
Il metodo centralizzato europeo non funziona. Molti rinunciano alle scorte ordinate. Che quindi vengono rimesse sul mercato.La narrazione di Domenico Arcuri sulla mancanza di vaccini e sulle responsabilità delle case farmaceutiche è già diventata un boomerang. Se molte altre Regioni seguiranno la strada veneta (la Lombardia l'ha annunciato ieri) di chiedere l'ok per acquistare autonomamente dosi extra, traballerà la stessa posizione di Arcuri come garante e gerente del piano vaccinale trattato da Bruxelles con i singoli Stati. Ma la possibilità per le Regioni di muoversi in autonomia sul fronte dell'approvvigionamento, sfruttata nell'assoluto rispetto delle regole, sta incrinando anche la strategia dell'Unione europea. Che è partita affermando il potere d'acquisto del mercato unico e una posizione morale contro il «nazionalismo del vaccino trumpiano» e poi ha ceduto alla tentazione protezionista anti Uk su Astrazeneca portando acqua al mulino dei tedeschi. La stessa Ue ha scoperto che muoversi per conto di 27 nazioni sovrane significa andare più piano della concorrenza. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ammesso di aver peccato di ottimismo, realizzando tardivamente che produrre vaccini anti Covid non è la stessa cosa che produrre caramelle, che una supply chain così complessa può incepparsi all'improvviso. Il prossimo bagno di realtà che Bruxelles dovrà fare, però, non riguarda le consegne. Ma la stessa organizzazione del piano centralizzato degli acquisti. Vediamo perché. Partiamo da un dettaglio sulle trattative per comprare in autonomia i vaccini che il governatore del Veneto, Luca Zaia, si è lasciato scappare martedì nel salotto tv di Bruno Vespa: «Sono state selezionate due proposte, da 12 milioni e 15 milioni di dosi. Queste sono Pfizer, a prezzi in linea con il mercato». Il particolare è importante. Apre, infatti, all'ipotesi che questi vaccini potrebbero essere tornati sul mercato dopo il cosiddetto «opt out» esercitato da qualche Stato membro. Come funziona? Ci sono diversi livelli di opt out, e capire questo è fondamentale. Al livello più alto, una singola nazione può, appunto, dichiarare di voler uscire dal contratto (Advanced purchase agreement) sottoscritto con la Ue che ha trattato per conto di tutti gli Stati l'acquisto dei vaccini con le case farmaceutiche. Finché si aderisce all'Apa non c'è alcuna possibilità legale per gli Stati di negoziare contratti bilaterali con le aziende che fanno parte del portafoglio Ue. Ma una possibilità per acquistare più dosi di vaccino legalmente, all'interno del programma Ue, c'è ed è nota dall'anno scorso. Esiste un secondo livello di opt out: uno Stato Ue può rinunciare, per motivi suoi, ad acquistare tutte o parte delle dosi di vaccino cui avrebbe diritto, sulla base della sua popolazione. In questo caso esse possono essere acquistate dagli altri Stati membri, passando dalle Ue oppure con contatti bilaterali Stato-Stato. Se nessuno ne fa richiesta, però, anche le singole Regioni potrebbero comprare le dosi «liberate». Ricordiamo, infatti, la lettera che sarebbe stata inviata il 10 febbraio da Pfizer a governo, Arcuri e Regioni per chiedere se ci fosse interesse ad acquistare dosi aggiuntive di vaccino. I contenuti di quella missiva non sono stati mai resi pubblici ma resta comunque singolare che tra i destinatari venissero citate anche le Regioni. Non è dato sapere quanto sia ampio il fallimento del piano negoziale centralizzato previsto dalla Ue. I programmi delle consegne sono riservati, i contratti secretati, ed è difficile anche capire chi, quando e perché, può essersi «staccato» dal contratto europeo rinunciando a una parte della scorta prevista. Se quei 27 milioni di dosi extra di cui parla Zaia arrivassero dalla ripartizione di una rinuncia, e se questa fosse stata esercitata in una delle prime tranche di vaccini come quella aggiuntiva di 100 milioni parleremmo di Stati con una popolazione complessiva di 130 milioni di persone, pari a circa il 27% della popolazione europea. Ma siamo sempre sul piano dei condizionali. Allo stesso modo non si sa se qualcuno ha acquistato (magari anche la Germania, con le sue 30 milioni di dosi aggiuntive?), e quanto, approfittando di qualche opt out. Già in occasione della prima consegna da 200 milioni di dosi Pfizer, a dicembre, cinque Paesi si erano chiamati fuori in parte o del tutto sulla loro porzione lasciando che fossero assorbite dai partner. Ma sull'attuale quadro generale aleggia una cortina che finora Bruxelles non è riuscita ad alzare, anzi. Ieri Pfizer ha intanto ribadito che «i contratti sono con i governi» e che con Biontech non stanno fornendo il loro vaccino al mercato privato in questo momento. Del resto, se si trattasse di dosi frutto di un opt out (e quindi già acquistate dalla Ue) i vaccini rimarrebbero comunque all'interno della catena di fornitura stabilita. Nuovi rinforzi stanno comunque per arrivare anche in Italia. Pfizer e Biontech ieri hanno annunciato la fornitura di ulteriori 200 milioni di dosi ai 27 Stati membri. La Commissione Ue ha inoltre la possibilità di richiederne altri 100 milioni. Il nuovo accordo non è una novità, è stato ampiamente annunciato da un mese, tant'è che la parte spettante all'Italia appare già nelle tabelle del Ministero. Bruxelles acquisterà anche altri 150 milioni di dosi del vaccino Moderna per quest'anno, e ne ha opzionati 150 milioni per il prossimo (si aggiungono ai 160 milioni acquistati nel 2020). Quanto agli altri vaccini, ieri von der Leyen ha dichiarato che «Sputnik non ha finora chiesto l'autorizzazione all'Ema» ma comunque «non producono in Ue, quindi ci sarà un'ispezione ai siti per avere standard di produzione stabili».
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