2023-06-01
Mortadella esce dal frigo e scopre che c’è la dittatura
Romano Prodi (Imagoeconomica)
Romano Prodi denuncia il «rischio autoritarismo» per i giri di valzer in Rai e per il fatto che non si è ancora nominato Stefano Bonaccini commissario. Ridicolo: forse si è dimenticato che cosa hanno combinato lui e i suoi compagnucci.Romano Prodi è preoccupato. Il professor Mortadella ha confessato ieri le sue angosce alla Stampa. C’è una parola semplice che riassume il suo timore: autoritarismo. L’ex premier teme che il Paese stia precipitando verso una forma esasperata di abuso dell’autorità. Vi chiedete che cosa abbia indotto un tale stato d’animo in una persona che è abituata a misurare le parole fino al punto di sillabarle? Lascio la spiegazione al nume tutelare della sinistra unita, ricorrendo alle frasi della sua intervista. «In questi giorni sono emersi due segnali nuovi che non si debbono sottovalutare. Nessuno ha ragionato su un sistema informativo che dopo decenni di duopolio si sta trasformando in un monopolio della destra. E al tempo stesso sta emergendo la tentazione di escludere il presidente Stefano Bonaccini dalla ricostruzione in Emilia-Romagna. Ma così siamo davanti a un governo che punta a prendersi tutto. Così si sta cambiando la natura del Paese».Da quel che si capisce, il professore è allarmato perché il governo ha nominato qualche direttore di tg e sostituito l’amministratore delegato della Rai dopo che il predecessore aveva fatto le valigie. In più, a indurlo in uno stato d’ansia è la perdurante incertezza sulla nomina del commissario per gli interventi urgenti nelle zone allagate dalla recente alluvione. L’ex premier pare convinto che non nominare Stefano Bonaccini rappresenti l’inizio della dittatura, con la messa in discussione della tenuta democratica delle istituzioni. Ora, è vero che Prodi ad agosto compirà 84 anni, ma non credo che possa aver dimenticato gli anni in cui lui era a Palazzo Chigi. Al suo primo giro da presidente del Consiglio, il professore si incaricò di piazzare i suoi uomini a destra e a manca. All’Enel fece piazza pulita, nominando presidente Chicco Testa, alle Ferrovie insediò Giancarlo Cimoli, all’Eni piazzò Guglielmo Moscato. All’Iri non ci fu bisogno di mettere nessuno, perché quella era casa sua, mentre in Telecom sistemò Tommaso Tommasi di Vignano. La longa manus del capo dell’Ulivo ovviamente non si fermò alle aziende delle cosiddette partecipazioni statali, ma si fece sentire soprattutto in Rai, con un cambio di direttori dei principali tg: alla guida del telegiornale della rete ammiraglia fuori Nuccio Fava, che pure era un democristiano di sinistra, dentro Rodolfo Brancoli, che poi diventerà anche portavoce dello stesso Prodi; al Tg3 via Italo Moretti per far posto a Lucia Annunziata, quella che ora strilla contro il regime.Non andò diversamente al secondo giro, quando nel 2006 Mortadella ridivenne premier. Una volta conquistata la poltrona, si occupò di piazzare Gianni Riotta al Tg1. Di altro in Rai non aveva bisogno, visto che il Tg3 era già presidiato da Antonio Di Bella e il consiglio di amministrazione da un ex deputato del Pci come Claudio Petruccioli. All’epoca Prodi non si allarmò, né gli sembrò eccessivo prendersi praticamente quasi tutta l’informazione Rai, tenendo in mano anche le leve del potere economico?Ma se gli fa difetto la memoria dei bei tempi andati in cui nella stanza dei bottoni c’era lui, di certo non dovrebbe aver dimenticato il periodo che va dal 2014 al 2016, quando a capo del governo c’era Matteo Renzi. Il Rottamatore non fece in tempo a soffiare il posto a Enrico Letta che subito sostituì i vertici di tutte le aziende statali. In un colpo solo furono cacciati i presidenti, gli amministratori delegati e pure i responsabili dei rapporti istituzionali di Eni, Enel, Poste, Ferrovie, Terna eccetera. E in Rai non andò diversamente: l’ex sindaco di Firenze, pur senza essere stato legittimato da un’elezione, rifece la governance della tv pubblica, nominando i vertici dell’azienda e provvedendo a sostituire i direttori. Senza troppi complimenti alcuni conduttori, tra i quali Giovanni Floris, furono costretti a fare le valigie, ma non mi pare di aver sentito i gemiti di dolore dell’ex presidente della Ue per una sinistra che «voleva prendersi tutto». All’epoca, Prodi non ravvisò segnali di autoritarismo, forse perché ancora sperava che prima o poi qualcuno si sarebbe ricordato di lui per la presidenza della Repubblica? È un’ipotesi maliziosa? Mai come in questo caso viene in mente la frase di Andreotti: a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca.Una cosa è certa: il professore lamenta il fatto che si vuole nominare un commissario alla ricostruzione in Emilia-Romagna che non sia Stefano Bonaccini, cioè un suo sodale. Beh, quando Silvio Berlusconi indicò Guido Bertolaso al posto di Antonio Bassolino, dopo che lo stesso Prodi non era riuscito a liberare Napoli dai rifiuti, il capoluogo campano risorse. A riprova che i governatori non sempre sono la scelta migliore per fare fronte a un’emergenza. Ma forse Prodi è preoccupato da altro. Magari che i lavori per la ricostruzione non vedano trionfare il solito sistema delle cooperative. Che in Emilia-Romagna l’ha sempre fatta da padrone. In tal caso, il problema non è se la destra si prende tutto, ma se i compagni perdono quello che hanno sempre considerato cosa loro.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)