2018-12-22
Road map dell’autonomia regionale: sì alle bozze, intesa a metà febbraio
Avviato in Consiglio dei ministri il percorso per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Smentiti contrasti tra Lega e M5s. Il ministro Erika Stefani: «Opportunità anche per le Regioni del Sud, con un solo impegno: far bene».In Abruzzo si vota il 10 febbraio 2019 e si parla di una clamorosa rottura nel centrodestra. Con Forza Italia a sostegno del Pd di Giovanni Legnini.Lo speciale contiene due articoliL'autonomia è più vicina. Ieri, in consiglio dei ministri, il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Erika Stefani, della Lega, ha illustrato la bozza d'intesa con le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Le novità sono state esposte dal premier, Giuseppe Conte, dal vicepremier Matteo Salvini e dal ministro Stefani. «È stato compiuto», ha detto Conte, «un passaggio molto importante dal punto di vista politico. Abbiamo avviato il percorso dell'autonomia in tre regioni: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Si tratta di un iter che richiede del tempo ma finora non siamo rimasti con le mani in mano, perché il ministro Stefani già da tempo ha avviato un'istruttoria con i colleghi dei vari dicasteri. Oggi abbiamo delineato un percorso cronologico: intorno alla metà di gennaio completeremo l'istruttoria sulle varie materie. Ci sarà poi una fase finale nella quale ci saranno le valutazioni sul piano tecnico-giuridico ma anche politico. Vogliamo ritrovarci», ha proseguito Conte, «già per il 15 febbraio nelle condizioni di incontrare i presidenti delle Regioni interessate e nel caso sottoscrivere e avviare questo percorso che porterà all'intesa. Poi servirà una legge dello Stato».Conte ha smentito le voci di contrasti tra Lega e M5s sull'argomento: «C'è assoluta unanimità», ha sottolineato il premier, «da parte di tutte le forze di governo, vogliamo realizzare questo impegno che è nel contratto di governo. Faremo in modo che non sia solo un arricchimento delle regioni del Nord interessate», ha chiarito Conte, «ma anche di quelle del Sud, valuteremo con molta attenzione la questione dell'articolo 116 della Costituzione nel rispetto dei principi di sussidiarietà e perequazione. Io sono il garante della coesione nazionale».«Un'altra scadenza rispettata. Cinque mesi», ha sottolineato il vicepremier, Matteo Salvini, «di lavoro tecnico, il primo passaggio oggi (ieri, ndr) in consiglio dei ministri. Ci siamo impegnati entro il 15 gennaio a concludere il lavoro tecnico, con diversi ministeri la partita è già chiusa. Il 15 febbraio avremo la proposta dello Stato. Mi auguro che entro l'inverno l'iter sia completato, e che aderiscano a questo percorso anche i governatori delle regioni del Sud, penso per esempio alla Puglia che aveva manifestato interesse, ma anche all'Abruzzo e alla Basilicata: molti sono alla finestra a vedere se facciamo sul serio quando si accorgeranno che è così si aggregheranno e per me da segretario e da ministro sarà un giorno bellissimo. Vogliamo unire l'Italia nel rispetto delle diversità», ha aggiunto Salvini, «è una cosa che stiamo portando a compimento in questi primi sei mesi entusiasmanti di governo».È toccato alla grande protagonista di questa delicata partita, il ministro Erika Stefani, commentare, con comprensibile soddisfazione, l'avvio del percorso che porterà all'autonomia: «Le Regioni che hanno fatto richiesta di maggiore autonomia», ha precisato la Stefani, «non sono solo Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ma anche Piemonte, Liguria, Toscana Umbria e Marche. Inoltre, il Piemonte proprio questa settimana mi ha portato il dossier che apre la fase della trattativa. Si tratta di una opportunità per tutte le Regioni italiane, nessuna esclusa. L'autonomia per le Regioni vuol dire che in queste materie avranno onori e oneri: potranno legiferare e amministrare valorizzando il proprio territorio, ma allo stesso tempo avranno la responsabilità delle loro azioni: dovranno fare bene», ha aggiunto la Stefani, «altrimenti il presidente, la giunta e i consiglieri se ne dovranno andare a casa».«Un ulteriore e importante passo avanti», ha commentato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, «e una data certa: il 15 febbraio il governo ci presenterà la sua proposta finale per raggiungere l'obiettivo del''autonomia. Valutiamo positivamente l'impegno dell'esecutivo che anche oggi ha confermato come il percorso che porterà la Lombardia a centrare l'obiettivo dell'autonomia prosegua spedito».«Mai regalo di Natale più bello», ha esultato il presidente del Veneto, Luca Zaia, «i veneti avrebbero potuto trovare sotto l'albero. Per la prima vola nella storia della Repubblica entra nel consiglio dei ministri il progetto per l'autonomia del Veneto, viene analizzato e addirittura viene annunciata dal premier, dal vicepremier Salvini e dal ministro degli affari regionali Stefani una road map per l'intesa sull'autonomia da qui al 15 febbraio, indicata come data ultima per la firma».Carlo Tarallo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/road-map-dellautonomia-regionale-si-alle-bozze-intesa-a-meta-febbraio-2624070432.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-patto-del-nazareno-puo-resuscitare-alla-regione-abruzzo" data-post-id="2624070432" data-published-at="1758144983" data-use-pagination="False"> Il patto del Nazareno può resuscitare alla Regione Abruzzo Il patto del Nazareno? Non è morto. Anzi, potrebbe risuscitare, a un'ora e mezza di macchina dalla piazzetta del centro di Roma dove lo concepirono Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. In Abruzzo, infatti, si avvicina il giorno delle elezioni regionali: si vota il 10 febbraio 2019, dopo che è venuta meno l'ipotesi di un election day alle europee di maggio. Ma si fanno sempre più insistenti le voci che parlano di una clamorosa rottura della coalizione di centrodestra. E, addirittura, di un sostegno esplicito di Forza Italia al candidato del Pd, l'ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. La premessa di un epilogo che sarebbe suicida per i partiti di centrodestra risale alle scorse settimane. Nel capoluogo di Regione, L'Aquila, si era consumata una spaccatura interna alla giunta guidata dal sindaco Pierluigi Biondi, di Fratelli d'Italia. L'assessore al Bilancio del Comune, una esponente di Forza Italia, si era schierata con il coordinatore regionale del partito, il senatore pescarese Nazario Pagano, contro il vicesindaco della città, che era in rotta con gli azzurri. Per tutta risposta, il sindaco Biondi aveva ritirato le deleghe all'assessore, scatenando le ire dell'altro deputato di Fi eletto nel collegio di Pescara, Antonio Martino (omonimo dell'ex ministro della Difesa). Un fuoco di fila che apparentemente era condito solamente del classico campanilismo della provincia italiana (segnatamente, dell'atavico conflitto tra L'Aquila e Pescara). Il sindaco aquilano sponsorizzava la candidatura alla Regione del suo compagno di partito, il romano Marco Marsilio. Contro di lui e contro la gran parte dell'establishment di centrodestra del capoluogo, si era schierato appunto l'onorevole Martino. Costui, dopo la defenestrazione dell'assessore al Bilancio, aveva attaccato Biondi, criticandolo per aver sostenuto Marsilio, nato a Roma, rifiutando al contempo di cedere a lui, di Torre de' Passeri (vicino Pescara), la candidatura alla presidenza della Regione, con la scusa che era «originario di un Comune a 60 chilometri dal capoluogo», per citare la rimostranza dello stesso Martino. All'affondo di quest'ultimo, nonostante l'onorevole avesse poi provato a stemperare i toni, era seguita l'implosione di Forza Italia all'Aquila, con l'addio di cinque consiglieri comunali azzurri e la costituzione di un nuovo gruppo. Indipendente da Fi, in polemica con Martino e Pagano e stretto attorno alla figura del primo cittadino, vicino a Giorgia Meloni. Quella che sembra soltanto cronaca locale potrebbe però celare sviluppi che farebbero molto rumore a livello nazionale. Al coordinamento regionale di Forza Italia, infatti, la figura di Marsilio proprio non va giù. E pur di non darla vinta a Fdi e soprattutto ai concorrenti del centrodestra aquilano, gli azzurri sarebbero pronti al salto della quaglia. Ossia, ad abbandonare gli alleati di sempre, convergendo sul piddino Legnini. Un avversario tutt'altro che da sottovalutare: secondo Il Tempo, i sondaggi in mano alla Lega e ai forzisti lo darebbero vincente (mentre quelli commissionati da Fratelli d'Italia vedono in netto vantaggio la candidata grillina, Sara Marcozzi). La giustificazione del ribaltone sarebbe già pronta. Secondo fonti di stampa, nei giorni scorsi l'onorevole Martino avrebbe infatti evocato l'Altra Italia, il movimento lanciato la scorsa estate da Silvio Berlusconi in persona per rappresentare «la parte produttiva» del Paese, che non si riconosce nell'alleanza gialloblù al governo. Ossia, il patto del Nazareno bis sotto mentite spoglie, o semplicemente detto con altre parole. Resta da domandarsi cosa farebbe la Lega, che in Abruzzo cresce sempre di più e che alcune rilevazioni stimano ben oltre il 20%. Finora il Carroccio è stato guardingo, con i generici appelli all'unità del segretario regionale Giuseppe Bellachioma, eletto alla Camera a marzo. In più, i leghisti sono consapevoli che una frammentazione del centrodestra equivarrebbe a un harakiri e regalerebbe una Regione appetitosa o ai pentastellati o, addirittura, ai dem, che la scorsa primavera erano usciti dalle urne con le ossa rotte. Anche perché, nel frattempo, un notabile del vecchio centrodestra regionale, l'ex deputato forzista Fabrizio Di Stefano, ha confermato che si candiderà con un insieme di liste civiche, drenando ulteriori consensi a destra. I salviniani sarebbero pronti a correre anche da soli. Ma noi scommettiamo che, se davvero tornasse il Nazareno, l'Abruzzo potrebbe replicare un altro esperimento nazionale: il contratto di governo tra Lega e Movimento 5 stelle. Alessandro Rico
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)