2024-09-01
Sala usa il no all’autonomia per riciclarsi
Giuseppe Sala (Getty Images)
Per il sindaco di Milano si avvicina la fine del secondo mandato. Dopo aver cercato inutilmente sponde nel Pd e nel M5s, e visto il flop della sua svolta verde, tenta di sfruttare il referendum contro le riforme costituzionali per assicurarsi un posto al sole.«Lo dico da sindaco di Milano», ha spiegato venerdì con una lettera al Corriere della Sera Beppe Sala, parlando dell’autonomia differenziata. Ma forse il primo cittadino del capoluogo lombardo sarebbe stato più onesto, con sé stesso e con i lettori, se avesse scritto: «Lo dico da esponente politico che vede avvicinarsi la fine del proprio mandato e non sa bene che fare nel prossimo futuro e dunque le prova tutte, anche a cavalcare l’onda referendaria contro la riforma sui poteri delle Regioni». Già, perché questa è la realtà dei fatti. A differenza di ciò che ha voluto lasciar credere con la missiva al giornale di via Solferino, la riforma voluta dal centrodestra, che perfino alcuni esponenti del centrosinistra riconoscono essere coerente con la legge approvata dai Ds nel 2001, non sfiora minimamente la città da lui amministrata, che di certo non avrà alcun danno, ma semmai qualche vantaggio.Tuttavia, Sala è preoccupato anche perché nella classifica dei sindaci più amati d’Italia è precipitato, passando in un solo anno dal primo al diciannovesimo posto. A fargli perdere terreno, dopo anni di successi dovuti principalmente alla fama guadagnata ai tempi dell’Expo, è la poca sicurezza in città. Mentre lui precipita nel gradimento, Milano conquista la vetta di metropoli con il maggior numero di reati. Furti, rapine, danneggiamenti, violenze sessuali. In totale, fanno quasi settemila denunce ogni centomila abitanti, duemila in più di Roma, ma anche molte di più di Bologna, Firenze e Torino, tanto per spostarsi un po’ più al Nord. E poi, a impensierire il sindaco è soprattutto il futuro. Suo, non della città. Eletto per la seconda volta nell’ottobre del 2021, Sala vede avvicinarsi velocemente la data in cui dovrà lasciare Palazzo Marino e al momento non si intuisce che cosa potrà fare. In questi anni, lui ha provato a piazzarsi da qualche parte, lasciandosi aperta la porta un po’ con tutti nella speranza di venire raccattato, ma finora i tentativi di aggrapparsi a qualche movimento o a qualche incarico di prestigio sono andati a vuoto. Non ha buttato bene con il Pd, dove pure a un certo punto sembrava pronto a candidarsi come leader prima che i sogni fossero infranti da Elly Schlein. Non ha sortito alcun effetto il tentativo di strizzare l’occhio ai grillini, prima direttamente con l’Elevato, poi con i fuoriusciti dal Movimento 5 stelle quando, sull’onda del «draghismo», Luigi Di Maio fondò il suo partitino, poi spazzato via dalle elezioni del 2022. Non è andata benissimo neppure la svolta verde, accompagnata dal restringimento di carreggiata delle principali vie milanesi per dare spazio ad autostrade riservate alle due ruote (che invece di ridurre il traffico lo ha aumentato, facendo imbestialire tutti, automobilisti e ciclisti). Nonostante abbia annunciato di iscriversi al partito dei verdi europei, i veri ambientalisti, come ad esempio Carlo Monguzzi, lo contestano, accusandolo di essersi verniciato di smeraldo per puro scopo elettorale. Del resto, è difficile per lui presentarsi come un ecologista duro e puro, visto che negli ultimi anni in città c’è stato un consumo di suolo mai visto e, se fosse per lui, ce ne sarebbe stato ancora di più. Famoso resta il caso dello stadio di San Siro, che avrebbe voluto demolire per fare spazio a una mega lottizzazione, con palazzi residenziali e centri commerciali. E ancor più famosa è la vicenda dei 150 cantieri che hanno consentito di edificare grattacieli senza autorizzazione ma con una semplice Scia. Quando la Procura è intervenuta, indagando costruttori e funzionari per aver consentito la trasformazione di garage di due piani in edifici di dieci, Sala ha piagnucolato, lamentando il blocco dello sviluppo della città. Per un po’ ha sperato che a sbloccare la questione fosse il ministro Salvini, che comunque nel capoluogo lombardo conserva la sua base elettorale, ma quando ha capito che l’emendamento denominato «Salva Milano» non sarebbe passato né col piano per cancellare piccole difformità, né con un emendamento ad hoc, è andato in depressione. Dunque, con la grana grossa come una casa dei cantieri fermi, una fiducia personale in caduta libera e la palma di sindaco della città più insicura d’Italia, Sala pensa a tagliare la corda il prima possibile. Ecco perché guarda al referendum per cancellare l’autonomia differenziata. Cavalcarlo lo aiuterebbe ad allontanarsi dai problemi di Milano. Soprattutto gli restituirebbe un po’ di visibilità. E così, eccolo presentarsi sul Corriere come paladino contro la riforma, a parlare di Lep, di risorse, di tempi che vorrebbe più lunghi, lamentandosi di non essere stato interpellato. «Lo dico da sindaco di Milano». Mai invece che da sindaco di Milano dicesse cosa pensa di fare con i cantieri bloccati e con i criminali che nessuno blocca.
Jose Mourinho (Getty Images)