2025-01-08
Renzi strepita ma voleva consegnare la cybersicurezza all’amico Carrai
Il Rottamatore, che attacca Starlink, progettava di affidare un’agenzia al sodale e ha lanciato Andrea Stroppa, oggi braccio destro di Elon Musk. Andrea Bacci, l’ex socio di babbo Tiziano, puntava a guidare Sparkle e guardava a Huawei.Ogni mattina, in Italia, un lettore si sveglia e sa che troverà un’intervista di Matteo Renzi sul Corriere della sera. Nelle scorse ore, sul sito del quotidiano di via Solferino, il fu Rottamatore si è bullato di aver fatto saltare, o per lo meno ritardare, l’accordo (senza gara, denuncia l’ex premier) da 1,5 miliardi di euro per l’utilizzo, da parte del governo italiano, della rete satellitare Starlink, di proprietà di Elon Musk. Un servizio che porterebbe a far viaggiare miliardi di dati sensibili sulla rete di un eccentrico miliardario sudafricano con incarichi di governo negli Stati Uniti. Renzi gode per il piccolo successo e trilla «È politica, ragazzi, po-li-ti-ca!». E sottolinea come certe battaglie le porti avanti solo lui. Colpisce che a preoccuparsi per la mancanza di trasparenza nell’affidamento dell’appalto miliardario (ma la conclusione dell’accordo è stata negata dal governo), sia un uomo che l’anno scorso ha incassato redditi per 3,2 milioni di euro provenienti in parte da conferenze, ma, soprattutto, da consulenze offerte a regimi non proprio democratici come l’Arabia Saudita o a società di altri Paesi non occidentali. Per esempio, in passato, avrebbe offerto i suoi servigi ad aziende cinesi e russe. In tv, quando gli hanno fatto vedere un tweet di Musk sul possibile accordo («Pronti a fornire all’Italia la connettività più sicura e avanzata»), Renzi ha tirato fuori il bazooka: «La space economy è un tema cruciale […] quindi prendiamo il migliore… il migliore è Musk? Possiamo discutere […] Ma non è che tu vai a fare una cena e dai 1,5 miliardi al tuo amico che è venuto ad Atreju», ha detto riferendosi al rapporto tra Musk e Meloni.Ma il conduttore non ha avuto la prontezza di ricordare a Renzi quando lui pensò di dar vita a un’agenzia per la cybersecurity e di farla gestire a Marco Carrai, suo amico e stretto collaboratore, il giovanotto che aveva affittato un mezzanino per dargli riparo quando era sindaco di Firenze. La nomina saltò per i dubbi del Quirinale, anche perché Carrai era in palese conflitto di interessi. Infatti, nel 2012, aveva fondato una società di cybersecurity, la Cys4. Ma l’imprenditore aveva anche un altro problema: rapporti molto stretti con Israele e la sua intelligence e quote di una società lussemburghese, la Wadi ventures management company sarl, finita poi sotto i riflettori della Procura di Firenze.I magistrati toscani, dopo aver perquisito Carrai, addirittura inviarono al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) un dossier in cui erano evidenziati i contatti con una serie di personaggi riconducibili, almeno potenzialmente, a servizi segreti esteri, in particolare al Mossad.Ma questo non impedì a Renzi di pensare di mettere il fedele amico (compagno di viaggio e di affari anche, per esempio, nella Penisola arabica) a capo di un’agenzia strategica per la difesa del Paese. Ma la leggerezza con cui Renzi e il suo entourage trattavano temi sensibili come la sicurezza nazionale è ben rappresentata da altri due aneddoti che riguardano un altro fundraiser di Renzi. Stiamo parlando dell’imprenditore Andrea Bacci, l’ex socio di babbo Tiziano, che ha visto crescere Matteo. Ma gli ha anche ristrutturato la villa di Pontassieve e gli ha messo a disposizione auto e chauffeur per i suoi viaggi.Da parte sua il fu Rottamatore lo ha gratificato con un paio di incarichi in aziende partecipate. Ebbene, a un certo punto, Bacci è diventato il presidente in pectore di Telecom Sparkle, azienda che gestisce i cavi sottomarini, altro settore strategico. Qui entra in gioco pure il faccendiere Piero Amara che avrebbe suggerito ai vertici di Telecom il nome di Bacci. Il quale, con noi, ha ricostruito come tramontò la nomina: «Dissi: “Guardate che sono un uomo di Renzi, prima di rispondervi ho bisogno di avere un’autorizzazione da lui”. Così una mattina passai dal suo parrucchiere in via di Sant’Agostino per dirgli della proposta che mi avevano fatto e lui mi rispose “subito, di corsa”. Poi molto probabilmente o è cambiato qualcosa o Renzi mi ha preso per il culo».Amara, pluricondannato per svariati reati, ai magistrati ha anche raccontato che, dopo essere stato presentato da Bacci, aveva firmato un contratto di consulenza con la compagnia telefonica cinese Huawei: «Dopo tale designazione ho organizzato degli incontri a Palazzo Chigi. lo avrei preso dei soldi, senza di fatto fare alcuna attività» ha detto a verbale.E Bacci, nel settembre del 2015, inviò in anteprima all’allora ceo di Huawei Italia la bozza del piano del governo per la banda ultralarga, ricevendo in cambio dei suggerimenti e un’entusiastica lettera di accompagnamento in cui si ringraziava per l’«opportunità» ricevuta. Insomma i Renzi boys gestivano in modo piuttosto sportivo i dossier delicati. E a questa nostra ricostruzione manca il capitolo più importante. Che ha anticipato lo stesso Renzi in tv: «Il braccio destro di Elon Musk è un ragazzo che abbiamo portato a lavorare per noi, si chiama Andrea Stroppa […] è quello che quando la Meloni va da Trump il ministro degli Esteri, Tajani, non lo sa e Stroppa fa un tweet per dire che (la premier, ndr) sta andando da Trump».Stroppa è indagato a Roma per corruzione in un filone dell’inchiesta su un presunto giro di mazzette dentro a Sogei spa. È sospettato di aver ottenuto informazioni riservate da un ufficiale in servizio presso il ministero della Difesa mentre era in corso l’iter tecnico di pianificazione del progetto Starlink. Ma, se questo nerd di Tor Pignattara è arrivato a frequentare certi mondi, deve ringraziare, come ha ammesso lo stesso Renzi, l’ex premier e l’amico Carrai. La partenza non era stata delle migliori. Nel 2013 Stroppa è accusato di aver bucato insieme ad altri «hacktivisti» di Anonymous alcuni siti istituzionali. Viene processato a piede libero e, dopo la condanna, ottiene il perdono giudiziale. Subito dopo un importante editore romano lo presenta a Carrai, il quale lo prende a collaborare nella sua Cys4 e gli spalanca le porte del Giglio magico. Il giovane informatico, a fine 2017, presenta, alla Leopolda di Firenze, la kermesse renziana, un report anti Lega e Movimento 5 stelle, accusati, con argomenti fumosissimi (l’utilizzo di codici comuni per la raccolta pubblicitaria), di avere una strategia condivisa per produrre fake news sui social contro il Pd. Il dossier, che tira in ballo persino la Russia e Vladimir Putin, viene rilanciato dai media progressisti anche fuori dai confini nazionali. Stroppa, che nel frattempo con un russo, lui sì, si è messo a fare affari (con il programmatore Pavel Lev fonda una società, la Ghost data che produce un software per stanare estremisti islamici), è promosso sul campo traslocatore in chief (aiuta l’ex primo ministro a portar via le sue cose da Palazzo Chigi) e capo della struttura «non ufficiale» della Bestiolina social renziana. Nel «Progetto per ricostruire l’Italia» viene prospettata la «realizzazione di siti civetta» destinati, sul modello dei 5 stelle, «al metodico sputtanamento dell’avversario». Tra il 2016 e il 2018 riceve dalla Fondazione Open, per i suoi servizi tecnici, circa 60.000 euro. Offre consulenze pure al Comitato per il sì al referendum del 2016, al Pd, alla Cgil e al gruppo editoriale Gedi. In quegli anni diventa anche consigliere di amministrazione nella fondazione di Lapo Elkann, da lui definito «amico straordinario». Ma, negli ultimi anni, il miglior cliente di Stroppa diventa Unipol, dove arriva sempre grazie a Carrai, dopo che la holding aveva subito «attacchi reputazionali».Una nostra autorevole fonte ci aveva spiegato che Stroppa non è un vero è proprio smanettone e deve la sua notorietà mediatica alla frequentazione di uno dei migliori hacker di Carrai: «Di cybersecurity il ragazzo capisce poco, mentre è bravo a spulciare sui social network. Di fronte a un attacco hacker a un sito non sa che fare, ma è molto capace nel ripulire il Web da commenti negativi».Una specializzazione che lo porta al grande salto tra le braccia di Musk: quando il patron di Tesla viene accusato di molestie sessuali ai danni di una hostess della sua compagnia aerospaziale, Stroppa scopre, dopo un’attenta analisi, che, sul Web, molti attacchi all’imprenditore provengono da falsi profili (bot). Musk rilancia immediatamente la ricerca sull’«Elongate» e inizia a seguire sui social Stroppa e questi, quando l’imprenditore sudafricano va a caccia di finanziatori per la scalata a Twitter, gli porta Unipol.Il resto è storia dei giorni nostri. Ma sentire Renzi dare lezioni di trasparenza alla Meloni fa un po’ sorridere.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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