni per la sua posizione, come si legge nelle carte dell’inchiesta. A decidere sarà Sala, un sindaco che, negli ultimi giorni, non solo ha cassato per sempre il «condono» urbanistico detto anche Salva Sala (ritenuto fondamentale fino alla settimana scorsa), ma ha deciso di costituirsi parte civile nel processo e sta continuando a minimizzare le responsabilità dell’amministrazione comunale su quanto sta emergendo nelle carte dell’inchiesta. Le accuse della Procura di Milano sono chiare. Oltre ai casi di corruzione, gli inquirenti spiegano che Oggioni avrebbe spinto per la nomina di alcuni suoi fedelissimi nella nuova commissione del Paesaggio (tra cui quella di un indagato), una strategia che ha avuto successo e che è stata alla fine ratificata da Sala il 16 dicembre scorso. Eppure, Sala anche ieri ha ridotto le implicazioni della vicenda a una questione di «mele marce», spiegando che l’ex dirigente avrebbe agito esclusivamente per iniziativa privata, senza coinvolgere il Comune. Perché, spiegava ieri il sindaco, «in termini di comportamenti illeciti stiamo parlando di Oggioni, non ho avuto sospetti che all’interno della struttura dirigenziale ci fosse un comportamento illecito». Anzi, ha detto Sala, «voglio precisare che anche dalle ricostruzioni fatte, Oggioni si muove su parti del governo e del Parlamento e l’avrà fatto ma certamente non in nome del Comune ma per sua iniziativa privata e personale». Del resto, sostiene il primo cittadino, «a Milano si stanno applicando quelle norme da 13 anni, se avessi pensato che non erano funzionali avrei agito prima». Ma il fatto che il Comune non abbia preso misure tempestive per prevenire abusi o corruzione in un settore così delicato solleva pesanti dubbi sulle priorità e sull’efficacia della sua amministrazione. Non sembra, poi, esserci una strategia per rivedere le licenze edilizie di operazioni immobiliari che sono o saranno nel mirino della Procura e per smaltire progetti edilizi senza alcun problema di interpretazione, che sono fermi per responsabilità del Comune. «Quanto sta emergendo da ieri, con l’arresto Oggioni, è troppo grave», dice il segretaria del Pd, Elly Schlein, ricordando «che qualcuno di questi indagati lavorasse per far saltare Sala». Per la numero uno dei dem, «è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti» sul Salva Milano. Martedì al Senato ci sarà una riunione di maggioranza per fare il punto sull’iter ma, a questo punto, il centrodestra potrebbe far decadere il ddl.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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