Federico Sboarina non si pente del mancato accordo con Flavio Tosi, che accusa Giorgia Meloni: «Scegliere il candidato sbagliato è il suicidio perfetto». Nella Lega non esulta nemmeno Luca Zaia. E Damiano Tommasi si tiene sempre lontano dalla sinistra.
Federico Sboarina non si pente del mancato accordo con Flavio Tosi, che accusa Giorgia Meloni: «Scegliere il candidato sbagliato è il suicidio perfetto». Nella Lega non esulta nemmeno Luca Zaia. E Damiano Tommasi si tiene sempre lontano dalla sinistra.Nessuna sorpresa. Si prevedeva un suicidio e suicidio è stato. Dopo 15 anni il centrosinistra si è ripreso Verona, dove il centrodestra regnava incontrastato dal 2007, dopo l’ultima giunta guidata da Paolo Zanotto. E lo ha fatto con un candidato civico, ex vero centrocampista: Damiano Tommasi votato dal 53,5% dei cittadini che lo hanno preferito al sindaco uscente Federico Sboarina che si è fermato al 46,6%. Il centrodestra ha pagato le divisioni interne ma anche l’indisponibilità di Sboarina, portato da Fdi, a un accordo di «apparentamento» con l’ex sindaco leghista Flavio Tosi che al primo turno aveva ottenuto il 24% con il sostegno di Forza Italia e Italia Viva. Nessun trionfo del partito di Enrico Letta, dunque, piuttosto la vittoria di una scelta «tafazziana» legata a questioni di lista, campanile ma anche pallottoliere. Dopo il primo turno, malgrado il risultato non rassicurante, Sboarina è stato il protagonista del «gran rifiuto» dell’apparentamento propostogli da Tosi perché avrebbe dovuto cedere posti di peso in giunta dove si sarebbero ritrovati due sindaci, l’eletto e l’emerito, che certo avrebbe preteso una carica di peso in maggioranza. Un rifiuto definito «scellerato» dallo stesso Tosi, ma anche «un errore madornale» secondo Matteo Salvini che nel 2015 cacciò l’ex sindaco sceriffo dal partito facendolo decadere da «segretario e militante» della Liga Veneta e della Lega Nord. Insomma, Sboarina ha preferito andare da solo e a nulla sarebbe valso un colloquio con la leader Giorgia Meloni che comunque ha sempre difeso la «scelta autonoma» del suo candidato confidando nel soccorso dei veronesi (anche loro abbastanza assenteisti come nelle altre città). E domenica sera, a spoglio ancora in corso ma con l’esito già definito, Sboarina, dopo aver telefonato a Tommasi per i complimenti di rito, ha ribadito: «Non sono pentito, è una scelta che rifarei, la mia gente non mai stata carica come in questi ultimi giorni. Abbiamo preso 8.000 voti in più rispetto al primo turno, che purtroppo non sono bastati. A Tosi avevo proposto un accordo di programma, con una squadra condivisa. Ma l’apparentamento sarebbe stato un accordo di palazzo, che i nostri non avrebbero capito». Dalla Meloni soltanto un messaggio dopo la sconfitta, forse perché anche alla leader di Fdi è servita la notte per riflettere sulla scelta del candidato su cui la Lega non aveva puntato ma aveva chiesto «posti» in caso di vittoria, ma anche per chiedere subito un incontro di coalizione, mentre Forza Italia aveva preferito giocare la carta Tosi chiamandosi fuori. E proprio Tosi, che alla vigilia del ballottaggio avrebbe detto al suo elettorato di disertare le urne, ieri è stato tranchant: «La Meloni ha imposto un sindaco sbagliato: suicidio perfetto». E ponendosi come il leader di un nuovo centrodestra, tutto da rifondare, ha attaccato: «Zaia ha sbattuto la porta». Per Tosi, infatti, una parte di responsabilità della sconfitta è del governatore veneto Luca Zaia contrario all’apparentamento che ha immediatamente replicato: «Vorrei ricordare che, dopo ogni campagna amministrativa, ci troviamo sempre con dei vincitori e degli sconfitti e ogni risultato va riconosciuto, però è pur vero che da qui a pensare che ogni elezione sia una regola per parlare di politica, di successo o insuccesso del centrodestra piuttosto che del centrosinistra, mi sembra abbastanza fuori luogo». Certo è che Zaia era in contrasto con il suo leader Salvini che invece era accordo a capitalizzare quel 23% conquistato da Tosi al primo turno. Si rafforza quindi il segretario del Carroccio nei confronti dei presidenti regionali governisti che, con questo turno amministrativo, speravano nella spallata a Salvini, che ieri ha avuto subito un confronto con Giancarlo Giorgetti, il suo ministro più draghiano.E se la sconfitta di Verona è altamente simbolica per un centrodestra che deve ritrovare la sua unità strategica in vista delle prossime regionali in Sicilia ma soprattutto in vista delle politiche del prossimo anno, la vittoria di Tommasi è molto meno di sinistra di quanto il Pd e il suo campo largo (oltre al M5s c’era anche Calenda) vogliano far passare. Nato a Negrar di Valpolicella, 48 anni, cresciuto tra parrocchie e oratori («vengo da una cultura cattolica e progressista»), centrocampista della Roma dello scudetto guidata da Fabio Capello, 25 volte in Nazionale, ex presidente dell’Associazione italiana calciatori, sposato, sei figli, gestisce una scuola bilingue paritaria alle porte di Verona ispirata agli insegnamenti di don Milani, con un impegno nel servizio civile come obiettore di coscienza. Definito ironicamente con il nome di «anima candida» dai compagni giallorossi, Tommasi presentandosi con una lista civica di 36 volti nuovi ha fatto una campagna elettorale incontrando i cittadini nei quartieri ed evitando tv e comizi e quando i big nazionali sono arrivati nella città dell’Arena li ha lasciati soli nelle piazze. «Ci siamo messi in gioco. La voglia di partecipazione credo sia stata la vera chiave della campagna elettorale. Verona aveva voglia di girare pagina e lo ha dimostrato», ha detto il neo sindaco che dopo aver risposto al telefono al suo papà, ha aggiunto: «Si vince parlando di progetti senza denigrare l’avversario, senza insultare o provocare. Verona è tanto altro rispetto a quanto visto finora».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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