2018-08-01
Riportare i naufraghi in Libia ora non è tabù
Dopo aver salvato un centinaio di disperati, la nave italiana Asso Ventotto, su indicazione della Guardia costiera libica, li ha ricondotti a Tripoli. Sinistra e Ong strepitano: «È un respingimento». La verità è che per la prima volta si sono seguite le regole.Il «Corriere» rivela: nei giorni esaminati dal Viminale, in galera 113 italiani e «solo» 95 extracomunitari. Come sempre, però, si omette che i non autoctoni (regolari e non) non superano il 10% della popolazione.Lo speciale contiene due articoli Speriamo che tutti ora possano vedere l'ipocrisia. Speriamo che tutti si rendano conto di come l'ideologia e gli interessi condizionino il modo in cui viene affrontata la questione migratoria. La vicenda della nave Asso Ventotto fa venire a galla ogni bugia e ogni contraddizione, dimostra con chiarezza quali siano le vere intenzioni di certi politici e attivisti. Costoro non vogliono fermare il meccanismo mortifero che spinge in mare i barconi. Vogliono, semplicemente, che tutti gli stranieri siano recuperati e portati in Italia. Ieri Nicola Fratoianni di Liberi e uguali, che si trova a bordo della nave dell'Ong spagnola Open arms (ormai passa più tempo lì che a far politica), ha scritto indignato: «Abbiamo appreso che uno dei gommoni segnalati oggi dalla Guardia costiera italiana con 108 persone a bordo nel Mediterraneo è stato soccorso dalla nave Asso Ventotto, battente bandiera italiana, che si è poi diretta verso Tripoli. Non sappiamo ancora se questa operazione avviene su indicazione della Guardia costiera italiana», ha aggiunto Fratoianni, «ma se così fosse si tratterebbe di un precedente gravissimo, un vero e proprio respingimento collettivo di cui l'Italia ed il comandante della nave risponderanno davanti ad un tribunale». Come prevedibile, subito è esploso il vespaio. Da sinistra sono cominciati ad arrivare tuoni e fulmini, poiché una nave italiana avrebbe «respinto» degli immigrati, riportandoli in Libia. Vediamo che cosa è accaduto nel dettaglio. La Asso Ventotto è una nave della società Augusta Offshore di Napoli, che da oltre 30 anni lavora «a supporto delle attività estrattive in mare del gruppo Eni in Libia». Lunedì si trovava nei pressi di una piattaforma di estrazione, a 57 miglia marine da Tripoli (105 da Lampedusa, 156 da Malta e 213 miglia da Pozzallo). Intorno alle 16.30, ha soccorso un gommone con a bordo 101 migranti, di cui 5 bambini e 5 donne incinte. Li ha salvati. Poi, su indicazione della Guardia costiera libica - che è competente nell'area - e con una motovedetta di scorta, si è diretta verso Tripoli. Alle 21.36, i migranti sono stati trasferiti su un battello della Guardia costiera locale. Questo, secondo gli illustri esponenti della sinistra italiana, sarebbe un «respingimento». Una nave italiana si trova nei pressi della Libia, su indicazione della Guardia costiera libica soccorre un gommone carico di persone, poi conduce i salvati a Tripoli. Vi sembra un'operazione tanto assurda? Eppure, l'Unhcr e Amnesty International sono insorte. L'agenzia per i rifugiati dell'Onu sta «raccogliendo tutte le informazioni necessarie sul caso del rimorchiatore italiano Asso Ventotto che avrebbe riportato in Libia 108 persone soccorse nel Mediterraneo. La Libia non è un porto sicuro e questo atto potrebbe comportare una violazione del diritto internazionale». Amnesty rincara la dose: «Quello della Asso Ventotto non è solo una violazione del diritto d'asilo, è un atto disumano nei confronti di quelle 108 persone».Capito? L'equipaggio della nave Asso Ventotto sarebbe «disumano». Beh, stando ai dati forniti dalla società che possiede l'imbarcazione, questa «disumanità» è abbastanza discutibile. Dal 2012 a oggi, infatti, la Augusta Offshore ha effettuato 262 operazioni di ricerca e soccorso, interrompendo le normali operazioni commerciali per 137 giorni e salvando qualcosa come 23.750 migranti. Quando questi migranti li portavano in Italia andava tutto bene. Ora che li hanno condotti a Tripoli sono diventati gente senza scrupoli. La Libia non è un porto sicuro, dicono i signori di Unhcr e Amnesty. In effetti, qualche giorno fa, Natasha Bertaud (portavoce della Commissione Ue) ha dichiarato: «Nessuna operazione europea o nave europea fa sbarchi in Libia perché noi non consideriamo la Libia un porto sicuro». Sarà pure che la Libia non è un porto sicuro, ma allora la Commissione Ue dovrebbe spiegarci perché alle autorità libiche vengano devoluti ben 42.223.927 euro dal Fondo europeo di emergenza per l'Africa, con lo scopo preciso di «rafforzare la capacità delle autorità libiche competenti nei settori della gestione delle frontiere e della migrazione, compresi il controllo e la sorveglianza alle frontiere, la lotta al contrabbando e alla tratta di esseri umani, la ricerca e il salvataggio in mare e nel deserto» (così recita il sito della Commissione europea). Non solo: l'Ue spende altri 90.000.000 euro per garantire «lo sviluppo socioeconomico» e «per rafforzare la protezione e la resilienza di migranti, rifugiati e comunità di accoglienza in Libia, sostenendo nel contempo una migliore gestione della migrazione nel Paese». Questi denari vengono gestiti in collaborazione con Unicef, Unhcr e Oim e altre agenzie delle Nazioni Unite. In pratica, l'Europa finanzia la Guardia costiera libica, ma quando questa fa il suo mestiere - cioè coordina le operazioni di recupero dei barconi - scatta l'indignazione generale. In realtà, la vicenda dell'Asso Ventotto è la perfetta dimostrazione di come dovrebbe funzionare un sistema sano: i migranti buttati in acqua dagli scafisti vengono salvati e riportati sulla riva più vicina, cioè a Tripoli. In Libia ci sono violazioni dei diritti umani? Beh, per evitarle l'Unhcr, l'Oim e altri prendono un sacco di soldi dall'Europa. Solo che, invece di fare il loro mestiere, perdono tempo ad attaccare il governo italiano. Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/riportare-i-naufraghi-in-libia-ora-non-e-tabu-2591536909.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="chi-nega-la-delinquenza-straniera-fa-il-furbo-sui-numeri-degli-immigrati" data-post-id="2591536909" data-published-at="1757928107" data-use-pagination="False"> Chi nega la delinquenza straniera fa il furbo sui numeri degli immigrati l dato neutro è questo: nei tre giorni presi dal ministro dell'Interno Matteo Salvini come esempio, nelle galere italiane ci sono finiti in 208. Gli italiani sono 113 e gli immigrati 95. Sul Corsera Fiorenza Sarzanini si è affrettata a sostenere che la lettura salviniana era parziale e che il ministro tirava l'acqua verso il Carroccio, sottolineando invece che gli italiani arrestati erano in maggioranza. Il megafono del Web ha fatto il resto. E giù tutti a pontificare sui due ruoli, quello da ministro e quello da leader politico, da tenere distinti. Dimenticando tutti, però, che la popolazione italiana, al mese di gennaio 2018, contava poco più di 60 milioni di abitanti autoctoni, oltre 5 milioni di stranieri regolari e circa 500.000 irregolari, ossia sprovvisti di permesso di soggiorno. E su questo punto i numeri sono simili per quasi tutti i rapporti sull'immigrazione. L'ultimo dossier del centro studi Idos stima a fine 2016 in 5 milioni 359.000 gli immigrati regolari in Italia, l'8,8 per cento della popolazione totale. Per la Fondazione Ismu al gennaio 2017 la popolazione straniera in Italia ha raggiunto quasi la quota di 6 milioni di presenze (tra regolari e non). E c'è chi arriva anche a stime del 10 per cento. Risultato? Gli italiani finiti al fresco nel «frame» preso da Salvini saranno anche una manciata in più degli stranieri ma, in percentuale, rispetto alle presenze totali, non c'è partita. In poche parole: gli stranieri sono di meno e delinquono di più. E anche se qualcuno avesse voluto sospettare dei dati forniti da Salvini (che peraltro sono quelli ufficiali raccolti dal Viminale e sono pubblici), avrebbe potuto approfondire con i documenti offerti online dalla Rete. C'è ad esempio l'ultimo dossier della Fondazione Hume, quella fondata anche dal sociologo Luca Ricolfi, che mette a fuoco proprio l'incidenza straniera nella commissione di reati. A sciorinare i dati su criminalità e immigrazione per la Fondazione Hume è il sociologo della Sapienza Luigi Solivetti, classe 1947, professore di Metodologia delle scienze sociali. La ricerca del prof parte da lontano. E svela che fino al 1993 la popolazione immigrata in Italia era pari allo 0,4 per cento, ma che dagli anni Novanta ha avuto una tumultuosa crescita ed è arrivata (nel 2017) al 10,2 per cento del totale (circa 6,05 milioni di immigrati dall'estero, cifra che comprende, oltre ai cittadini stranieri, anche gli italiani nati all'estero ritornati in Italia e gli immigrati divenuti cittadini italiani). «Questo rapido e largamente incontrollato incremento di flusso immigratorio», è scritto nel rapporto, «avveniva nonostante l'alto tasso medio di disoccupazione, l'elevato livello d'ineguaglianza economica, la rigidità del mercato del lavoro e il basso livello di libertà economica»: tutti aspetti che il docente giudica sfavorevoli rispetto all'integrazione e al benessere economico degli immigrati. Risultato: «Anche tra gli scienziati sociali il dibattito sul tema del legame tra immigrazione e criminalità è stato intenso, e spesso non privo di connotazioni ideologiche. In realtà, le principali teorie criminologiche suggeriscono alti tassi di criminalità nella popolazione straniera immigrata». I dati elaborati sono di provenienza Istat (e sono stati forniti dalle Procure, per i numeri relativi a procedimenti e alle condanne definitive, e dal ministero dell'Interno, per il numero di persone denunciate). Per tutte le tipologie di reato commesso in Italia, la percentuale di immigrati imputati è sempre più alta in proporzione alla popolazione, rispetto agli italiani, che in termini assoluti (come è ovvio) compiono più reati, ma sono anche dieci volte più numerosi. Per l'omicidio volontario, ad esempio, tra il 2006 e il 2015 gli immigrati imputati sono cresciuti del 22 per cento mentre gli italiani sono diminuiti del 17 per cento. Lesioni volontarie: negli ultimi 30 anni gli immigrati imputati sono saliti da 400 a quasi 11.000. Violenza sessuale: segno più anche qui. Dai due ai quasi dieci casi ogni 100.000 abitanti. Scrive il Solivetti: «Il forte aumento dei casi di questo reato è strettamente associato alla parallela evoluzione della percentuale di immigrati imputati». La prova del nove può essere ricercata nelle carceri, dove da anni un detenuto su tre è straniero. Al mese di giugno 2006, come risulta dalle tabelle del ministero della Giustizia, i detenuti erano in totale 61.264 e 20.221 erano stranieri. Era l'estate dell'indulto e a fine anno la popolazione carceraria si è quasi dimezzata, arrivando a 39.000 detenuti, con 13.152 stranieri, il 33,7 per cento. Una percentuale praticamente identica a quella di oggi: 33,8 per cento. La statistica cresce a dismisura se si prendono in considerazioni i minorenni: al 15 novembre 2017 gli immigrati minorenni finiti in istituti di pena sono il 53,5 per cento del totale. Più degli italiani in assoluto. Fabio Amendolara
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)