2020-03-29
Renzi cerca la ribalta: «Riapriamo tutto». Ma viene seppellito da un coro di fischi
Il Bullo: «Le fabbriche prima di Pasqua, poi negozi e scuole». La sparata scatena le critiche di scienziati e comuni cittadini.Come molti adolescenti si sente solo. E quando si sente solo, Matteo Renzi reagisce d'istinto con gesti sorprendenti come mangiare un cono gelato per far dispetto ad Angela Merkel, indire un referendum contro tutti e perderlo, giocare al bastian contrario. L'ultimo capriccio è sull'epidemia: quando era tutto aperto voleva il tutto chiuso. Oggi che è tutto chiuso chiede il tutto aperto. Lo fa con un'intervista al quotidiano cattolico Avvenire e ottiene un risultato politico anche più clamoroso del famoso 40,8% alle europee del 2014: il 100% delle pernacchie.«Serve un piano per la riapertura e serve ora. Le fabbriche devono riaprire prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le scuole, le librerie, le chiese. Serve attenzione, serve gradualità, ma bisogna riaprire», incita il leader di Italia viva proprio nel giorno dei quasi 900 morti, mentre i medici in trincea combattono nella Bergamo trasformata in Stalingrado del virus. Ma Renzi ha bisogno di aria aperta e di visibilità, la clausura (pur nel villone) non fa bene all'ego ipertrofico. Così mette pure la spunta sul calendario: «Si torni a scuola il 4 maggio, almeno i 700.000 studenti delle medie e i 2.700.000 delle superiori. Tutti di nuovo in classe dopo aver fatto un esame sierologico: una puntura sul dito e si vede se hai avuto il virus. Bisogna garantire gli esami, il sei politico fa male».L'ondata di fischi è da tsunami e lui prova a mitigarla con un video su Facebook in cui spiega le note a margine, perché il senso non sarebbe stato capito dagli analfabeti. «Adesso dobbiamo cominciare a pensare a come gestire l'uscita. Non stiamo pensando di riaprire già da aprile, ma d'accordo con la comunità scientifica dobbiamo immaginare di farlo». E via con un florilegio di «prima o poi, finché non ci sarà il vaccino, in sicurezza, con la distanza sociale». Il solito pasticcio renziano perché Pasqua è il 12 aprile e lui per quella data voleva le fabbriche della resurrezione. Così Renzi, l'ostetrica del governo di Giuseppe Conte, mostra di non condividere nessuno dei provvedimenti dell'esecutivo. Un comportamento bipolare. Indossa la mascherina e sta a due metri, come se il suo Consiglio dei ministri fosse contagiato. Neppure sul piano economico è d'accordo. «Ogni tipo di richiesta di denaro va sospesa: tasse, affitti, mutui. Chi è stato chiuso regge se gli elimini le scadenze o se gli offri una straordinaria iniezione di liquidità. Il governo ha bloccato le libertà di 60 milioni di italiani ma non è stato capace di bloccare il virus della burocrazia». Si schiera di fatto con Donald Trump, Boris Johnson e tutti coloro che aveva sbertucciato fino all'altroieri. Con l'imbarazzo supremo di avere due ministri e un sottosegretario nel governo di supersinistra e di essere stato primo elettore del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che di Conte è grande sponsor. L'helicopter money e la riapertura delle fabbriche, una volta sanificate e sottoposte a procedure di business continuity in difesa dei lavoratori, sono punti chiave di ogni Paese occidentale per affrontare la pesante crisi economica del dopo virus. Infatti il problema non è cosa dica Renzi, ma da dove lo dica: si parlino, si telefonino. Parafrasando Arthur Miller, erano tutti suoi figli.Il cavaliere solitario nella città deserta - loquace anche perché indispettito dai sondaggi che lo vedono sotto il 3% -ottiene l'effetto di cementare una reazione unanime. Il primo a reagire è l'ayatollah dei virologi, Roberto Burioni. «La situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve. Al momento bisogna stare tappati in casa altrimenti si vanificano i sacrifici che abbiamo fatto fino ad ora. Punto e basta». Più duro il professor Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: «Dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla». L'immunologo Fabrizio Pregliasco: «Pensare di riaprire le scuole è prematuro». È evidente che uno scienziato vede l'emergenza da dietro il microscopio mentre servirebbe un telescopio. In questa fase però è anche il punto di vista più autorevole e necessario per salvare vite; gli oltre 10.000 morti chiedono anche alla politica di rispettare la regola del silenzio. Ora si combatte negli ospedali.Le critiche piovono a valanga e compattano il Paese come neanche nel referendum costituzionale. Carlo Calenda (Azione): «Dichiarazione poco seria». Vito Crimi (5 stelle): «Bisogna ragionare con intelligenza e progressione». Gian Marco Centinaio (Lega): «Una proposta che fa capire quanta incapacità di ascolto ci sia da parte sua. Mentre la comunità scientifica implora il “tutto chiuso", lui lancia l'ennesima provocazione della disperazione». Mario Adinolfi del Popolo per la famiglia usa una metafora da anni di piombo: «Folle intervista di Renzi, che al 2,2% nei sondaggi prova a fare il Craxi della trattativa quando tutti erano per la fermezza». Un'uscita disastrosa con il sigillo finale, quando l'ex premier tuona: «Il decreto Cura Italia è un incomprensibile fiume di parole». Prima o poi bisognerà rivelargli che porta anche la sua firma.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)