2022-01-12
Ricoveri gonfiati, critica ai bollettini. I numeri del governo si sbriciolano
La Fiaso certifica: «Il 34% dei positivi in ospedale non è malato di Covid». Matteo Bassetti critica il report dei contagi, Andrea Costa gli dà ragione. E cade il velo sui dati usati dall’esecutivo in conferenza stampa: sono vecchi e pasticciati.L’obbligo dei vaccini per gli over 50 «lo abbiamo fatto sulla base dei dati», ha detto lunedì il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella conferenza stampa convocata per illustrare i provvedimenti varati con il decreto del 7 gennaio. Ebbene, quali sono i dati che hanno spinto il governo a imporre l’obbligo vaccinale e l’obbligo di super green pass sul lavoro per gli ultracinquantenni, nonché a giustificare l’ennesimo «è tutta colpa dei novax»? Numeri vecchi e poco chiari. Lo si è capito quando il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha chiamato in causa l’«omino rosso». «Sono non vaccinati poco più del 10% over 12 che occupa i due terzi di posti in terapia intensiva e il 50% dei posti letto in area medica. Su 100.000 persone ce ne sono 23,2 che vanno in intensiva e sono i non vaccinati. Quando si va ai vaccinati con due dosi da più di 4 mesi, il dato passa da 23 a 1,5, quindi crolla clamorosamente e scende a 1 quando la vaccinazione avviene in ciclo primario entro 4 mesi e col booster si va a 0,9», ha detto sventolando un grafico dell’Istituto superiore di sanità, riferito al periodo compreso tra il 12 novembre e il 12 dicembre 2021. Quindi il Cdm del 5 gennaio ha deciso l’obbligo su dati fermi a metà dicembre? Oppure sulla scorta di dati più freschi che però non sono stati mostrati lunedì perché meno «funzionali» alla narrazione? Di certo, dopo quattro decreti in 21 giorni, dopo la proroga dello stato di emergenza e dopo aver atteso cinque giorni prima di spiegare le nuove misure con una conferenza stampa, il ministro si è presentato davanti ai giornalisti con numeri vecchi di un mese. Che lasciano anche spazio ai dubbi su quanto sia aumentata l’incidenza tra vaccinati nelle ospedalizzazioni dopo il picco dei contagi e l’aumento della diffusione della variante Omicron successivi al 12 dicembre. Per altro, la fotografia scattata agli ospedali in questi giorni mostra anche la realtà che circonda l’«omino rosso» di Speranza e che non può non essere considerata quando si parla di reparti sotto pressione. Ieri è infatti stato diffuso uno studio della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) sui ricoveri di sei grandi aziende: il 34% dei pazienti positivi ricoverati non è malato di Covid-19, non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid, ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre ricovero risulta positivo. Secondo Fiaso, dunque, «un paziente su tre, sia pur con infezione accertata al virus, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori». La rilevazione (su un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani) è stata effettuata il 5 gennaio, non un mese fa. Dei complessivi 550 pazienti monitorati, 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare, 187 (il 34%) sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus. La diagnosi da infezione da Sars-Cov-2 è dunque occasionale. Per il 36% del totale dei ricoverati positivi ma senza sintomi respiratori, si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33%, invece, è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso derivante da diabete o altre malattie metaboliche, da patologie cardiovascolari, neurologiche, oncologiche o broncopneumopatie croniche. Un 8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti e un altro 8% è invece rappresentato da quei pazienti che devono sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivi al Covid. C’è infine un 6% che arriva al pronto soccorso a causa di incidenti con traumi e fratture. Lunedì sarebbe stato importante mostrare anche questi numeri per fare chiarezza. Anche perché sulla base di questi dati vengono cambianti i colori alle regioni, con il rischio che scatti l’arancione o addirittura il rosso, conteggiando una quota di ricoverati positivi in area medica che però sono finiti in ospedale per altri motivi. Così come sarebbe stato più corretto, in conferenza stampa, mostrare i numeri scomponendoli tra ospedalizzati con una, due o tre dosi di vaccino. Ancora: se dici che i no vax occupano il 70% delle intensive il rischio è che passi il concetto che le terapie intensive totali sono 100 e 70 sono occupate da no vax, invece parliamo di Ti Covid, le quali comprimono il totale (sul personale, più che sui «letti»). Tra l’altro, anche il report giornaliero sul Covid sta diventando un caso: «Questa modalità di gestione del Covid deve cambiare. Non dobbiamo continuare a contare come malati di Covid quelli che vengono ricoverati per un braccio rotto e risultano positivi al tampone. Che senso ha dire che abbiamo 250.000 persone che hanno tampone positivo? Bisogna specificare se sono sintomatici, asintomatici, sono ricoverati, stanno a casa», ha detto ieri Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive a Genova. Appello condiviso dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che ha detto di aver proposto a Speranza «una riflessione sull’attuale sistema» sottolineando come nella situazione attuale «sia necessario soffermarsi essenzialmente sui dati delle ospedalizzazioni e occupazione delle terapie intensive».Insomma, servono numeri più chiari e aggiornati. Soprattutto se il messaggio che si vuole trasmettere agli italiani è che l’obbligo vaccinale per gli over 50 è una misura utile per bloccare l’ondata di contagi e risolverà il problema del sovraccarico degli ospedali.
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)