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2018-06-26
Renzi: «Visto? Senza di me si perde». E si darà alla tv con Lucio Presta
Incredibile sms dell'ex premier ai fedelissimi: «La sinistra di Oliviero Toscani e Carlo Calenda funziona solo sui giornali». Invece la sua... Intanto lavora con l'amico agente dei Vip a un programma di quattro puntate sulla storia di Firenze.Sberle al Giglio pure sulla Leopolda. Si sfila dal bando comunale la società (con Luca Lotti) interessata alla stazione.Lo speciale contiene due articoli.Ormai anche gli ex fedelissimi lo sbertucciano e quando «Lui» invia la comanda ci scherzano sopra. Per la verità c'è pure chi si incazza. Come ieri mattina, quando sui cellulari di diversi piddini, soprattutto toscani, è apparso l'ultimo messaggio di «Lui», alias Matteo Renzi. Con le indicazioni su come commentare la débacle elettorale. «Lui è tornato», hanno sintetizzato i più sagaci, giocando sull'accostamento con il recente film su Benito Mussolini che ricompare ai giorni nostri e diventa una star della tv. Qualcun altro ha chiosato: «Forse era meglio se stava dov'era». All'estero. In attesa di sbarcare, presto, come il finto Duce, sui nostri teleschermi con un programma tutto suo. I confidenti raccontano di un Matteo un po' stralunato che, come in un vecchio programma di Teo Mammuccari, chiama a sorpresa e spiazza l'interlocutore: «Fammi un nome per il segretario nazionale» è l'ultimo mantra. Come se si trattasse di una faccenda che si può sbrigare con un sondaggino tra amici.Ma torniamo al messaggio antelucano del Capo trasmesso alle truppe scelte dall'addetto ai social di Matteo, Alessio De Giorgi. L'incipit è puro renzismo: «Io direi». Tradotto: voi dovrete dire. Punto primo: «Renzi è rimasto fuori dalle amministrative, per linea strategica si è deciso di puntare su Gentiloni/Veltroni». Sottotitolo: e avete visto i risultati. Ma che cosa pensi Renzi di Paolo e Walter è implicito nel secondo punto: «Anche in Toscana si è fatto riedizione del vecchio: Pisa con Fontanelli, Siena con Piccini (Pierluigi Piccini e Paolo Fontanelli sono gli ex sindaci di Siena e Pisa imbarcati per sostenere Valentini e Serfogli, ndr). Poi non ti stupisce che Renzi non viene chiamato al ballottaggio nemmeno a Siena dove si perde per meno di 100 persone e dove una parte di moderati vota a destra». A parte che a Siena i voti di distacco sono stati quasi 400, qui l'ex premier rimarca che il vecchio ha perso e il nuovo, cioè lui, è rimasto ai box. Quindi il Matteo mattiniero sprizza un po' di bile contro quelli che ritiene i suoi nuovi competitor: «La sinistra di Oliviero Toscani e di Calenda funziona solo sui giornali. Per il Futuro (così con la maiuscola, ndr) Renzi che è all'estero (oggi a Londra) non ha preferenze. Bene congresso, bene assemblea, bene tutto». Vista la situazione, persino il fu Rottamatore consiglia di lasciar perdere diktat e proclami: «Evitiamo “i renziani vogliono", “i renziani chiedono"» scrive ai suoi. Ma è a questo punto che Renzi sembra perdere completamente la lucidità e rivendica vittorie che solo a nominarle sembrano la gag di un comico toscano: «Nelle zone rosse vinciamo solo a Firenze (ricorderei Marradi, Impruneta, Poggio a Casino - sic, ndr - e adesso Campi Bisenzio: 4 su 4)». A parte che Poggio si chiama «a Caiano» e che forse il «casino» era nella testa del conducator, ciò che fa veramente sorridere è pensare che Renzi, l'uomo del 41 per cento alle Europee del 2014, abbia deciso di trasformare il suo collegio elettorale, quello del 4 su 4, nella sua Salò. E va bene che Campi Bisenzio ha 47.000 abitanti, ma Marradi ne ha 3.000, Poggio 10.000, Impruneta 14.000. Un'enclave con 75.000 persone in tutto.Però è nella chiosa che al Bullo scappa la frizione: «I renzianissimi dove corrono vincono: da Salsomaggiore a Siracusa (in questo caso contro il Pd)». Chissà se il primo cittadino rieletto della città di Miss Italia (Filippo Fritelli) e quello della terra natia di Archimede (Francesco Italia) saranno felici di essere bollati come «renzianissimi». Comunque la summa del messaggio è lapalissiana: i proconsoli di Matteo vincono persino contro il Pd, il Pd perde quando rinuncia a Renzi. Forse amici e famigliari dovrebbero ricordare all'autore del vademecum che la scoppola referendaria, da cui è principiato tutto, l'ha presa Lui. Ma in pochi hanno il coraggio di criticarlo in faccia. Preferiscono farlo alle spalle. Ieri, dopo la sconfitta, un manipolo di piddini che contano ha iniziato un intenso giro di telefonate per cercare un candidato forte per la segreteria del Pd toscano. Un nome non renziano. O almeno un ex renziano che «Matteo dovrà digerire». E alcuni sono stati sondati in tempo reale. All'interno della fronda, sempre ieri, è stato molto criticato il ristretto vertice di venerdì scorso organizzato da Matteo con la sua cerchia ristretta, a partire da Luca Lotti e dal senatore Andrea Marcucci, ma che comprende pure alcuni consiglieri regionali, mentre importanti collettori di voti, in particolare l'assessore toscano Stefania Saccardi, il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani e il sindaco di Firenze Dario Nardella, sarebbero stati esclusi dall'incontro. Diversi aspiranti congiurati hanno ricordato che la vittoria del 2017 nel fortino bianco di Lucca ha portato anziché alla promozione del suo artefice, l'ex responsabile regionale degli enti locali Stefano Bruzzesi, alla sua retrocessione (le deleghe sono state trasferite al segretario regionale Dario Parrini). Ora Bruzzesi avrebbe pronte le valigie e non sarebbe insensibile al corteggiamento della Lega. «Sono insopportabili, il loro sistema non funziona, difendere gli amici degli amici non va bene», è stato il commento di un importante esponente dem nei confronti dei reduci renziani. Tra i bersagli preferiti, il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, compagno di scranno di Matteo a Palazzo Madama. Sono in molti a sussurrare che il vero cuore del potere gigliato sia nel forziere controllato dal senatore. Su cui hanno messo gli occhi i carabinieri di Roma nell'inchiesta sull'imprenditore Luca Parnasi. In particolare, le indagini si stanno concentrando sulla fondazione Eyu, presieduta dallo stesso Bonifazi e destinataria di elargizioni da parte dell'immobiliarista romano. Su Facebook l'ex responsabile sport del Pd, Luca Di Bartolomei, che nel dicembre 2017 trovò il coraggio di consigliare a Renzi di non candidare Maria Elena Boschi, nonché figlio del compianto capitano della Roma, nelle scorse ore ha postato tre domande a Bonifazi: «Eyu è ontologicamente e funzionalmente collegata al Pd e raccoglie legittimamente dei fondi privati. Considerato che vi lavorano dei dipendenti in cassa integrazione quanta parte di questi fondi va al Pd? E quindi cosa fa Eyu con questi soldi che il Pd non può fare? Considerate le modalità della nuova legge di finanziamento politico non avverte - se non un conflitto d'interessi - quantomeno una forte inopportunità nell'essere tesoriere del Pd (quindi anche vertice delle attività di fundraising) e presidente di una fondazione collegata, ma apparentemente concorrente?». Tre cannonate per le quali Di Bartolomei sembra avere pronte le risposte.Ma in questo clima da Gran Consiglio l'altra chiacchiera che circola è che Matteo ormai si preoccuperebbe davvero solo del proprio reddito. Va all'estero, per sua stessa ammissione, a fare conferenze retribuite, è pronto a dare alle stampe il seguito del suo Avanti!, ma si è pure lanciato in un progetto televisivo. Ha messo in piedi con l'agente Lucio Presta, lo stesso di Roberto Benigni, una trasmissione in quattro puntate su Firenze. E per questo Renzi e Presta nelle scorse ore sono stati avvistati nei corridoi di Palazzo Vecchio per le prime riprese. Il programma dovrebbe trattare la storia del capoluogo, ma anche affrontare con taglio politico il suo futuro, per disquisire di eccellenze e start up, magari di proprietà dei finanziatori dell'ex segretario del Pd. Un lavoro che potrebbe essere il pulpito ideale per ritentare la conquista di Firenze (ma Renzi nega di puntare a rifare il sindaco) o per evitare la sua caduta. Ma quanto guadagnerà Matteo con questa idea? Al momento il contratto è coperto dal segreto. E quale rete lo ospiterà in versione Alberto Angela? Qualcuno sussurra che potrebbero essere i canali Mediaset dell'amico-nemico Silvio Berlusconi, ma sembra più plausibile che venga scelto Discovery Channel, con cui Presta è in stretti rapporti di collaborazione. La Rai pare esclusa dalla rosa dei pretendenti. Basti ricordare che nel 2017, quando la moglie di Presta, Paola Perego, fu allontanata da Raiuno, l'agente si sarebbe sfogato con i fedelissimi: «Me la fanno pagare perché sono amico di Renzi».Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/renzi-visto-senza-di-me-si-perde-e-si-dara-alla-tv-con-lucio-presta-2581263555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sberle-al-giglio-pure-sulla-leopolda" data-post-id="2581263555" data-published-at="1765139375" data-use-pagination="False"> Sberle al Giglio pure sulla Leopolda Se il presente del Partito democratico di Matteo Renzi è tragico, il futuro potrebbe essere anche peggiore, senza neppure la stazione Leopolda a disposizione per la convention di riscatto del prossimo 19 ottobre. I risultati delle amministrative gettano i dem nel panico, soprattutto in Toscana in vista del prossimo anno, quando si voterà per la presidenza della Regione e per la poltrona del sindaco di Firenze. Enrico Rossi rischia, ma anche Dario Nardella è in scadenza e in città non tira una bella aria. Il declino del renzismo continua inesorabile. Lo dimostra lo schiaffo che giovedì scorso il Centro di Firenze per la Moda Italiana, insieme con Pitti Immagine, ha rifilato a palazzo della Signoria, decidendo di non partecipare al bando riaperto da Ferrovie dello Stato per vendere appunto l'ex stazione Leopolda, cara proprio a Renzi. La gara è chiusa ieri. In settimana ci sarà l'apertura delle buste e si capirà se ci sono state offerte per conquistare questo spazio che per nove anni è stata la culla del renzismo. La storia è a tratti grottesca, ma racconta molto di come negli ultimi anni si sono mossi gli uomini di Renzi e il Pd sul territorio. Per anni sui giornali sono apparsi retroscena e notizie che davano per certo l'acquisto della Leopolda da parte del comune con l'aiuto di Pitti. Costo dell'operazione 7,2 milioni di euro. Ma alla fine non se ne è fatto nulla. Per questo motivo a maggio Fs ha deciso di riaprire il bando per la vendita dell'area di più di 5.000 metri quadrati, dove si allestiscono fiere o appunto eventi politici. Giovedì scorso il consiglio di amministrazione di Cfmi, dove siede anche l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, avrebbe dovuto approvare la partecipazione al bando. È stato deciso di non farlo, sia per il costo troppo alto sia per opportunità politica: il vento sta cambiando rispetto a cinque anni fa e ormai la moda è colore gialloblù di Lega e Movimento 5 stelle. Del resto tra appena tre giorni il cda va in scadenza, dovrà essere il prossimo a occuparsene. A quanto pare il comune resta disposto a rilevare l'area, ma sempre appoggiandosi a qualcuno che apra il portafoglio. Ma chi potrebbe convenire appoggiare un Partito democratico ormai in declino e con chi vorrebbe già lanciare un nuovo contenitore politico? La lite a distanza tra l'ex ministro Carlo Calenda («Bisogna andare oltre il Pd») e il reggente Maurizio Martina («Non sono d'accordo sul superamento»), racconta molto dello stato di fibrillazione di un centrosinistra in cerca di una nuova identità. Nel mezzo sta Renzi, ormai un ex leader in difficoltà, con sondaggi che danno un suo nuovo partito politico al 4%, percentuali simili a quelle di Liberi e uguali di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. Nel giro di un anno potrebbero crollare la Toscana e persino Firenze, da dove tutto ebbe inizio. E la Leopolda diventare un lontano ricordo dei bei tempi andati. Alessandro Da Rold
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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