A tanto ammonta l’aggravio in bolletta considerando che l’anno scorso sono stati erogati sussidi per 7 miliardi. Il prezzo delle fonti green in 13 anni è stato il doppio rispetto a quello di mercato. Nel frattempo l’import di elettricità è al record.
A tanto ammonta l’aggravio in bolletta considerando che l’anno scorso sono stati erogati sussidi per 7 miliardi. Il prezzo delle fonti green in 13 anni è stato il doppio rispetto a quello di mercato. Nel frattempo l’import di elettricità è al record.La relazione annuale sull’attività dell’Autorità per la regolazione dei servizi a rete (energia, acqua e rifiuti), Arera è stata presentata ieri in Parlamento dal presidente, Stefano Besseghini. Moltissimi i temi toccati. Del resto il settore dell’energia è in un momento tumultuoso e i fronti caldi sono moltissimi.Intanto, alcune cifre: «Gli oneri generali di sistema sono stati una voce rilevante negli ultimi 13 anni: abbiamo pagato circa 162 miliardi, dei quali circa 142 a copertura degli incentivi per le rinnovabili. Malgrado nei prossimi 5 anni andranno incontro, a misure vigenti, ad una significativa riduzione, determineranno ancora un costo rilevante», ha detto Besseghini, riferendosi agli oneri che vengono aggiunti alla bolletta oltre al costo dell’energia. Per la verità, leggendo la relazione noi abbiamo contato 134,99 miliardi di euro a copertura degli incentivi per le rinnovabili. Si tratta di 10,38 miliardi in media ogni anno. Nel 2023 i miliardi sono stati 7, pari a circa 2 milioni al giorno. Un numero interessante, soprattutto se la confrontiamo con la quantità di energia derivante da tali incentivi. La relazione fornisce infatti un dettaglio dell’energia incentivata prodotta negli anni dal 2011 al 2023, che in media è stata di 60 TWh/a (miliardi di kilowattora all’anno). Complessivamente, in media l’energia rinnovabile incentivata è stata pagata 170,87 €/MWh. Il prezzo di mercato medio nello stesso periodo è stato di 86,23 €/MWh, quindi l’energia incentivata è stata pagata quasi il doppio rispetto al prezzo di mercato. Se si considera il periodo 2011-2019 (ultimo anno «normale» di attività, prima del Covid e della guerra in Ucraina) il distacco è maggiore: a fronte di un prezzo medio pari a 58,38 €/MWh, l’incentivo medio è stato di 180 €/MWh, più di tre volte tanto.Sul tema degli oneri di sistema, Besseghini è tornato a dare «l’indicazione più volte ribadita da questa Autorità: valutare una significativa copertura degli oneri di sistema per il tramite della fiscalità generale, maggiormente in grado di intercettare gli effettivi livelli di reddito dei soggetti gravati dall’onere». Gli oneri, infatti, oggi sono riversati in bolletta, colpiscono in eguale misura tutti i consumatori.L’inizio del discorso di Besseghini è stato però incentrato sulla sicurezza del sistema e la ridondanza delle infrastrutture, tema strategico e fondamentale, con l’auspicio di avere imparato la lezione della crisi del 2022.Dopo avere detto che «l’Italia ha dimostrato di sapersi dotare di quanto necessario», Besseghini ha parlato del rigassificatore di Ravenna, che, pur bene avviato, deve scontare un «incremento di costi che richiederà un ulteriore sforzo pubblico per consentirne la collocazione a prezzi competitivi». In altre parole, la sicurezza del sistema costa, e non abbiamo ancora finito di fare quegli investimenti che non abbiamo fatto in passato, avendo l’Europa ignorato i rischi connessi all’eccessiva esposizione ad un solo fornitore (la Russia).Tema del momento è comunque quello del passaggio obbligato al mercato libero dell’energia elettrica. Qui il panorama diventa ambiguo. Dal punto di vista del passaggio alle tutele graduali le aste «sono risultate ben disegnate per unanime valutazione e hanno portato diversi venditori ad offrire prezzi negativi». Dunque il «risultato è stato «un vantaggio per il consumatore che è transitato nel servizio a tutele graduali di circa 113 €/anno a parità di tutti gli altri costi». Dall’altra parte però, ha affermato Besseghini, «le offerte disponibili sul mercato libero appaiono poco attraenti rispetto ai diversi servizi regolati, essendo caratterizzate da prezzi normalmente più alti».Interessanti i macro-numeri sulla situazione del mercato. I consumatori vulnerabili serviti in tutela sono 3,6 milioni, mentre quelli sul mercato libero sono 8,4 milioni. Questi clienti possono restare dove sono o transitare dall’uno all’altro mercato senza limitazioni, fintanto che restano vulnerabili. I non vulnerabili transitati automaticamente nel Servizio a tutele graduali sono circa 3,6 milioni, mentre 14,7 milioni sono sul mercato libero.Sui numeri del sistema elettrico, in ogni caso, vi è da notare che a fronte di un calo dei consumi, le importazioni dall’estero crescono. Nel 2023 le importazioni sono salite di 8,2 TWh rispetto al 2022, sino ad arrivare a 51,2 TWh. Conseguentemente, la quota di fabbisogno interno coperta dall’ estero è nettamente cresciuta dal 13,6% del 2022 al 16,8%, il valore più alto dall’inizio del secolo.Intanto, spunta un appello che critica il PNIEC appena presentato dal governo alla Commissione, contenente la previsione di 7,6 GW di nucleare al 2050. L’appello per un «100% Rinnovabili Network», che esclude il ritorno al nucleare, è firmato da personalità dell’accademia, giornalisti e personalità del terzo settore.
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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