2024-02-13
«Repubblica» si fa smentire persino dalla Ue
Il giornale degli Elkann s’inventa un’ispezione dell’Europa al governo. Ma non esiste.Poi uno si lamenta se lo critichi, dicendo che la libertà di stampa è minacciata. Ma se un giorno scrivi in prima pagina che l’Italia è in vendita, perché cedono il 4% delle Poste, e un altro annunci che l’Italia è sotto esame della Ue, quando non c’è nessuna indagine dell’Europa, che vuoi che ti dicano? Sì, Repubblica c’è ricascata. Ieri mattina se n’è uscita con una notizia che faceva sembrare il nostro Paese una via di mezzo tra Polonia e Ungheria sui diritti e la libertà di espressione. «Oggi a Roma i tecnici della commissione interrogano l’esecutivo su 19 quesiti, tra i quali il premierato». Poi, però, scopri che non è vero niente. Infatti, il portavoce dell’Unione ha sentito il dovere di precisare che non esiste alcuna ispezione. «Stamattina sono iniziate le riunioni virtuali specifiche per Paese, a livello tecnico, durante le quali abbiamo normali scambi con le controparti». Niente di più, niente di meno. Quello con l’Italia è un incontro online, come accade con tutti gli Stati membri, e la discussione si svolge sulla base di un questionario generale uguale per tutti. Insomma, l’Italia non è un sorvegliato speciale all’interno della Ue ma è, come tutti gli altri Paesi, soggetta a verifiche periodiche che riguardano il sistema giudiziario, le misure anticorruzione, il pluralismo dei media e i pesi e contrappesi istituzionali. In altre parole, il governo Meloni non è sul banco degli imputati, come invece vorrebbe Repubblica che, non riuscendo a ottenere che in ogni Procura d’Italia si apra un fascicolo a carico dell’attuale maggioranza, confida probabilmente che qualche cosa del genere accada a Bruxelles.Ma a proposito di indagini, curiosamente l’unica vera inchiesta degna di nota, ossia quella a carico di John Elkann per ipotesi di violazione delle norme fiscali, con conseguenti accertamenti su presunti tesoretti esteri sottratti al fisco, non trova mai spazio sulla prima pagina del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Curioso, perché proprio la scorsa settimana, cioè prima che ci fosse l’iscrizione nel registro degli indagati del presidente di Stellantis, a Repubblica avevano rivendicato la propria indipendenza dall’editore, giudicando ingiuriose per la libertà di stampa le frasi che il presidente del Consiglio aveva rivolto alla testata dopo il famoso titolo sull’Italia in vendita. Le parole del premier non erano offensive, ma soltanto irridenti: infatti, di fronte all’accusa di aver messo sul mercato il Paese con la privatizzazione di una quota di minoranza di Poste, Meloni aveva detto che i soli a mettere in vendita qualche cosa erano stati gli Agnelli, che avevano portato la sede della Fiat in Olanda, cedendola poi ai francesi. Tutto vero, peraltro, ma tutto così ficcante da aver provocato la reazione stizzita della direzione di Repubblica che, per l’occasione, ha scomodato l’articolo 21 della Costituzione, facendo scendere in campo il sindacato giornalisti italiani e pure quello dei cronisti d’Europa, incurante del ridicolo.Però, passata la buriana, ecco Repubblica alla prova dei fatti. I pm indagano l’editore e alcuni suoi collaboratori, poi iniziano a interrogare i domestici di casa Agnelli e il baluardo dell’indipendenza e della libertà di stampa che fa? Se la fa sotto. Niente titolo in prima pagina ma, soprattutto, niente titoli nei giorni a seguire. Il primo giorno, articolo rigorosamente confinato nelle pagine interne, il più lontano possibile, poi la questione è fatta cadere come se in Procura non stessero facendo accertamenti. Come se non ci fossero aspetti da chiarire riguardo alla dichiarazione dei redditi e alle società in Paesi esteri poco noti al Fisco.Un esempio di indipendenza, come dice Repubblica? Sì, dalla cronaca. Una straordinaria prova di libertà di stampa? No, di libertà dalle notizie. Così, le uniche inchieste che affiorano in prima pagina sono quelle farlocche della Ue. Per fortuna che nessuno fa l’esame a Repubblica, come il quotidiano pretende di farlo all’Italia, o meglio, al governo.