2025-03-30
Il canto delle sirene di Ursula e Weber: «L’Ue con l’elmetto fa bene all’Italia»
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Von der Leyen: «Readiness 2030 è un’occasione per Roma». Il capo del Ppe punge la Lega: «Fa il gioco di chi vuol dividerci».«Quando il diavolo ti accarezza, vuole l’anima»: sostituite la parola anima con soldi, ed ecco il significato delle due interviste apparse ieri (che coincidenza) in contemporanea, una a Ursula von der Leyen sul Corriere della Sera e una a Manfred Weber, leader del Ppe, sulla Stampa. Entrambi gli esponenti politici tedeschi (che coincidenza) garantiscono che se l’Italia acconsentirà a indebitarsi per partecipare al piano di riarmo europeo alla fine i benefici ricadranno sul nostro sistema industriale e non su quello della Germania, come in molti temono e in altrettanti prevedono. «Il piano di riarmo», chiede il Corsera a Ursula von der Leyen, «si basa sulla spesa nazionale. Per l’opinione pubblica italiana è difficile accettare che a un certo momento si dovranno tagliare pensioni e sanità per investire in difesa. C’è un modo per evitarlo?». «Readiness 2030», risponde la presidente della Commissione europea, «è un massiccio piano di investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo, in startup innovative. E l’Italia ne trarrà un grande beneficio, perché ha una base industriale della difesa molto rinomata e forte. È un programma di investimenti che aumenterà la prosperità. E questo», aggiunge la Von der Leyen, «va a vantaggio dell’economia e della società italiane, ma anche delle infrastrutture al servizio delle persone, come gli ospedali». Spendere miliardi in armi si tradurrà in un miglioramento delle condizioni dei nostri ospedali: non è ben chiaro in che modo, ma la Von der Leyen della realtà ha sempre dimostrato di curarsi ben poco. «In concreto?», chiede il Corriere: «Avete giganti dell’aerospazio come Leonardo», risponde Von der Leyen, «e imprese navali innovative come Fincantieri. Si tratta di investimenti in queste industrie, che creeranno buoni posti di lavoro». «Draghi ha detto che senza debito comune», obietta il Corsera, «solo la Germania riesce a riarmarsi. E la Lega sostiene che questo piano serve solo a Berlino. Come risponde?». «Quello che abbiamo ora sul tavolo è un accordo storico», gorgheggia Ursula, fino a 800 miliardi di euro che saranno investiti nell’economia europea e quindi anche in quella italiana, nei prossimi quattro anni. E poiché l’Italia ha un’industria forte, anche l’Italia ne trarrà un grande beneficio perché attrarrà investimenti. Leonardo, ad esempio, ha annunciato una joint venture con Rheinmetall, quindi beneficerà anche degli investimenti tedeschi. E questo è un bene, perché abbiamo bisogno delle competenze e delle conoscenze dell’industria italiana». Qui Ursula fa la furbetta: l’accordo tra Leonardo e il colosso tedesco Rheinmetall, dell’ottobre scorso, è un classico esempio di partnership tra imprese di due nazioni, e non c’entra nulla con la difesa europea. È un’intesa industriale a due, di quelle che vanno nella direzione opposta a quella dei megapiani continentali indicata da Ursula. Rheinmetall e Leonardo saranno azionisti paritari (50% ciascuno) della nuova società Leonardo Rheinmetall military vehicles, con sede legale a Roma e sede operativa a La Spezia. L’accordo ha come obiettivo la costruzione di un nuovo carro armato, il Main battle tank italiano che sostituirà l’Ariete. Il nuovo tank avrà come base il Panther KF51 sviluppato da Rheinmetall, sul quale Leonardo svilupperà l’armamento secondario e l’elettronica. Weber segue lo stesso copione ma attacca la Lega: La Stampa chiede al leader del Ppe un commento sul fatto che, rispetto al piano da 800 miliardi, molti in Italia sostengono che si tratta di un’iniziativa che va a beneficio della sola Germania. «È un falso argomento. Il cambio delle regole sul debito in Germania», rassicura Weber, «e la proposta Von der Leyen sono due questioni distinte. Berlino doveva modificare la Costituzione per aumentare la spesa nazionale, mentre all’Europa serve un piano comune per il riarmo che dia maggiore flessibilità agli Stati membri e faciliti la spesa comune per la difesa. Veramente non capisco come alcuni politici della Lega non vedano l’enorme potenziale per l’industria della difesa italiana: se l’Europa e la Germania spendono di più in questo settore», aggiunge, «l’Italia diventa uno dei principali beneficiari. Questo dibattito che cerca continuamente di separare gli interessi europei da quelli nazionali fa soltanto il gioco dei nostri nemici che vogliono metterci l’uno contro l’altro e indebolirci. Se i leghisti non capiscono che queste divisioni non fanno altro che danneggiarci», attacca Weber, «vuol dire che non hanno capito la portata storica di questa missione». Ah, quanto piacerebbe ai capoccioni del Ppe un governo in Italia senza la Lega, magari con al suo posto un bel centrino guidato da un fedelissimo di Bruxelles (come mai avete pensato proprio a Carlo Calenda?) e qualche fuoruscito «riformista» dal Pd. Immaginiamo il sollievo di pensionati, artigiani, operai e piccoli imprenditori, che commentando l’intervista della Von der Leyen e di Weber mentre acquistano la frutta e la verdura al mercatino rionale sorridono pensando alla loro qualità della vita migliorata dalle commesse miliardarie alle industrie di armamenti. Un bel monito arriva agli ultra-bellicisti europei da papa Francesco: «Sosteniamoci gli uni gli altri», scrive il Santo Padre, «e diventiamo testimoni di pace e di speranza in un mondo che ne ha tanto bisogno, anche in Europa». «Anche in Europa»: a buon intenditor, poche (e sante) parole.
Crollano le forniture di rame, mercato in deficit. Trump annuncia: l’India non comprerà più petrolio russo. Bruxelles mette i dazi sull’acciaio, Bruegel frena. Cina e India litigano per l’acqua del Tibet.
Elly Schlein (Imagoeconomica)