2019-03-29
Come Renzi si è intortato gli arabi di Mubadala
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Continuano le difficoltà economiche di Piaggio Aerospace, azienda specializzata nella produzione di droni: a rischio ci sono più di 1.000 lavoratori. La commissione bilancio della camera ha rimandato la discussione sullo stanziamento di 250 milioni di euro previsti dal Mise. E spunta un dossier dell'ottobre 2018 che descrive le promesse fatte agli investitori emiratini : «Si è registrata una generale sottovalutazione della sfida tecnologica che avrebbe dovuto affrontare quest'azienda, che fino al 2014 aveva operato esclusivamente nel business civile della aviazione generale».Il finanziamento di 250 milioni di euro per Piaggio Aerospace è stato di nuovo rimandato, così a distanza di un mese dalle promesse del ministero dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio torna lo spettro del fallimento per l'azienda strategica di Villanova d'Albenga specializzata in produzione di velivoli a pilotaggio remoto. Del resto, dopo 4 mesi in amministrazione straordinaria con il commissario Vincenzo Nicastro, dei presunti finanziamenti non c'è manco l'ombra. Per di più in questi due giorni è scoppiato anche un piccolo giallo, con il parlamentare 5 Stelle Giuseppe Buompane che aveva spiegato al Secolo XIX di aver «chiesto al governo di verificare e garantire la sostenibilità finanziaria del programma pluriennale per ciascun anno a partire dalla sua concreta attuazione», per poi smentire il giorno dopo su un'agenzia di aver rilasciato queste dichiarazioni. In tutto questo si è messo di traverso pure il Partito democratico, che ha portato avanti con i governi di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni tutta la pratica Piaggio.«Dove sono finiti i 776 milioni di euro che, in origine, erano destinati al programma P2hh di Piaggio? Dopo che il Mise aveva assicurato che una parte (250 milioni) sarebbe servita per la certificazione del P1hh e per l'acquisto di 4 sistemi, oggi il presidente della commissione Bilancio Claudio Borghi (Lega) dice che non c'è ancora, da parte del Governo, la garanzia delle coperture finanziarie», si sono domandati i consiglieri regionali del Pd ligure Giovanni Lunardon e Luigi De Vincenzi. In pratica è ormai il tutti contro tutti. Di fondo c'è di sicuro la spaccatura evidente che si è creata all'interno dell'Aeronautica militare, perché l'anno scorso l'ex capo dell'Aeronautica, ora capo di Stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, sosteneva della necessità e nell'importanza di investire nei droni P1.hh di produzione Piaggio. Al contrario, il suo successore Alberto Rosso, ha spiegato alla metà di marzo, che il velivolo P1.hh non incontra le aspettative dell'Aeronautica, aggiungendo che «occorre trovare un programma non di tampone, che garantisca dei ritorni operativi ed occupazionali». Il problema è che di mezzo di sono più di 1.000 lavoratori che non sanno ancora quale destino li aspetta. C'è chi teme che di rinvio in rinvio si possa arrivare all'estate, per poi andare in fallimento e poi spacchettare le varie parti dell'azienda. Nel frattempo è tornato a circolare un dossier dell'ottobre del 2018 sull'azienda ligure. Nelle 23 paginette della rivista specializzata Laran si ripercorre la storia dell'azienda sin dal 2010 e ci si sofferma sulle scelte dei governi di centrosinistra con l'azionista emiratino Mubadala, dal 2015 padrone al 100% della società. In particolare si ricorda «che nel 2014 gli Emirati arabi uniti firmarono un contratto per la fornitura di 8 sistemi P.1hh con consegne previste per il 2016, cioè prevedendo soli 24 mesi per il completamento delle attività di sviluppo, ingegnerizzazione e produzione. A ottobre 2014 fu annunciato il cambio di denominazione da Piaggio Aero Industries in Piaggio Aerospace per sottolineare il processo di evoluzione dell'azienda. A ottobre 2015 Mubadala acquistò dall'imprenditore Piero Ferrari anche l'ultimo 1,95% di quote azionarie di Piaggio Aerospace, arrivando a detenere il 100% dell'azienda». Ma, si legge ancora, «purtroppo, molti dei requisiti che erano associati al P.1hh e MPA1 si sono poi dimostrati nel tempo più difficili da raggiungere di quanto stimato inizialmente. In due anni Piaggio Aerospace avrebbe dovuto completare lo sviluppo, avviare la linea di produzione e consegnare gli 8 sistemi P.1hh agli Emirati. Si è infatti registrata una generale sottovalutazione della sfida tecnologica che avrebbe dovuto affrontare quest'azienda, che fino al 2014 aveva operato esclusivamente nel business civile della aviazione generale, con il P180 e con attività sui motori aeronautici, e non aveva esperienza nello sviluppo e produzione di sistemi militari, tanto meno nella realizzazione di velivoli a pilotaggio remoto. All'errata valutazione della complessità del programma, si sommarono un non adeguato finanziamento (circa 340 milioni) dei costi non ricorrenti (Nrc, Non recurring costs) e un eccessivo turnover del management (deciso dagli azionisti) che contribuì a generare un forte ritardo del programma P.1hh». Non solo, nel dossier si spiegava anche che «L'approvazione parlamentare del decreto ministeriale relativo al programma P.2HH dovrebbe spingere Piaggio Aerospace e Leonardo a concretizzare la prevista forma giuridica di collaborazione (raggruppamento di imprese, joint venture o altro) con responsabilità solidale (al 50%) con la quale sarà successivamente siglato il contratto di sviluppo». Ma le previsioni non si sono verificate. Quella di Piaggio Aerospace rischia dunque di essere una storia di errori tipicamente italiana. Solo scelte strategiche nuove, fatte da chi possiede la competenza necessaria per identificarle e realizzarle, potrà evitarne una conclusione drammatica.