2021-04-20
Reithera si converte al siero mRna. Il governo tratta con gli altri colossi
Già avviati da Mario Draghi i colloqui con Moderna, Novartis e l'azienda di Castel Romano.Nella geopolitica dei vaccini cosa farà l'Italia che ha puntato con capitali pubblici solo su Reithera? Vale davvero la pena investire altre risorse su un prodotto che rischia di essere già superato dall'Europa, che sembra voler puntare sui vaccini mRna o comunque non a vettore virale, e anche dal mercato? Il futuro del vaccino «autoctono» su cui tanto avevano scommesso Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, la settimana scorsa è stato al centro di un incontro tra il commissario per l'emergenza Francesco Paolo Figliuolo e i vertici dell'azienda. La strada del vaccino italiano è impervia perché servono soldi e finora Reithera ha ricevuto solo una prima tranche degli 88 milioni promessi da Arcuri. Solo per la fase 3 dei test ne servirebbero 100 di milioni. Era stata avanzata un'ipotesi alternativa, ossia utilizzare lo stabilimento di Castel Romano per «insaccare» i vaccini. Il sito non ha infatti la capacità per infialare le dosi ma potrebbe riempire contenitori più grandi da inviare ai centri di vaccinazione. Prima, però, vanno trovati accordi con aziende disposte a inviare il cosiddetto bulk, il principio attivo. Ebbene, secondo quanto ha scritto ieri il Financial Times, il governo ha intrattenuto colloqui con diverse case farmaceutiche circa la possibilità di iniziare la produzione di vaccini basati sulla tecnologia a mRna in Italia. Dando così un ulteriore segnale che si preferisce quel tipo di vaccino a quelli basati sulla tecnologia del vettore virale, come Astrazeneca o Johnson&Johnson. I contatti sarebbero stati aperti con la statunitense Moderna, la svizzera Novartis e anche con ReiThera, con le ultime due che potrebbero essere coinvolte nella produzione del vaccino sviluppato dalla tedesca CureVac in Italia. Il 4 marzo, infatti, Novartis ha firmato un accordo con CureVac per produrre dal secondo trimestre di quest'anno 50 milioni di dosi fino a raggiungere 200 milioni di dosi nel 2022. Il colosso elvetico metterà a disposizione il sito di Kundl, in Austria, poi il prodotto sfuso verrà consegnato a CureVac, che si occuperà di altre fasi della produzione con altre aziende fino all'infialamento (tra queste c'è Bayer). Il vaccino è nell'ultima fase dei trial clinici, con la speranza che possa ricevere il via libera dall'Ema. La fabbrica di Novartis in Austria non è quindi ancora completata e il primo bulk non dovrebbe arrivare prima della fine del terzo trimestre. Il problema è che la capacità produttiva di Reithera stimata dai vertici aziendali è di circa 10 milioni di dosi-equivalenti di bulk al mese utilizzando però la tecnologia destinata al tipo di vaccino, che si basa su un adenovirus di gorilla. CureVac sfrutta, invece, la tecnologia dell'RNA messaggero. Quindi tempi e capacità potrebbero essere assai diverse (e comunque affidare a Reithera l'«insaccamento» di parte del bulk proveniente da Novartis non è un'attività ad alto valore aggiunto). Lo stesso Financial Times sottolinea che le trattative tra Novartis, ReiThera e il governo italiano sarebbero in uno stadio molto iniziale, e potrebbero non portare a un accordo finale. A questo sforzo si aggiunge la notizia, non confermata da Palazzo Chigi, che Mario Draghi avrebbe parlato direttamente con l'ad di Moderna, Stephane Bancel, ma la trattativa per portare parte della produzione del vaccino in Italia sarebbe fallita a causa di difficoltà relative al trasferimento di tecnologia e know-how. Visto che comunque la produzione italiana arriverebbe (se va bene) a fine anno, forse sarebbe meglio concentrarsi su altre tecnologie emergenti ma già utilizzate come quella delle proteine geneticamente modificate, già al cuore per esempio del vaccino antinfluenzale somministrato e prodotto nel 2020 in Italia, da Sanofi. Il nome è Novavax. Ma bisognerebbe darsi da fare, prima che qualcuno - come Madrid o Vienna - ci preceda.