Non è in crisi solo l'automotive. Se già prima il settore della refrigerazione degli alimenti pagava l'elettricità il 30% in più della media europea ora, con il rincaro del 25% delle bollette, arriva la batosta definitiva. E le aziende faranno fatica a tenere accesi i congelatori.
Non è in crisi solo l'automotive. Se già prima il settore della refrigerazione degli alimenti pagava l'elettricità il 30% in più della media europea ora, con il rincaro del 25% delle bollette, arriva la batosta definitiva. E le aziende faranno fatica a tenere accesi i congelatori.Nell'agenda del governo non possono e non devono esserci solo il green pass e la guerra tra buoni e cattivi del vaccino. Ci sono altre priorità da affrontare, in vista di un autunno caldissimo: a cominciare dalle politiche sul lavoro (manca poco alla fine della Cig Covid, poi scatteranno i licenziamenti) e dalle politiche industriali. Dopo la pessima gestione dei casi Ilva e Whirlpool - ieri circa 200 lavoratori della Whirlpool di Napoli hanno bloccato lo svincolo autostradale dell'autostrada a A3 - ci sarà da affrontare anche la crisi dell'indotto dell'auto con Stellantis che ferma in Italia per tutto settembre gli stabilimenti della Sevel di Atessa in Val di Sangro (Abruzzo), di Pomigliano e di Melfi. Il problema vero però non è (solo) la delocalizzazione ma il costo di produrre in Italia, a partire da quello dell'energia. Le grandi imprese in Italia pagano bollette della luce e del gas salatissime, tra le più alte d'Europa, e questo non solo favorisce la concorrenza ma ricade anche sulle tasche del consumatore finale. Pensiamo all'industria agroalimentare, eccellenza del made in Italy. Proprio ieri Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, ha sottolineato che la produzione tricolore chiuderà il 2021 con un fatturato di 154 miliardi, l'8% in più rispetto all'anno precedente. Ma tra le sfide che attendono il settore, oltre a quella delle materie prime che nel comparto alimentare sono aumentate dal 35% all'80%, del costo dei pallet triplicato, del trasporto navale più che raddoppiato, c'è «il rincaro del 25% dell'energia elettrica. Bisogna che anche la grande distribuzione si faccia carico di questi aumenti», ha detto Vacondio. Il comparto ha fame di energia soprattutto per la refrigerazione degli alimenti. La maggior parte dello stoccaggio pre distribuzione avviene in centri che lavorano conto terzi, grandi centri frigo che non vengono considerati energivori. Stoccare la nostra eccellenza alimentare nel fresco e nel freschissimo e nei surgelati costa il 30% in più che nel resto d'Europa. Non solo. La maggior parte dei Paesi Ue, soprattutto Germania, Francia e Spagna, compensano a carico dello Stato i cosiddetti carbon credits, l'Italia no. Privi del cuscinetto che la definizione di «energivoro» garantisce a 2.534 siti industriali (secondo l'ultimo elenco pubblicato) in termini di prezzi della materia prima energia, i logistici del freddo devono investire su orizzonti molto brevi per evitare di essere stritolati dalla continua crescita dei costi in bolletta. La strada è migliorare l'efficienza dei gruppi frigo, rifare gli isolamenti, installare impianti fotovoltaici dedicati con accumuli locali per ridurre i prelievi dalla rete. Tutte cose che funzionano ma costano, tant'è vero che gli operatori stanno ricorrendo all'emissione di bond per finanziare questi interventi, operazioni non così comuni in ambito logistico in Italia. E comunque, anche se si autoproduce energia, gli oneri di sistema vanno comunque pagati, come sanno bene anche gli energivori «de iure», come le cartiere o i cementifici.Per ora sono solo aumentati i prezzi. Dal 1° luglio sono scattati i rincari in bolletta per il trimestre (+9,9% per la luce e +15,3% per il gas) che non pesano soltanto sui conti delle famiglie, ma anche sui costi delle imprese e rendono più onerosa la produzione in un momento difficile per il Paese. Cosa intende fare il governo? Procedere su un modello simile a quello adottato per Alcoa (nel 2010 venne varato un decreto legge sull'approvvigionamento di energia elettrica da parte delle industrie energivore, come quelle del settore siderurgico, in Sicilia e Sardegna) prevedendo appunto per decreto forti sconti per le grosse entità non manifatturiere che consumano di più? Vedremo. Di certo il problema riguarda in generale i settori della logistica, che non viene considerata strategica, la farmaceutica e l'industria chimica, dove l'energia incide per circa il 5% sul valore della produzione, con punte particolarmente elevate nella chimica di base, nei gas tecnici e nelle fibre. Nonostante i processi di liberalizzazione, il costo dell'elettricità per le imprese industriali in Italia resta più elevato della media degli altri principali Paesi europei del 28%. In molti comparti più aumenta l'automazione e più aumenta il consumo di energia e con esso i costi relativi. Questo discorso si può fare anche per l'automotive, già alle prese con la mancanza di microchip e con il blocco temporaneo di forniture come acciaio e plastiche i cui prezzi sono saliti alle stelle. L'indotto auto in Italia vale, solo per la parte della produzione, il 7% del Pil (il 10% se si aggiungono altri segmenti come quello delle reti commerciali e del post-vendita). I sindacati metalmeccanici hanno chiesto ai ministri dello Sviluppo economico e del Lavoro l'apertura di un tavolo automotive con Stellantis per capire quali saranno gli effetti concreti della fusione tra Fca e Psa. Già a fine febbraio l'ad, Carlos Tavares, aveva sottolineato come le fabbriche italiane abbiano costi elevati rispetto agli altri siti produttivi europei del gruppo, a partire da quelli di Francia e Spagna. Il problema però, aveva aggiunto Tavares, non è legato al costo del lavoro. La vera criticità sono le spese legate al mantenimento di questi stabilimenti alla luce dei volumi attuali. Una 500 elettrica prodotta in Italia costa 1.200 euro di puri costi industriali, una Opel corsa elettrica prodotta a Saragozza 500.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





