
Plinio l’aveva chiamata così dopo che un legionario, contratta la rabbia dal morso di un cane, guarì grazie a una pomata estratta da quel fiore selvatico. È la «madre» di tutte le varietà della sua specie. Dai suoi frutti si ricavano anche mostarde, salse e composte.Invece che lasciarlo in fundo, questa volta il dulcis lo portiamo all’inizio in omaggio alla donna di cui l’8 marzo si celebra la festa. E al posto della solita bellezza delle rose a gambo lungo, la omaggiamo idealmente con la dolcezza delle rose. Precisamente con la deliziosa torta delle rose, un dolce che compie 533 anni di bontà, ma non li dimostra visto che il piacere che regala al palato è lo stesso di quando lo inventò Cristoforo da Messisbugo. Fu lui, il cuoco degli estensi, a creare la torta delle rose per il matrimonio di Isabella d’Este e Francesco II Gonzaga nel 1490. Da allora i boccioli di pasta arrotolata ricca di burro e zucchero che lievitando nella teglia assumono la forma di un mazzo di rose, hanno incantato, e incantano tuttora, i palati di generazioni e generazioni di golosi.C’è una rosa meno appariscente di quelle che si trovano dai fioristi che ha un nome fiabesco: Rosaspina. I fratelli Grimm chiamarono così La Bella Addormentata, proprio come la rosellina che cresce selvatica nelle siepi e nelle macchie dei boschi aperti. Il fiorellino color dell’aurora (Omero definì il momento in cui appare la luce prima del sorgere del sole «l’Aurora dalle rosee dita») ha altri bei nomi: rosa silvestre, rosa di macchia, rosella, spina novella. Ma il nome più comune l’accosta a un… cane: rosa canina. Glielo attribuì Carlo Linneo, padre della classificazione scientifica. Quando il naturalista svedese a metà del Settecento mettendo ordine nel guazzabuglio dei nomi botanici, arrivò alla rosa selvatica volle rendere omaggio a Plinio il Vecchio, riprendendo il nome che lo scienziato romano aveva dato alla pianta: canina, appunto. Plinio l’aveva chiamata così nella Naturalis Historia dopo che un legionario, contratta la rabbia dal morso di un cane, guarì grazie ad una pomata ricavata dalla rosa selvatica.La rosa canina è la madre di tutte le rose moderne. C’è il suo millenario Dna nelle 3000 varietà di rose coltivate ai nostri giorni: è lei l’antenata della conturbante damascena, dell’incantevole tea, della fiammeggiante baccara. Se la rosa è la regina dei fiori lo deve a questa bellezza piccina, piccina, picciò che con i suoi festoni fioriti e profumati arreda il bosco e con la sua lucentezza lo illumina. In Italia si trova nelle faggete e nelle abetaie montane e sui rilievi collinari.La rosa canina fiorisce tra maggio e luglio formando cascami arbustivi. La corolla ha cinque petali che si presentano con i margini rosati che digradano delicatamente al bianco verso il centro del fiore dove prorompe la corona di stami gialli. L’arbusto non è molto alto, ma è assai longevo. Accanto al duomo di Hildesheim, una trentina di chilometri da Hannover, in Germania, cresce la rosa canina più vecchia del mondo. I tedeschi la chiamano Tausendjåhriger Rosenstock, il roseto millenario.Per raccogliere le bacche mature bisogna aspettare l’autunno. I frutti somigliano a ovetti rossi. Sono utilizzati per la preparazione di ottime confetture, particolarmente apprezzate nel Nord Europa, in Bulgaria e in Romania dove la rosa canina è particolarmente coltivata. Dai frutti di questo arbusto diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, nella regione del Caucaso e, in oriente, fino in India, si ricavano anche mostarde, salse e composte, utilizzate per arricchire il sapore di carni, formaggi, piatti elaborati e bevande miscelate. Li abbiamo chiamati «frutti», ma, in realtà, sono dei falsi frutti. Quelli veri sono gli acheni (frutti secchi) che si trovano, rinsecchiti e pelosetti, all’interno della bacca.Come tutte le rosacee, la rosaspina è ricca di significati simbolici. Per i Greci era sacra ad Afrodite, la Venere dei Romani. Il mito racconta che quando la dea della bellezza e dell’amore sorse dalla schiuma del mare dalla stessa spuma spuntò un cespuglio di roselline selvatiche. Sandro Botticelli, nel famoso dipinto sulla nascita di Venere conservato agli Uffizi, ha reso sensualmente la scena dipingendo nel cielo intorno alla dea dell’amore, ritta su una conchiglia sospinta dai venti, un turbinio di rose canine. Nell’antica Roma la festa delle rose, Rosalia, coincideva con la celebrazione del culto dei morti: si portavano rose e altri fiori (il rito coincideva con la primavera) sulle tombe dei defunti seguendo la tradizione del mos maiorum, il costume degli antenati.Ma è soprattutto al cristianesimo e, in particolare, alla Vergine Maria che si associa la rosa. Una delle suppliche rivolte alla Madonna nelle litanie lauretane è «Rosa senza spine», in quanto pura, donna nata senza il peccato originale. Una leggenda narra che le rose prima del peccato di Adamo ed Eva erano senza spine. Un’altra peculiarità attribuita a Maria è «Rosa mistica», cioè «nascosta» agli uomini in quanto assunta in cielo. Il rosario altro non è che una corona, un serto di rose offerto alla Vergine? E maggio, il mese delle rose simbolo di bellezza, di grazia, di amore e di verginità, non è, forse, il mese dedicato a Maria? Ancora: la rosa simboleggia la coppa che raccolse il sangue di Cristo, il Sacro Graal mentre il rosone sulla facciata delle chiese gotiche medioevali rappresenta il sole di Cristo, il cerchio che non ha inizio né fine, simbolo dell’eternità di Dio. La rosa presso i Greci e i Latini era il fiore dedicato ad Arpocrate il dio del silenzio. C’è una frase latina che ci introduce a quest’altro significato simbolico del fiore: sub rosa. Tradotto alla lettera significa «sotto la rosa» e sta a significare le parole, le confidenze rivelate segretamente e da non ripetere a nessuno. Fu così che la rosa, simbolo di silenzio e di riservatezza, divenne un invito a mantenere il massimo riserbo. Fu scolpita nelle sale dei consigli civici per invitare i membri a tenere la bocca chiusa su quanto era stato deliberato in assemblea. Papa Adriano VI - siamo nel secondo decennio del Cinquecento - fece scolpire sui confessionali una rosa a cinque petali: serviva da ammonimento ai confessori tenuti al sacro vincolo della segretezza: i peccati rivelati dai penitenti non dovevano uscire dal confessionale, ma rimanere sub rosa. San Giovanni Nepomuceno, patrono dei confessori, subì il martirio per non aver voluto rivelare a re Venceslao IV i peccati confessati dalla regina Giovanna di Baviera, sua moglie. Imprigionato, fu torturato spaventosamente e infine gettato ad annegare nella Moldava a Praga.E qui ci fermiamo perché sui significati mistici della rosa nel cristianesimo e nell’arte medioevale ci sarebbe da scrivere un libro e non uno soltanto. L’ultima parola in merito al simbolismo della regina dei fiori lo lasciamo ad Umberto Eco che conclude il suo romanzo, Il nome della Rosa, con una frase latina: «Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus»: solo l’antica rosa esiste nel nome, i nostri sono nomi nudi, senza significato.In quanto a qualità salutari, la rosa canina ne ha da vendere: vitamina C in quantità (quasi) industriale: 10 volte più dell’arancia; vitamina A; B2 (riboflavina) che fa bene alle mucose, agli occhi e, come antistress, al sistema nervoso; carotenoidi e flavonoidi che, col loro lavoro antiossidante, combattono l’invecchiamento cellulare; pectine, fibre solubili dietetiche che aiutano l’azione cicatrizzante. E ancora: tannini, acido malico e citrico, zuccheri. La Rosa canina è antitossica e antiallergenica: rafforza le difese immunitarie. È un piccolo scrigno di salute per vivere sani e freschi come una... rosa.A una amica guarita dalla malattia che l’affliggeva Giuseppe Parini dedicò questi versi paragonandola alla regina dei fiori: «Torna a fiorir la rosa/ che pur dianzi languìa;/ e molle si riposa/ sopra i gigli di pria». Per Gabriel Garcia Marquez, poeta messicano, premio Nobel, la rosa è simbolo di un amore tormentato dal dolore (le spine) e dal piacere della bellezza: «Annaffierei le rose con le mie lacrime per sentire il dolore delle loro spine e il rosso bacio dei loro petali».
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
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Considerato un superfood, questo seme (e l’olio che se ne ricava) combatte trigliceridi, colesterolo e ipertensione. E in menopausa aiuta a contrastare l’osteoporosi. Accertatevi però di non essere allergici.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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