
Il giorno dopo il vertice con 60 membri della maggioranza, continuano le defezioni.Missione non compiuta. Il mega vertice allestito da Giuseppe Conte con i rappresentanti dei gruppi parlamentari di maggioranza doveva servire a quella che veniva pudicamente chiamata una «ripartenza». E in effetti - dopo la riunione - i giallorossi sono ripartiti, ma esattamente come prima: nel caos totale, tra liti e preannunci di defezione. Un vero stillicidio, se si considera la settimana che sta per cominciare, in cui alla Camera (in commissione Finanze) si entrerà nel vivo delle votazioni sugli emendamenti al decreto fiscale, mentre al Senato (in commissione Bilancio) scade alle 15 di lunedì il termine per la presentazione degli emendamenti alla manovra.Ieri lo spin di Palazzo Chigi tendeva a valorizzare il fervorino pronunciato da Conte nella riunione: «Un approccio di metodo che ci permetta di mantenere costante il dialogo, di superare criticità qualora ci fossero e consentire al Parlamento di poter esprimere le sue sensibilità nella consapevolezza che questo testo comunque esprime un indirizzo politico di governo e quindi non può essere stravolto nei suoi contenuti essenziali». E ancora: «Abbiamo dovuto operare delle mediazioni: però vi invito tutti a considerare lo spirito di squadra anche nelle aule parlamentari. Vi prego di conservare questo generale superiore interesse, nella consapevolezza che molte premure rappresentate al tavolo sono state raccolte, in una logica di squadra, di spirito complessivo che persegue un interesse generale». Insomma, un po' una preghiera per raccomandare di fare i bravi, e un po' l'imposizione di spazi strettissimi per le modifiche.Ma, prima ancora che fosse passata un'intera giornata da quel predicozzo, è ricominciata la guerriglia. Il primo a sparare è stato il senatore pentastellato (ma ormai occorrerà dire: ex grillino) Ugo Grassi, che ha comunicato all'Adnkronos la sua uscita dal M5s: «A questo punto per me abbandonare il Movimento diventa legittima difesa». Grassi - curiosamente - è un collega di Conte, avvocato e professore di diritto civile, e ha preannunciato che non voterà la manovra in quanto contrarissimo alla creazione di un'Agenzia nazionale per la ricerca: «Vuol dire assoggettare la ricerca italiana a un controllo politico. Per me è aberrante. È la negazione di quello che c'eravamo promessi. Allo stato, non voto la manovra». Interpellato su un eventuale passaggio alla Lega, Grassi non ha detto: «Non rispondo a questa domanda».Sempre al Senato, che sarà un inferno per i giallorossi, un'altra spina. Il dissidente pentastellato Gianluigi Paragone, già dall'inizio contrario all'esperienza di governo con il Pd, ha scelto una battaglia concreta: «Se non abbattono le bollette della luce», ha detto intervistato a Piazzapulita, «non voto neanche la manovra. Voglio un emendamento, che ho già portato, con cui si possono abbassare le bollette». È il tema, effettivamente grave, degli oneri di sistema. Sempre dalle parti di Palazzo Madama, gran lavorio del Pd sugli emendamenti alla manovra. C'è stato un incontro con Roberto Gualtieri, al termine del quale è stata diffusa una nota abbastanza surreale per dire che, a proposito delle norme su plastic tax e auto aziendali, il Pd sta lavorando affinché siano orientate «in direzione della crescita, di un nuovo modello di sviluppo e di una reale riconversione verde e non siano percepite come un appesantimento fiscale». Come se - davanti a un incremento fiscale - il problema fosse la «percezione» dei contribuenti e non l'aumento in sé. Ma per i dem lo sforzo è raccontare che va tutto bene: «C'è stata un'ampia condivisione della struttura e dell'impostazione della manovra: la sterilizzazione dell'aumento Iva, una manovra che aiuta famiglie e lavoratori, la scelta di non aumentare, ma anzi di diminuire la pressione fiscale, un'impostazione green che fa di investimenti e riconversione ambientale un volano di crescita e sviluppo per le imprese». Nuovo esercizio orwelliano: aumentano le tasse, ma parlano di diminuzione della pressione fiscale, di sviluppo e crescita.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
L’ex ministro dem: «La maggioranza solleva odio». Walter Verini (Pd): «Sconcertante».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Il portavoce della Santa Sede riferisce la posizione di Leone XIV, comunicata al nuovo ambasciatore Usa in Vaticano: «La violenza politica lo preoccupa, e pensa sia necessario astenersi dalla retorica e dalle strumentalizzazioni che portano alla polarizzazione».
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Il presidente della Repubblica ricorda Willy Monteiro Duarte e tra le righe manda un messaggio ai progressisti esagitati: datevi una regolata. Ma non ce la fanno: se a morire è un loro avversario, fioccano i distinguo e persino le giustificazioni.
2025-09-17
Morto in silenzio Duilio Poggiolini. Il vecchio «re Mida» della sanità distrutto da Tangentopoli
Duilio Poggiolini (Getty Images)
Il dirigente travolto dall’inchiesta milanese è venuto a mancare cinque anni fa, ma la notizia non era trapelata. Assolto per lo scandalo sul sangue infetto, quando era ormai malato, non seppe nulla dell’esito del processo.