2023-10-09
Resistenza palestinese? Ora basta ambiguità
Da Massimo D’Alema a Laura Boldrini, fino ad Anpi e Amnesty international. Fra i progressisti la jihad è di moda. Adesso dovranno scegliere.«Perché avete titolato sugli amici della sinistra che distruggono Israele?». Me lo ha chiesto ieri mattina, in diretta, Luigi Santarelli, conduttore di Rtl, la radio delle very normal people. La risposta è nei fatti: il terrorismo islamico sta provando a cancellare dalla faccia della terra l’unica democrazia del Medioriente. E per anni la sinistra è andata a braccetto con qualsiasi causa fosse contro il governo di Gerusalemme. Non c’è solo Massimo D’Alema, che da ministro degli Esteri si accompagnava con i dirigenti di un movimento terroristico come Hezbollah, da sempre nemico di Israele, e che proprio ieri ha ripreso a bombardare le postazioni nei pressi di Shebaa farm, al confine libanese-siriano sulle alture del Golan. Ci sono anche tanti capi e capetti di gruppuscoli rossi, giornalisti e intellettuali di testate progressiste, cantanti e rettori in cerca di visibilità, che a lungo hanno strizzato l’occhio alla causa palestinese, senza far distinzione fra terroristi e movimenti pacifinti. Ne sono prova le reazioni che da sabato mattina, ovvero da quando Hamas e la Jihad islamica hanno scatenato un’offensiva contro Israele, si sono avute sui social. La notizia di un’offensiva militare e disumana contro gli insediamenti dei coloni, invece di suscitare ribrezzo ed esecrazione, ha alimentato un tifo da stadio, quasi si fosse di fronte a una partita tra squadre avversarie da mettere sullo stesso piano. Hamas, la Jihad e tante altre sigle della galassia palestinese sono gruppi terroristici che puntano alla distruzione dello Stato d’Israele. E dunque, chi dice di amare la libertà e la democrazia non può avere simpatia per questi personaggi. Eppure, per anni sono stati coccolati e invitati a rappresentare le loro ragioni. Non penso solo a quelli di Potere al popolo, partitucolo vetero-comunista che sabato, dopo l’incursione contro i civili israeliani, ha parlato di «controffensiva contro l’occupante» accusando Gerusalemme di «pulizia etnica» contro i palestinesi. Mi riferisco anche ai molti movimenti e alle Ong che invece di prendere le distanze dalla violenza sistematica praticata dai gruppi palestinesi hanno continuato ad avallare la tesi di un apartheid israeliano nei confronti della popolazione della Striscia di Gaza. Se sono stati costruiti muri non è stato per un disegno segregazionista, ma per fermare le incursioni terroristiche, di chi ha come unico obiettivo la distruzione delle città israeliane. Da Amnesty international a Save the children, da anni celebrano la giornata internazionale di solidarietà con la popolazione palestinese. Ma c’è anche chi fa peggio, come l’Anpi, che dà voce ai rappresentanti dei gruppi più estremisti della cosiddetta resistenza palestinese. O chi, come Laura Boldrini, Matteo Orfini e Nicola Fratoianni, non si fa problemi nello stringere la mano a persone sospettate di essere finanziatori di Hamas, come Muhammad Hannoun, segnalato all’antiricilaggio per transazioni sospette.Sì, curiosamente la causa palestinese, anche quando rappresentata da figure discutibili, a sinistra ha sempre goduto di un gran favore. Ma oggi siamo arrivati a un bivio che non consente più alcuna ambiguità. Le immagini dei corpi dei civili uccisi, le fotografie delle donne rapite, la caccia casa per casa all’ebreo non permettono distinguo. Questa non è una guerra fra due eserciti. E non è nemmeno un atto di resistenza contro una presunta occupazione. Qui siamo di fronte a una pulizia etnica, dove anche un bambino israeliano è ritenuto un nemico. Con questa operazione, Hamas e la Jihad islamica di sono rivelati per quel che sono: terroristi e criminali che inseguono un nuovo olocausto. Lo sterminio di ogni ebreo è il loro obiettivo. E dunque, nessun traccheggiamento o equidistanza sono più possibili. O si sta con Israele o si è dalla parte dei nazisti con la kefiah.Ps. Carlo Pelanda su queste pagine ha scritto che è ora di accogliere Israele nella Ue per toglierlo all’isolazionismo a cui è condannato fin dalla sua fondazione. Beh, per quel che mi riguarda, sarebbe più utile associarlo alla Nato. Israele è il baluardo dell’Occidente nel Medio Oriente. Difenderlo è dunque nostro compito.
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