2024-03-12
Rosso alle corde nella guerra dell’Amarone
A sinistra, Renzo Rosso. A destra, Sandro Boscaini (Imagoeconomica-Getty Images)
Il re dei jeans voleva scalare la Masi, cantina regina del vino della Valpolicella, ma sarà costretto a battere in ritirata. L’assemblea dei soci ha trasformato l’azienda in una società «benefit», che dovrà curare pure gli interessi dei dipendenti.Il Rosso muove e perde in due mosse. La Masi cambia lo statuto e concede ai soci di minoranza di esercitare, hanno tempo fino al 22 marzo, il diritto di recesso vedendosi ricomprate le azioni a 4,48 euro. Si potrebbe riassumere così la guerra che uno dei padroni della moda che ha fatto i soldi con i jeans Diesel ha dichiarato a una delle «case» vinicole di maggior valore in Europa. Renzo Rosso contesta il prezzo, ma non sembra avere tante scelte: o prende questa way out oppure s’impalca in una contesa legale senza possibilità di armistizio. Anche perché ora la Masi, dopo le deliberazioni dell’ultima assemblea - elegge il Cda non per lista, ma per singoli candidati e al posto del collegio sindacale ha un comitato di controllo saldamente in mano alla famiglia Boscaini. Per andarsene l’uomo dei pantaloni vuole di più e mobilita gli avvocati. Il prezzo di 4,48 euro secondo lui è troppo più basso rispetto alla quotazione (Masi sta sui massimi a 5,40 euro e ha una capitalizzazione di 176 milioni, circa 40 volte l’utile) ma è anche vero che è il 42% in più del prezzo di carico; Rosso ha comprato nel 2020 a 3,15 euro. Però prima ancora che uno scontro finanziario si tratta dell’incompatibilità di due modi di concepire l’azienda, l’economia, il business. E in ultimo anche il vino, ammesso che a uno dei due contendenti della «contesa della Valpolicella» interessi davvero. Da una parte c’è Sandro Boscaini, lo chiamano non a caso mister Amarone, che incarna la migliore tradizione d’imprenditoria agricola italiana. Un gentleman che sa di finanza, di impresa, che ha portato avanti il suo gruppo familiare, i Boscaini hanno alle spalle 250 vendemmie, sul doppio binario del rispetto delle radici e dalle necessarie innovazione e ricerca. Tanto in vigna quanto nella gestione. La Masi è la sola cantina italiana quotata all’ Euronext Growth Milan (la Borsa di Milano per le Pmi). Quando era presidente di Federvini Sandro Boscaini avviò una riflessione su vino e finanza, sulla necessità per le cantine di reperire capitali per svilupparsi. Ora forse si è ricreduto. Eppure gli esempi in giro per il mondo ci sono: molti fondi americani investono in vino, c’è un indice delle quotazioni delle bottiglie di pregio. Quasi tutti i grandi della moda francese possiedono cantine, ma le rispettano. Si valutano solo i risultati commerciali senza interferire nella gestione. Dall’altra c’è una visione mass market dei prodotti, l’idea che la finanza può tutto. Rosso ha sperimentato in molte occasioni una sua strategia: entrare con una quota di minoranza in una società, imporre un’accelerazione allo sviluppo liberandosi poi degli altri soci. Ha provato a farlo anche nel vino. È partito a Marostica con la Diesel Farm, si è allargato costituendo la Brawe wine dove ha la partecipazione nella siciliana Benanti e nella piemontese Josetta Safiro. A coordinare il settore vino c’è la moglie del tycoon accreditato di una potenza economica che passa i tre miliardi. Arianna Alessi attraverso la Red circle investment controlla la Brawe Vine. In questo portafoglio ci sta anche il 10% della Masi. E lì Rosso ha provato l’attacco. La strategia? Mettere in difficoltà i Boscaini che detengono il controllo ferreo dell’azienda (il 75% è in mano alla famiglia legato da un patto di sindacato) e convincerli a passare in minoranza per fare della Masi con i marchi collegati (Serego Alighieri eredi diretti di Dante, Canevel, Bossi Fedrigotti, i tenimenti Tupungato in Argentina e Bello Ovile in Toscana, Casa Re in Oltrepò l’ultima acquisizione) la piattaforma di un’offensiva mass market sui vini di qualità. Così Rosso che prima ha comprato un 5% poi elevato al 10% delle quote ha iniziato una serie di azioni legali contro la società. La più clamorosa è la richiesta avanzata da Red Circle nel giugno scorso al Tribunale di Venezia di dichiarare nullo il bilancio sia di gestione e che consolidato della Masi. Per tutta risposta la Masi ha contro-denunciato Rosso che nel frattempo ha fatto posto nel cda della cantina di Valpolicella alla moglie. Ora siamo all’epilogo. Com’era negli intendimenti degli azionisti (Masi ha chiuso il 2022 con 75 milioni di fatturato e un utile lordo del 18%) l’assemblea dei soci ha trasformato l’azienda un una spa Benefit. Lo statuto societario ora impone a chi amministra l’obbligo di bilanciare gli interessi degli azionisti (il profitto) con l’interesse pubblico (a esempio un corretto rapporto con l’ambiente) e con quello dei dipendenti (dal welfare aziendale alla professionalizzazione passando per il trattamento economico). Spiega Sandro Boscaini , Ad e presidente di Masi, «non è altro che la traduzione in atto costitutivo dell’azienda del nostro costante impegno per l’ambiente, per un ruolo sociale dell’impresa e sostenere chi lavora con noi. Chi fa vino produce cultura materiale e desiderio buona vita.» Spiegarlo a Rosso pare complicato; però o mangia questa minestra, in abbinamento con l’Amarone, o resta in braghe di tela.
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