Il concetto di multiproprietà, che era crollato molto fino ai tempi della pandemia, sembra tornato in auge, complici i prezzi folli del mattone nelle località turistiche più gettonate e i tassi dei mutui alle stelle.
Da sinistra: Pasquale Salzano, Francesco Martorana, Marco Hannapel e Claudio Antonelli
L’ultimo panel del Giorno della Verità, I nuovi investimenti sui binari della geopolitica: mercati, export, concorrenza fuori e dentro l’Europa, è affidato alla conduzione di Claudio Antonelli. Il vicedirettore della Verità, insieme al contributo del presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia Marco Hannapel, del Group chief investment officer di Generali Francesco Martorana e del presidente di Simest Gruppo Cdp Pasquale Salzano, ha approfondito i temi in materia di investimenti finanziari nell’economia reale, di valutazioni di export e import nei nuovi equilibri geopolitici e di quella che oggi è l’evoluzione del mercato unico europeo.
Il primo quesito posto sul tavolo da Antonelli è rivolto al presidente di Simest Gruppo Cdp Pasquale Salzano e verte su quali sono stati i cambiamenti che hanno coinvolto l’export italiano negli ultimi quattro anni, da quando tutto il mercato mondiale è stato stravolto dalla pandemia e come quindi l’Italia si pone in Europa e nel mondo nell’ambito della concorrenza e dei mercati sotto l’aspetto della geopolitica. «L’export italiano va molto bene, i numeri sono positivi, l’italia è diventato il quinto esportatore al mondo superando la corea del sud. Il benessere dell'Italia in gran parte deriva dalla domanda esterna, più del 40% del pil deriva dall’export. La crisi del mar rosso, per esempio, tocca direttamente il nostro export perché crea per le nostre merci e per i nostri porti una grande difficoltà. Le nostre imprese devono avere successo all’estero, in che modo? Noi possiamo affiancare le imprese con un’attività di consulenza che diventa sempre più fondamentale. La geopolitica oggi non è solo un elemento di conoscenza, ma anche di business».
L'amministratore delegato di Philip Morris Italia Marco Hannapel, invece, si è focalizzato più su quello che è il tema regolatorio. «Crede che alcune regole imposte dall'Europa abbiano più le caratteristiche di restrizioni giustificate da un'ideologia?» chiede Antonelli. «Quello che oggi rappresenta l’Italia è un pezzo di un puzzle molto complesso» - risponde Hannapel - «Phillip Morris nel 2016 ha firmato una dichiarazione di intenti in cui diceva che voleva uscire dal mercato tradizionale e per farlo ha investito 12 miliardi di dollari in 10 anni e ha creato una fabbrica a Bologna all'avanguardia, per poter creare un prodotto che non esisteva e un ambiente regolatorio adeguato. L’ideologia che l’Europa si è data in questi anni ha ripercussioni molto forti e importanti in ambito agricolo, in ambito di gestione di alcune industrie che sono state messe sotto pressione. Il settore industriale e agricolo in Europa è vissuto sotto un pensiero molto delineato e ideologizzato che però non tiene conto di tanti fattori. Per questo serve un'Europa moderna e unita».
Spostandosi sul tema del mercato unico e della concorrenza, Antonelli chiede a Francesco Martorana, Group chief investment officer di Generali, che cosa può fare l’Italia per rimanere all'interno del mercato unico e dell’unione bancaria del mercato dei capitali, tutelando al tempo stesso la base della propria ricchezza. «L’unione bancaria del mercato dei capitali è un tema centrale. L’Europa ha sfide importanti di fronte, dalla demografia alla transizione energetica, fino alla sicurezza e alla difesa. Per fare questo servono risorse e serve un mercato dei capitali efficiente. Se guardiamo il valore complessivo degli Stati europei, questo si avvicina molto a quello degli Stati Uniti, ma il vero problema è che abbiamo 27 mercati diversi e altrettante realtà molto diverse. Significa che c’è un potenziale enorme per uniformare e semplificare le normative, perché oggi c’è una regolamentazione molto complessa e non uniformata».
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A il Giorno della Verità la giornalista Camilla Conti modera il dibattito su «Europa, patto di stabilità, Mes e Pnrr. Quando troppe regole rallentano la crescita», tra Domenico De Angelis, condirettore generale Banco Bpm, Marco Gay, presidente esecutivo di Zest, Marco Fossataro, chief financial officer del Gruppo Fs e Giuliano Noci, prorettore del Politecnico.
L'Italia deve continuare a investire nel proprio sviluppo, ma allo stesso tempo all'Europa serve un bagno di concretezza, sennò rischia di rimanere schiacciata da Stati Uniti e Cina. «Come un vaso di coccio in mezzo a due di ferro» spiega il professore Giuliano Noci prorettore del Politecnico, durante il dibattito su «Europa, patto di stabilità, Mes e Pnrr. Quando troppe regole rallentano la crescita», citando una famosa massima di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi («Come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro»). Del resto, in Europa «Ursula von dei Leyen ha aperto il suo mandato con il green deal, spingendo sulle auto elettriche: a Pechino non potevano essere più fellici» continua Noci. «Siamo nelle mani di Pechino, il 90 % dei diritti di produzione è in mano a un paese che sia chiama Cina. E la stessa Cina ha un vantaggio di due salti tecnologici rispetto agli Stati Uniti».
Per il professore del Politecnico, «l'Europa ha peccato di idealismo, come quando l'Unione europea in nome di un principio indiscutibile ha bloccato la fusione tra Aston e Siemens, che è stato un favore a americani e cinesi». Proprio Ricci, moderato dalla giornalista Camilla Conti, ha ribadito che anche sul patto di stabilità, «l'Europa ha bisogno di un bagno di concretezza, è l'unico baluardo che noi possiamo avere di fronte ai grandi competitor. Oppure rischiamo di diventare un vaso di coccio tra due vasi di ferro». L'Europa insomma «deve diventare un soggetto politico forte». Per esempio «se non siamo in grado di avere una politica seria sul digitale» non si va da nessuna parte. «Stiamo investendo meno di un miliardo di euro sull'intelligenza artificiale, nonostante le eccellenze italiane».
Anche Marco Gay, presidente esecutivo di Zest, ha aggiunto di non voler essere nemmeno un pezzettino piccolo di quel vaso di coccio. «Siamo un territorio forte, dobbiamo collaborare per rafforzare il sistema. C'è bisogno di innovazione con regole chiare da rispettare. L'Italia può fare la differenza tecnologica». Anche per Marco Fossataro del gruppo Fs, «l'Italia deve continuare a sviluppare la sua infrastruttura ferroviaria». Il green deal europeo è molto sfidante, anche perché il treno deve ridurre le emissioni di anidride carbonica raddoppiando la sua velocità nel 2034 e triplicandola nel 2050. Però va rilevato che servono risorse immediate per collegare tutte le capitali d'Europa» anche per stare al passo della Cina «dove hanno costruito in poco tempo 40000 chilometri» di binari.
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Da sinistra: Martino Cervo, Fabio Vaccarono, Rosario Rasizza, Giuliano Noci e Daniele Grassucci
A chiusura del panel dedicato a Lavoro, formazione e innovazione, che ha visto l’intervento del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara intervistato dal vicedirettore della VeritàFrancesco Borgonovo, è Martino Cervo. Sul palco insieme al vicedirettore della Verità,il direttore di Skuola.net Daniele Grassucci, il Ceo di Openjobmetis Rosario Rasizza, il Ceo di Multiversity Fabio Vaccarono e il prorettore del Politecnico Giuliano Noci.
Creare opportunità di lavoro e non fare elemosina. È questo l’incipit della tavola rotonda moderata da Martino Cervo. Il vicedirettore della Verità ha chiesto al direttore di Skuola.net Daniele Grassucci di approfondire quelle che sono le difficoltà a far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro osservando questo tema dal punto di vista privilegiato del mondo della scuola. «Esiste un mismatch particolarmente pesante, perché da 15 anni a questa parte le famiglie e gli studenti privilegiano i licei e di conseguenza gli istituti tecnici e professionali si sono spopolati, quindi si fa fatica a rispondere alle esigenze e alla richiesta di questo tipo di lavori. Ciò accade non solo per motivi vocazionali, ma anche per ragioni legate alla discriminazione di alcuni mestieri che ha fatto sì che si venisse a creare la mancanza di molte figure di mestieri tradizionali. Dobbiamo innanzitutto riformare e rilanciare la formazione tecnica e poi portare l'intelligenza artificiale dentro le scuole, perché non è un avversario da temere ma un compagno di lavoro».
Quando si parla di formazione e lavoro, qualcuno oggi mette in discussione e in dubbio il ruolo dell'università. In merito a questo, il prorettore del Politecnico Giuliano Noci ha le idee chiare: «Partirei da una considerazione di fondo. Il vero tema che dobbiamo considerare è il divario di competenze come fattore discriminante nello sviluppo di un territorio. Rispetto a questo è evidente che l'Italia gioca una partita di rincorsa, siamo quartultimi in Europa per competenze digitali. Abbiamo un gap molto importante che dobbiamo colmare. Il secondo elemento è che manca un disegno che noi vogliamo portare avanti come sistema Paese. Le famiglie non sanno dove iscrivere i propri figli, c’è un tema enorme di orientamento e non parlo solo del laureato ma anche dell’artigiano che è elemento distintivo del Made in Italy che oggi stiamo perdendo. Dobbiamo indirizzare le famiglie e far capire che esistono anche arti e mestieri nobili che faranno il futuro del nostro Paese e far capire dunque che siamo un Paese manifatturiero. In Cina sono ossessionati dal punto di vista dell’educazione, in altri Paesi come la Francia si fanno passi in avanti significativi. Quello che serve, quindi, è semplificare il processo di alternanza scuola lavoro tra scuole e imprese. Inoltre, facciamo in modo che ci sia una maggiore autonomia ai territori. In Italia ci sono 76 università e non è vero che sono tutte uguali, ognuna deve avere una propria specializzazione anche in base al territorio».
A prendere la parola è poi Rosario Rasizza, Ceo di Openjobmetis, la più grande azienda italiana di somministrazione di lavoro. I temi di discussione sono la formazione, i legami tra scuola e lavoro, i salari e il passaggio dall'uscita del reddito di cittadinanza che ha contribuito a creare un mismatch tra domanda e offerta di lavoro. «Oggi siamo in una condizione paradossale, abbiamo più offerta di lavoro di quella che riusciamo a coprire» - afferma Rasizza - «Mancano le figure, mancano le persone. I nostri giovani hanno un rapporto con il lavoro un po’ particolare e la colpa è di noi genitori che non insegniamo loro la fatica di cercarsi un posto di lavoro. A scuola bisognerebbe insegnare come fare un colloquio, come stare davanti a un imprenditore. Siamo in una fase particolare, ma il lavoro deve essere veloce, serve meno burocrazia, solo così possiamo fare qualcosa di buono».
Infine, con Fabio Vaccarono, Ceo di Multiversity, uno più grandi player in ambito di formazione di università telematiche, si parla della contrapposizione tra le università digitali e quelle tradizionali: «Il ritardo italiano sulle competenze è molto grave rispetto agli altri Paesi europei» - dice Vaccarono - «Dobbiamo unire le forze delle eccellenze universitarie tradizionali e digitali per aiutare il nostro Paese a uscire da questa condizione e tenere il passo degli altri Paesi, oppure avremo un’ecatombe sociale. La contrapposizione è solo formale, perché tre quarti dei nostri studenti sono studenti lavoratori che hanno quindi la possibilità di fare quella che chiamiamo alternanza scuola-lavoro».
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