2021-02-11
Ritirate le mascherine farlocche di Arcuri
Fuori dal coro manda in onda test di laboratorio che svelano come i dispositivi strapagati da Mr Invitalia non valgano una cicca. Subito parte l'ordine di non utilizzarli. Peccato che per mesi siano stati forniti a medici e infermieri, mettendo a rischio la loro salute. E le lauree inesistenti del mediatore Mario Benotti inguaiano gli ex ministri dem Graziano Delrio, Sandro Gozi e Giuliano Poletti. L'Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina ha disposto il «ritiro immediato» delle mascherine Kn95 prodotte dalla Wenzhou huasai commodity acquistate dalla struttura commissariale per l'emergenza Covid «a seguito di una segnalazione di non conformità». Mentre circolavano le indiscrezioni sullo scoop della trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro, una comunicazione interna tra le strutture sanitarie del Friuli Venezia Giulia comunicava la disposizione del ritiro delle mascherine, indicando anche i codici del prodotto, la provenienza (Struttura commissariale) e l'indicazione precisa: «S/Valvola Dpi monouso/Protezione civile». Il dato emerso dal test commissionato dalla trasmissione condotta da Mario Giordano a quello che durante la puntata in onda l'altro ieri è stato presentato come «l'unico laboratorio italiano qualificato da Eurofins ente accreditato dal Ministero della Salute per svolgere questo tipo di analisi», la Fonderia Mestieri di Torino, riguarda proprio mascherine distribuite in Friuli Venezia Giulia. La questione deve aver quindi preoccupato non poco i sanitari che per proteggersi dal Covid hanno usato dispositivi che ora vanno ritirati. Il risultato sui due campioni di mascherine sottoposti a verifica è senza appello, per essere a norma (ossia assicurare un filtraggio del 95 percento), le mascherine avrebbero dovuto avere una penetrazione massima del sei percento (considerato il margine di tolleranza previsto in laboratorio), ma la prima è risultata avere il 73,99 per cento di penetrazione, la seconda del 50,98 percento. Alla domanda della giornalista che chiedeva se il secondo risultato non faceva «schifo come l'altro», il titolare della Fonderia Mestieri, Marco Zangirolami, ha risposto: «Qui stiamo parlando di due livelli di schifezza inenarrabili». Il primo campione è stato testato con un aerosol di olio di paraffina inserito in una camera dove si «genera una distribuzione di particelle che rispetta la distribuzione di particelle prevista dalla norma», mentre il secondo è stato testato con una nebbia di sale, che secondo quanto spiegato da Zangirolami è un po' meno restrittiva. Dagli atti dell'inchiesta della Procura di Roma sulla maxi commessa di mascherine acquistate dalla struttura del Commissario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri, i dispositivi prodotti dalla Wenzhou huasai di cui la Asl friulana ha disposto il ritiro risultano essere una parte (2,93 milioni di pezzi) della commessa da 100 milioni di Ffp2 affidata il 6 aprile scorso dalla struttura commissariale alla società di import-export cinese Wenzhou light industrial products, costate 2,16 euro l'una. Le aziende cinesi che hanno fabbricato quel tipo di dispositivi venduti all'ufficio di Arcuri dalla Wenzhou light sono otto e i loro prodotti sono stati tutti certificati dal Comitato tecnico scientifico (Cts) che supporta il governo nella gestione della pandemia, sulla base della documentazione cinese consegnata dai fornitori, come consentito dalla normativa sull'emergenza Covid. Forse per questo la formula con cui durante la seduta del Cts numero 69 dell'11 maggio sono stati ratificati «sulla base delle evidenze documentali» i pareri dell'Inail sui dispositivi di protezione individuale di tre produttori entrati nella fornitura Wenzhou light, tra cui appunto la Wenzhou huasai commodity co. Ltd è la stessa per tutti: «I risultati di tali prove evidenziano valori di tenuta verso l'interno, capacità di filtrazione e resistenza respiratoria nei limiti previsti per un dispositivo Kn95. Pertanto, il Dpi proposto presenta efficacia protettiva analoga a quella prevista per i dispositivi di protezione individuale (Ffp2) previsti dalla normativa vigente». Nessun test di laboratorio era previsto per utilizzare dispositivi senza il marchio CE, quindi il Cts ha preso atto dei pareri positivi dell'Inail e dato il via libera all'uso delle mascherine poi finite al personale sanitario friulano. Il procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, contattato dalla Verità, ha confermato l'esistenza di più fascicoli aperti «su segnalazione di istituzioni che hanno ricevuto mascherine indicate come non regolari». Il procuratore ha precisato che «la situazione era analoga nell'ufficio di Udine», dove era in servizio durante il primo lockdown. Non è stato possibile ricostruire, però, se tra quei fascicoli ce ne sia uno legato alla fornitura sospetta di provenienza romana, ovvero quella intermediata da Mario Benotti, Andrea Tommasi e Jorge Solis, indagati per traffico di influenze illecite. «Se c'è stata un'attività proveniente da Roma», ha spiegato il procuratore De Nicolo, «il mio ufficio potrebbe non esserne a conoscenza». Dalla Protezione civile nazionale fanno sapere che non si occupano loro della distribuzione delle mascherine acquistate dal Commissario. L'indicazione «Protezione civile» contenuta nella comunicazione interna tra le aziende sanitarie friulane riguarda esclusivamente l'hub messo a disposizione dalla locale Protezione civile per lo stoccaggio del materiale. La distribuzione segue poi canali diversi, in base a come si sono organizzate le Regioni. Nel caso friulano gli scatoloni sono finiti in un capannone gestito dall'azienda regionale di coordinamento. «Lì», spiega l'assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi, «viene fatta una verifica sulla certificazione e sulla validazione del materiale arrivato e viene fatta sulla base di quelle che sono le disposizioni del sito di Invitalia, lì noi abbiamo verificato che questa partita aveva la validazione del Cts ed era pubblicata sul sito di Invitalia e di conseguenza è stata mandata alle aziende». Ulteriori controlli? «Noi», sostiene l'assessore, «in alcuni casi in cui il materiale era evidentemente inadeguato lo abbiamo mandato indietro. Sono questioni in fase di verifica anche da parte delle autorità competenti, alle quali abbiamo messo tutto a disposizione. Nel caso di specie, come ha potuto verificare, abbiamo subito ritirato i prodotti». Per sapere quanti dei 2,93 milioni di mascherine del lotto prodotto dalla Wenzhou huasai sono arrivate in quella regione bisognerà sentire, tramite i canali ufficiali, il responsabile dell'azienda regionale di coordinamento. Resta da capire in quali strutture friulane siano state distribuite le mascherine potenzialmente non a norma e se siano state distribuite ai sanitari di altre regioni.