2023-06-14
Dai rifiuti al sisma. Nelle emergenze l’ex premier diede lezioni al mondo
Le gestione del post terremoto all’Aquila fu esemplare. Poi, la sinistra ribaltò la realtà. Per ristabilirla sono serviti 10 anni.In un giorno di metà primavera del 2009, tra i terremotati dell’Aquila, sfollati negli hotel della costa abruzzese, corre una voce: la Protezione civile ha ordinato agli albergatori di garantire il caffè a fine pasto. Trattati da vacanzieri, mica da profughi di una catastrofe. È la prima volta che, in Italia, un governo gestisce come si deve un’emergenza sismica. Nel 1976, i friulani avevano fatto quasi da sé. Gli altri esempi? La desolazione dell’Irpinia e i container di Foligno. La gente dell’Aquila, la mattina del 6 aprile 2009, temeva di fare la stessa fine. Solo che, a Palazzo Chigi, c’era Silvio Berlusconi. E il capo della Protezione civile era Guido Bertolaso. Un’accoppiata già vincente nella crisi dei rifiuti di Napoli, fronteggiata - certo, non senza controversie - in tempi strettissimi. Così L’Aquila, da potenziale vergogna, diventò un orgoglio nazionale. L’organizzazione dei soccorsi e degli aiuti destò ammirazione persino in Giappone, il Paese più abituato al suolo ballerino.Il Cavaliere è stato anche questo: l’ultimo uomo (e forse il primo, da noi) capace di gestire le emergenze. Nelle difficoltà svestiva i panni del politico e rimetteva quelli dell’imprenditore. Cercando di agire in fretta, snellendo gli impedimenti burocratici. Magari troppo: le operazioni in deroga alle norme ordinarie avrebbero sollevato sciami di critiche alla legge sulla Protezione civile. Fuffa da legulei. All’Aquila si polemizzò addirittura per i bagni chimici nelle tendopoli: ne avevano installati troppi, era la rimostranza, per favorire gli amici di Bertolaso. E meno male. I terremotati dovevano sguazzare nelle deiezioni, in nome dei codicilli? Berlusconi, dal giorno dopo la scossa principale alla consegna delle case antisismiche, visitò L’Aquila 31 volte. Un record. Il punto più alto della sua luna di miele col popolo lo ebbe a Onna, fazzoletto tricolore al collo, mentre rubava la scena agli ex comunisti nella feste della Liberazione. E consolava le nonnine. A un certo punto, da viveur, si fece prendere la mano: promise agli aquilani una «crociera nel Mediterraneo». Qualcuno deve averlo fermato. Ma tutto ciò serviva per far sentire alle persone che il mondo non era finito. Che avevano un alleato potente. I frutti, il leader azzurro li avrebbe raccolti a giugno 2009. Due mesi dopo il terremoto, il Pdl superò il 35% alle Europee. Il massimo capolavoro, però, l’allora premier lo compì a luglio, dirottando in un baleno il G8 dalla Maddalena alla città distrutta. Portò Barack Obama davanti ai poveri resti della Prefettura, Angela Merkel a Onna, la frazione che aveva pagato il tributo di sangue più alto, a fare mea culpa per gli eccidi nazisti. I grandi del mondo adottarono monumenti e assicurarono opere di ricostruzione. Alcuni - canadesi, francesi, russi, tedeschi, giapponesi - tennero fede agli impegni. L’«abbronzato» si limitò alla passerella. Poco importa: gli sfidanti imbalsamati di sinistra sarebbero stati capaci di tanta creatività?A settembre, il premier inaugurò gli alloggi a prova di scossa, noti con l’eloquente acronimo Case. «Ha fatto come a Milano 2», «Saranno una cattedrale nel deserto». Di nuovo: le lagne erano fuffa. Chi li ha avuti, quegli appartamenti se li è tenuti stretti. Il balcone crollato anni dopo? Be’, se un lavoro viene eseguito male, la colpa è del costruttore o del committente? Fatto sta che, a Natale 2009, gli aquilani poterono celebrare la messa della vigilia nella basilica di Collemaggio, rimessa in sicurezza. Quella dell’incoronazione di Celestino V, quella in cui Benedetto XVI aveva ceduto il pallio al suo predecessore, in un simbolico e profetico passaggio di consegne spirituali tra due Pontefici dimissionari.Il capitale politico raccolto era così consistente, che solo Berlusconi, capace di miracoli come di clamorosi tonfi, poteva farselo soffiare. Bertolaso sostenne che l’inizio della fine fosse stato l’endorsement pubblico: «Ti faremo ministro». Il ribaltamento della narrazione cominciò con la rivolta delle carriole per le macerie non rimosse. Poi, il film di Sabina Guzzanti, Draquila, le intercettazioni degli imprenditori che ridevano, le intemerate di Marco Travaglio, le trasmissioni di Michele Santoro, gli scandali a luci rosse, le inchieste. Per ristabilire la verità (giudiziaria e storica) ci sono voluti dieci anni. S’è visto, dopo, di che pasta erano i bacchettoni: i terremotati del 2016 sono ancora nelle baracchette di latta, fondi e ricostruzione sono un miraggio. Del bilancio dell’altra emergenza - di dimensioni diverse, per carità - è meglio non parlare: sul Covid hanno sbattuto il muso due governi. Ahinoi, con la collaborazione dello stesso Berlusconi. Ma non era più il Berlusconi del 2009, col caschetto in testa, a raccontare barzellette agli operai. L’uomo delle emergenze. Tipo il signor Wolf di Pulp fiction: «Sono Silvio, risolvo problemi».
Jose Mourinho (Getty Images)