2021-09-13
Riccardo Molinari: «Il Pd fa di tutto per buttarci fuori»
Il capogruppo leghista alla Camera: «Non ci ha mai voluto al governo e ora il gioco è chiaro. Anche Forza Italia polemizza spesso con noi. Sul green pass Draghi non cadrà, al nostro interno c'è l'accordo di tutti sui 5 punti».«Il livello del dibattito in Italia è viziato, le posizioni si sono fatte esasperate. Di fronte alle tifoserie, ogni tipo di ragionamento diventa difficile, se non impossibile. La Lega esprime dei dubbi e c'è chi ci associa agli antivaccinisti o a quelli che negano il Covid». È il pensiero di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera dei deputati.Green pass, vaccini, elezioni amministrative. Sono giorni piuttosto caldi nel vostro partito: tira aria di processo interno a Matteo Salvini? «Nessun processo. Su un argomento delicato come quello del green pass è evidente che ci sono delle sensibilità diverse. Il compito del segretario è quello di fare una sintesi».Trovare una quadra non deve essere stato semplice: ai governatori leghisti, Zaia e Fedriga in testa, non sono piaciute le ambiguità sul decreto approvato alla Camera. «Sul tema, i governatori hanno sottoscritto una piattaforma programmatica con Salvini». I famosi 5 punti.«La linea del partito è sintetizzata in quel documento. Chi lavora sul territorio e deve monitorare ogni giorno terapie intensive e ospedali, magari si infastidisce di più quando ascolta posizioni critiche sul green pass, che per via della banalizzazione che è stata fatta rischiano di essere associate alle teorie No vax». Anche nella pattuglia dei deputati c'è più di un malumore. «Nel gruppo ci sono sfumature diverse: c'è chi è convintamente a favore del certificato verde, visto come uno strumento utile per tornare alla normalità, e chi invece manifesta dei dubbi, perché lo percepisce come un mezzo coercitivo per imporre la vaccinazione».Per l'approvazione del decreto, in aula si è presentato un deputato della Lega su 3. C'è chi non si è fatto troppi problemi a definirlo un «bagno di sangue». «Non sono d'accordo con questa ricostruzione. Le assenze erano numerose anche in altri gruppi e il motivo è semplice: c'è la campagna elettorale, chi ha responsabilità di partito è impegnato sul territorio». Per il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, la posizione di Salvini sul green pass è «irrazionale». Non proprio un complimento da parte di un alleato nella coalizione, non crede?«Ultimamente capita spesso che gli esponenti del governo di Forza Italia polemizzino con la Lega. Rispetto a Brunetta, noi abbiamo una posizione diversa: il ministro voleva l'obbligo immediato di green pass per tutti i lavoratori, pubblici e privati, noi no. Grazie alla discussione che è stata fatta, abbiamo ottenuto l'impegno formale del governo a procedere per tappe e per settori. Magari a Brunetta non ha fatto piacere». È solo una questione di tempo, quindi? Nei prossimi mesi senza certificato non si lavorerà?«L'accordo prevede di procedere per categorie, le scelte su quali e quante spettano al governo». Nel caso di una estensione eccessiva, quali scenari potrebbero aprirsi? «Valuteremo. La Lega non ha intenzione di mettere a rischio la sua presenza nel governo sul tema del green pass. Possiamo esprimere perplessità e cercare di migliorare i provvedimenti». Lo considera uno «strumento di libertà», come fa il governatore della Lombardia, Attilio Fontana? «È lo strumento che il governo ha scelto per tornare a una vita più o meno normale. Se ci sono delle storture, credo sia legittimo evidenziarle. L'obiettivo del governo deve essere quello di tutelare l'economia, il lavoro e la libertà dei cittadini, per quanto possibile». Alcune aziende, come la Siemens, anticipano il governo e rendono obbligatorio il green pass per entrare al lavoro. «A differenza di quanto avviene per ristoranti, cinema e stadi, imporre il certificato nei posti di lavoro costringe le persone a vaccinarsi. L'obbligo surrettizio non mi piace, comprime la libertà di scelta fino a soffocarla: la maggioranza degli italiani, per fortuna, si è vaccinata; la minoranza residua non si convince con un atteggiamento restrittivo e impositivo. Anzi, il rischio è quello di acuire la tensione nel Paese». Circa 10 milioni di italiani non sono ancora immunizzati, si pensa a un obbligo per step. Che ne pensa? «La Lega non è favorevole all'obbligo vaccinale». Secondo un sondaggio Swg per il Tg La7, il 70% dei vostri elettori è favorevole. La sorprende? «No, conosco i nostri elettori e i nostri militanti. Anche se il tema dell'obbligo vaccinale riguarda una minoranza della popolazione, la posizione della Lega e di Matteo Salvini non cambia: niente obblighi né imposizioni, lasciamo libertà di scelta. Chi ha dei dubbi non va demonizzato, ma convinto».Dal Pd vi accusano di «inaffidabilità» e di fare «opposizione No vax». «Il Pd non ci ha mai voluto al governo e fa di tutto per spingerci fuori. Il loro gioco è chiaro: qualsiasi critica diventa automaticamente una battaglia contro i vaccini. Lo trovo ridicolo: dov'erano quelli del Pd quando il Movimento 5 stelle bloccava il Parlamento per annacquare la riforma del processo penale? Non ho sentito parlare di attacchi alla stabilità della maggioranza».Tra poco più di 3 settimane si vota in molte grandi città italiane: secondo i sondaggi, la situazione non è esaltante. Temete un flop, soprattutto al Nord?«Per quanto riguarda le metropoli, partiamo da un 5 a 0: non sono città che rischiamo di perdere perché sono già governate dalla sinistra o dai 5 stelle. Alle amministrative possiamo solo guadagnare, francamente vedo un tentativo di drammatizzare una situazione che drammatica non è».Salvini sta puntando troppo al Centro-Sud, come sostiene qualcuno? «Penso sia giusto che Matteo Salvini vada in Calabria, dal momento che è l'unica elezione regionale di questa tornata. Ci sono più tappe e deve stare più tempo lì, esattamente come ha fatto nelle altre regioni».A Milano c'è l'incubo sorpasso da parte di Fratelli d'Italia? «Non ci pensiamo. Siamo in una coalizione: più voti prendono, più siamo contenti. Il tema di chi guiderà il centrodestra ce lo porremo alle elezioni politiche, se resterà questa legge elettorale, come mi auguro. Fratelli d'Italia ha un vantaggio da un punto di vista elettorale: stare all'opposizione garantisce un maggiore spazio a livello mediatico e permette di dire qualsiasi cosa si pensi senza prendersi responsabilità». La «pena» della Lega è quella di rimanere al governo?«Abbiamo fatto una scelta di prospettiva: se fossimo rimasti fuori anche noi, magari oggi avremmo la patrimoniale, lo ius soli, l'estensione del reddito di cittadinanza e il ritorno della legge Fornero». A proposito, il 31 dicembre prossimo scade Quota 100: senza correzioni, la legge Fornero rischia di tornare davvero. «In piena crisi economica, è necessario disporre di uno strumento alternativo che non ci riporti a quella legge. Trovo inaccettabile che dopo il 1° gennaio si debba aspettare fino ai 67 anni per andare in pensione. Siamo a metà settembre e non ci sono ancora proposte concrete, la cosa più semplice sarebbe la proroga di Quota 100 per almeno un anno. Sarebbe un'operazione a costo zero, in attesa di una riforma più organica». Per l'Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, gli obiettivi della misura non sono stati raggiunti. Su che tipo di proposte siete disposti a ragionare? «Da sempre parliamo di Quota 41. Da parte nostra c'è disponibilità a ragionare anche per categorie professionali. La legge Fornero non ci piace e non ce la faremo andar bene. Ritengo prioritaria la battaglia contro questa misura». Farete una battaglia anche contro il Reddito di cittadinanza?«In questo momento uno strumento di contrasto alla povertà è necessario. Certo, bisognerebbe farlo funzionare». Secondo la Cgia di Mestre, «ogni posto di lavoro “creato" con il Reddito di cittadinanza è costato allo Stato almeno 52.000 euro, il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato». La misura andrebbe corretta e non abolita, secondo lei?«Il Reddito di cittadinanza ha creato distorsioni evidenti, deve essere migliorato. Il grosso delle risorse va investito per fare politiche attive del lavoro, non per dare assegni indiscriminati che il lavoro lo disincentivano. Prima di capire se ci sarà uno scontro nella maggioranza, aspetto di vedere quali saranno le proposte del governo: al momento, su ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro, ho sentito solo annunci». Oggi si torna sui banchi di scuola un po' ovunque e sembra il remake del film visto lo scorso anno. È stato fatto abbastanza, secondo lei?«È stato fatto di più rispetto alla gestione Azzolina, anche se non è mai abbastanza. Con il 91% di docenti vaccinati (e un 2 o 3% esentati per ragioni sanitarie), forse imporre l'obbligo del green pass a tutti gli insegnanti non è stata una scelta saggia. Di sicuro non spingerà gli scettici a vaccinarsi».
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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