2022-10-02
Rifiuta di indossare la Ffp2: dipendente della Coop cacciato per «giusta causa»
La misura si basa su un protocollo che non è stato nemmeno firmato da tutti i sindacati. Diktat simili pure in Unieuro e Pam.I supermercati Coop licenziano i lavoratori che oggi si rifiutano di indossare mascherine Ffp2 come impone l’azienda, ma non impone la legge, che infatti ha revocato l’obbligo di indossare mascherine di ogni tipo nei luoghi chiusi e nei luoghi di lavoro, tranne, com’è noto, nelle strutture sanitarie. È infatti finito lo stato d’emergenza, tant’è che il decreto legge 83 del 15 giugno del 2022, su questo punto, non lascia dubbi e ciò nonostante, l’altro ieri, un dipendente di un supermercato Coop, Lorenzo Minzoni, lavoratore presso L’ExtraCoop Esp di Ravenna, è stato licenziato, secondo il datore di lavoro, «per giusta causa», con una raccomandata in cui è stato scritto esplicitamente che la motivazione dell’asserito «giusto» licenziamento sta nel fatto che il signor Minzoni, rifiutandosi di indossare la mascherina Ffp2, ha violato il «protocollo» aziendale che prevede, scrive la Coop, l’obbligo di indossare la suddetta mascherina. Il caso del signor Minzoni non è isolato, perché ci sono diversi dipendenti Coop che sono sull’orlo del licenziamento per la medesima motivazione, anche di fronte a certificati medici che ne sconsigliano il loro utilizzo prolungato. La questione, inoltre, non riguarda solo la Coop - lo stesso diktat aziendale colpisce pure i lavoratori di altre grosse catene commerciali come Unieuro e i supermercati Pam Panorama, che però hanno scelto la mascherina chirurgica - e merita dunque un approfondimento, perché stiamo parlando di obbligare un lavoratore a indossare per sei-otto ore un dispositivo medico senza che ci sia una legge che lo preveda. Il dipendente Minzoni ha tentato in ogni modo di contestare questo ai suoi superiori, che non hanno sentito ragioni. In un’occasione, addirittura, nell’aera vendite dove il dipendente Coop prestava servizio sono pure intervenuti i carabinieri, che però non hanno potuto fare altro che assistere impotenti alla scena: Minzoni che continuava a svolgere senza mascherina il suo lavoro come se nulla fosse.Partiamo, dunque, dalla lettera di licenziamento: la Coop scrive a Minzoni che le mascherine Ffp2 sono «qualificate» come Dpi aziendali, ovvero sono dispositivi di protezione individuale che hanno lo scopo di tutelare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro e che in pratica non indossarle violerebbe regole di comportamento fondamentali allo svolgimento della mansione. A parte il fatto che nel supermercato i clienti entrano senza mascherina e dunque non si capisce il senso di voler imporla ai lavoratori al fine di tutelarli, il punto è che questa decisione di inserire la Ffp2 tra i dispositivi obbligatori per il lavoratore da parte della Coop e degli altri si basa unicamente su un «Protocollo anticontagio» ,che è stato sottoscritto a fine giugno da Confcommercio, Cgil, Cisl e Ul, in accordo con il governo, dopo un incontro in videoconferenza. Si tratta del «Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2/Covid-19 negli ambienti di lavoro», di cui si fa un resoconto stringato sul sito del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Questo protocollo che si asserisce «condiviso» non è stato sottoscritto da tutti gli altri sindacati, tranne appunto Cgil, Cisl e Uil e dunque dovrebbe, innanzitutto, riguardare solo i lavoratori iscritti ai sindacati citati, ma soprattutto in nessun passaggio questo protocollo riporta che i lavoratori siano obbligati a indossare mascherine di alcun tipo. Il protocollo cosiddetto condiviso, infatti, asserisce semplicemente che l’utilizzo delle Ffp2 sia «un presidio importante» per il contenimento del contagio e che il datore di lavoro «debba fornirle ai dipendenti». C’è però un’ambiguità, alla quale si appiglia, evidentemente, l’eccesso di zelo da parte della Coop e delle altre aziende ancora incagliate nella psicosi pandemica. L’ambiguità è contenuta nella pagina 2 del suddetto protocollo, laddove si scrive che i datori di lavoro possono integrare le misure di precauzione indicate per il contenimento del contagio «con altre eventuali equivalenti o più incisive, previa consultazione delle rappresentanze sindacali e sentito il medico competente». Tuttavia, ammesso che la Coop, nel caso di specie, abbia seguito la procedura indicata, come può la decisione di una singola azienda superare la legge?Non può, come non potevano i dpcm rinchiuderci in casa. In più, la mascherina Ffp2 può provocare, oltre che fastidi, anche allergie, infezioni da batteri e problemi respiratori. Di sicuro, priva la persona del suo diritto a mostrare il proprio viso e a respirare normalmente. Priva cioè la persona della sua libertà personale. Se le istituzioni l’hanno violata con decisioni illegittime si sentono forse per questo autorizzate a violarle anche le aziende?