Pure nel Regno Unito le toghe intralciano i governi che provano a fermare l’invasione

In Gran Bretagna, l’immigrazione clandestina è diventata una vera emergenza nazionale. Il Partito conservatore, del resto, è stato punito dall’elettorato proprio per non essere riuscito a porre un argine concreto a questo fenomeno ormai sfuggito di mano, venendo così meno alle sue promesse elettorali. Al governo, adesso, ci sono i laburisti di Keir Starmer, il quale sta tentando di affrontare il problema usando toni particolarmente duri. Alla durezza delle parole, tuttavia, non sono seguiti i fatti: sono molti i britannici che ritengono le sue soluzioni largamente insufficienti.
Al di là della polemica contingente - e questo è il problema principale - ogni contromisura, per quanto convincente, rischia di essere vanificata dalla magistratura ideologizzata. Che, in spregio alla divisione dei poteri, si sostituisce al legislatore affossando le politiche varate dal Parlamento democraticamente eletto. Basti pensare al piano Ruanda, escogitato da Boris Johnson, approvato dall’esecutivo di Rishi Sunak e infine bloccato dalle toghe britanniche. Una situazione che, purtroppo, conosciamo bene anche noi in Italia.
Di tutte queste criticità è ben cosciente Robert Jenrick. Ministro della Giustizia nel governo ombra dei Tories, Jenrick è un autorevole esponente dei conservatori ed è stato un serio candidato nella corsa alla successione di Sunak, la cui carica è poi toccata alla sua antagonista Kemi Badenoch, l’attuale leader del partito. In una densa intervista al Telegraph, Jenrick è andato alla radice del problema, proponendo una misura drastica, certo, ma anche veramente risolutiva: «È arrivata l’ora di licenziare i giudici militanti», ha dichiarato senza mezzi termini al quotidiano inglese.
Già durante le primarie dei Tories, Jenrick aveva posto al centro del suo programma politico l’uscita del Regno Unito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), da lui ritenuta come l’unica soluzione al problema dei barchini che attraversano la Manica. La stessa Badenoch - che inizialmente aveva bollato la proposta come avventata - sembra ora intenzionata a farla propria al congresso autunnale del partito. Tuttavia, e qui sta il punto, anche questa misura, da sola, non basta. Di qui la necessità di fare i conti con quelle correnti progressiste della magistratura britannica che, ormai da anni, stanno mettendo i bastoni tra le ruote al governo di Londra.
«Parto da un principio semplice: i giudici sono lì per applicare le leggi votate dal Parlamento», ha dichiarato Jenrick al Telegraph. «Se vogliono fare politica», ha proseguito, «allora devono abbandonare la toga. Chi porta la propria agenda personale nelle aule di tribunale deve essere ritenuto responsabile e, francamente, deve poter essere rimosso». Eppure, recita una nota obiezione, i giudici non fanno altro applicare la legge. Jenrick non è d’accordo e ribatte: «Ho già segnalato casi di giudici che twittano messaggi faziosi o che sono coinvolti in enti di beneficenza apertamente politicizzati. Questo danneggia gravemente la reputazione dell’indipendenza della magistratura».
Nell’idea di Jenrick, occorrono due cose per riformare la giustizia in questo senso: controlli più severi per evitare nomine politicamente orientate e un meccanismo più solido per la rimozione dei giudici politicizzati. Oggi le nomine passano per la Judicial appointments commission, creata da Tony Blair nel 2005, che ha sottratto questa competenza al Lord cancelliere. Ecco, secondo Jenrick, tale sistema è completamente sbagliato: urge restituire questa prerogativa al Lord cancelliere, che è una carica chiave nella politica britannica. Per quanto riguarda la rimozione dei giudici militanti, la situazione è ancora più complicata: per i magistrati di alto livello serve un voto di entrambe le Camere, mentre per quelli dei tribunali inferiori è necessaria una macchinosa indagine su eventuali condotte illecite. Per tutti questi motivi, Jenrick ha proposto di snellire e rafforzare l’intero processo.
Così come in Italia, però, anche nel Regno Unito arriva subito la consueta obiezione: ma così si nega l’indipendenza della magistratura e si rischia di politicizzare ancora di più la giustizia. Pure in questo caso, Jenrick la vede molto diversamente: «È proprio per depoliticizzare la giustizia che serve intervenire. In certi ambiti, come i tribunali commerciali, i giudici britannici rappresentano un modello a livello mondiale. Ma in altri - come i tribunali per l’immigrazione - la loro indipendenza è ormai compromessa. Non ha senso liberarci dei giudici militanti di Strasburgo per poi restare in balia dei nostri».
Esponente conservatore in rapida ascesa, Jenrick era sempre stato piuttosto moderato sull’immigrazione. Adesso, però, è arrivato il cambio di rotta, con il ministro ombra che non si fa problemi a criticare le politiche dei precedenti governi Tories: «Abbiamo deluso i cittadini e me ne dispiace molto», ha confidato al Telegraph. «Abbiamo fatto promesse su alcuni dei problemi più importanti che affliggono il nostro Paese, come l’immigrazione, e poi non le abbiamo mantenute». Oggi, invece, Jenrick non usa mezzi termini: «Ogni immigrato illegale deve essere espulso. Non solo quelli arrivati con i barconi, ma anche quelli che sono entrati nel Regno Unito nascondendosi nei camion o che sono atterrati in aeroporto e che, dopo aver gettato i documenti nel bagno a Heathrow, hanno poi chiesto asilo». E a chi lo accusa di «alimentare l’odio», Jenrick risponde: «Non è il mio linguaggio a creare divisione, ma le politiche fallimentari degli ultimi decenni. Io non ho paura di dire come stanno veramente le cose».





