2023-02-01
La resa al digiuno sarebbe un regalo ai boss
Faccio una premessa: di Alfredo Cospito non m’importa un bel niente. Il «martire» che intellettuali e politici hanno preso a cuore non è un emulo di Marco Pannella, ma un anarchico che ha sparato a sangue freddo a un manager, il quale aveva il solo torto di lavorare in un’azienda che costruisce centrali nucleari.Il nuovo digiunatore è un terrorista, responsabile di un attentato a una caserma dei carabinieri, che solo il caso ha impedito si trasformasse in una strage. In altre parole, Cospito è un criminale che non si è mai pentito dei suoi crimini e, se potesse, se cioè fosse rimesso in libertà o gli fosse consentito di comunicare con l’esterno, ne commetterebbe di nuovi. Dunque, non capisco perché per un tipo del genere dovrei commuovermi o provare compassione. Né comprendo perché lo Stato dovrebbe allentare il regime di detenzione a cui l’anarchico è stato condannato dopo regolari processi. I reclusi al 41 bis, il cosiddetto carcere duro, in Italia sono quasi 800 e non c’è alcuna ragione per fare un’eccezione. Forse aver commesso gravi reati per motivi ideologici rende Cospito speciale, rispetto ad altri che a differenza sua non appartengono a un’organizzazione terroristica, ma «semplicemente» mafiosa? Anche soltanto questa semplice considerazione basterebbe a spazzare il cumulo di chiacchiere dei giorni scorsi. La pietà non è concessa in base all’appartenenza politica. E se un delinquente è giudicato pericoloso, lo è a prescindere dai motivi che lo hanno portato a delinquere.Tuttavia, c’è un’altra ragione che rende impraticabile qualsiasi richiesta di revoca del 41 bis. Cospito e i suoi vogliono abbattere lo Stato e combatterne i servitori. Finché ha potuto, l’anarchico pescarese lo ha fatto con le armi, sparando e organizzando attentati. Poi, una volta arrestato e condannato, ha cambiato strategia, ispirando la lotta dal carcere. Secondo i magistrati, ha mantenuto forti collegamenti con il mondo dell’eversione e per questo, per impedirgli di comunicare con l’esterno, hanno richiesto il carcere duro. In risposta al giro di vite, il «martire» ha trasformato la sua guerra contro lo Stato in una battaglia contro il 41 bis, ossia contro una misura che fu adottata dopo le stragi di mafia in cui vennero uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per costringere il governo a revocare il provvedimento, Totò Riina e i suoi sodali organizzarono una serie di stragi che insanguinarono l’Italia, senza però ottenere alcun allentamento del regime carcerario. Per anni, i capi delle organizzazioni criminali hanno provato a chiedere che il cosiddetto ergastolo ostativo, che non consente benefici di alcun tipo, fosse modificato, ma non sono mai riusciti a raggiungere il loro obiettivo. Ora ci riprovano con Cospito. I magistrati hanno registrato i colloqui fra il terrorista e alcuni boss all’interno del carcere di Sassari. Nelle ore d’aria l’anarchico ha incontrato camorristi e ’ndranghetisti, ma anche il mafioso che preparò la bomba della strage di Capaci. Con la sua battaglia contro il 41 bis, Cospito è diventato dunque un’arma contro lo Stato. Abbattere il carcere duro, non solo per sé stesso ma per tutti, è un modo di proseguire la lotta contro il potere a cui da anni ha dichiarato guerra. Il suo digiuno è la bomba innescata dai terroristi che egli rappresenta e dai mafiosi ai quali si è legato. Cedere di fronte al suo digiuno sarebbe dunque come cedere alle pressioni dei Matteo Messina Denaro e dei suoi compagni di mafia. Dunque, a prescindere dalla sorte di Cospito, il quale è responsabile del suo destino, lo Stato non può in alcun modo piegarsi al ricatto delle cosche. Come non si arrese davanti alle bombe, non può arrendersi davanti a una bomba umana chiamata Cospito.