2021-10-21
Rivoluzione nel mercato dei farmaci. Cresce la fetta dell’import parallelo
Far arrivare medicine da altri Paesi Ue potrebbe farci risparmiare 1 miliardo all'anno.Prevista dalla normativa del libero scambio dell'Ue, l'importazione parallela di farmaci, che permette di ridurre la spesa del cittadino e del Sistema sanitario, oltre a contribuire a ridurre le carenze di medicinali in alcuni Paesi, è ancora agli albori in Italia. Qualcosa però si sta muovendo, grazie anche a una determina dell'Agenzia del farmaco (Aifa) del 26 marzo. L'importazione parallela dei farmaci europei permette il trasferimento dei cosiddetti medicinali originali dai 20 Stati membri a un altro, a un prezzo più basso, mantenendo gli stessi livelli di qualità e sicurezza. Per la differenza che esiste nei mercati dei vari Paesi, alcuni farmaci possono infatti costare molto meno. «Noi cerchiamo i medicinali più economici in Europa e, quando troviamo la differenza di prezzo che conviene, chiediamo all'Aifa l'autorizzazione al commercio in Italia», spiega Gian Maria Morra, presidente dell'Associazione importatori medicinali Italia (Aim). Una volta che il farmaco arriva, viene riconfezionato con scatola e foglietto illustrativo in italiano e venduto a un prezzo scontato. Fino alla scorsa primavera, tale procedura era possibile solo per i farmaci di fascia C, a carico del cittadino e venduti in farmacia. «Da fine marzo, l'Aifa ha semplificato la procedura di autorizzazione e ampliato le referenze alla fascia A, cioè ai prodotti rimborsati dal Ssn», puntualizza Morra. «L'approvazione è automatica quando il prezzo al pubblico è ribassato del 7% rispetto a quello del prodotto corrispondente già commercializzato in Italia». In altre parole, «dai sei mesi di un tempo, con picchi di un anno e mezzo d'attesa», aggiunge, «ora l'autorizzazione viene rilasciata in 45 giorni». Questo aspetto, insieme all'aumento delle referenze importabili, sta dando ossigeno a un settore che in altri Paesi genera risparmi di miliardi di euro, ma molti meno in Italia. «Importiamo, in base alle referenze, da 20 Paesi e solo dall'Ue», continua il presidente Aim, «Un tempo si acquistava soprattutto da Spagna e Grecia. Adesso compriamo moltissimo da Germania, Portogallo e Francia, per i motivi più svariati». In alcuni mercati europei, «come il Belgio, l'importazione da altri Paesi è un modo per ridurre le carenze dei medicinali che può verificarsi per questioni complesse dovute alla razionalizzazione delle risorse negli impianti produttivi. Paradossalmente», osserva Morra, «la Svizzera, che è fuori dall'Ue, pur essendo sede di moltissime multinazionali farmaceutiche, ha una grande carenza di medicinali a basso costo». Oltre quindi a permettere di reperire facilmente, in un altro Paese, un farmaco momentaneamente non disponibile nel proprio, il valore aggiunto di questo mercato è nella concorrenza che si crea sui prezzi. Nell'Ue il commercio parallelo si mantiene attorno ai 5,5 miliardi di euro, «ma il risparmio potrebbe essere decisamente più considerevole se si consentisse all'importazione parallela di svilupparsi alla stessa velocità del mercato farmaceutico generale», osserva il presidente Aim. «Basti pensare che in Germania, Svezia, Danimarca e Polonia l'importo totale dei risparmi in questi quattro mercati ammontava a 3,2 miliardi di euro nel 2018». L'Italia rappresenta un mercato ancora giovane. Come evidenziato dal rapporto Osmed -Aifa, nel nostro Paese -nel triennio 2016-2018 - il mercato dell'importazione parallela di medicinali ha generato un valore complessivo di circa 450 milioni: circa 150 milioni all'anno. Certo, l'andamento è in crescita, visto che nel 2020 il valore ha superato i 179 milioni (dati Iqvia), di cui circa il 50% in prodotti di fascia A. Contestualizzando i numeri, però, emerge l'abissale differenza con gli altri Paesi Ue. Nel 2020 in Italia la spesa farmaceutica territoriale complessiva, pubblica e privata, è stata pari a 20,5 miliardi: il mercato dell'importazione parallela non ha raggiunto l'1% (circa lo 0,87%). «La media europea del mercato parallelo è intorno al 5%», aggiunge Morra, «ma in Germania vale circa il 9% e in Danimarca il 25%». Se si potesse raggiungere il valore medio europeo, si risparmierebbe ogni anno 1 miliardo nella spesa farmaceutica italiana. «L'eccellente collaborazione con Aifa, che ha finalmente aperto ad un settore che permette di rendere più efficiente la spesa per il farmaco, è un primo passo importante, ma ci auguriamo di arrivare a una riforma normativa». Manca una legge sul settore. «È una questione che stiamo trattando con Aifa in una modalità di collaborazione che sta dando frutti. Si tratta di capire», conclude Morra, «quale debba essere la struttura dell'intervento normativo», ma la direzione intrapresa è quella giusta.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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