Poletti celebra l’addio dal Lavoro con il record assoluto di precari
Ancora una volta il lupo perde il pelo, ma non il vizio. In una nota diffusa dal ministro uscente del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, si esulta per gli ottimi risultatati ottenuti dal dicastero in termini occupazionali.
«Nel momento in cui mi accingo a lasciare il mio incarico di governo», spiega Poletti, «posso dire che i dati Istat relativi al mese di aprile, con 64.000 occupati in più rispetto al mese precedente, testimoniano come l'attività di questi anni abbia prodotto risultati positivi»
In realtà, da esultare c'è ben poco. Sui 64.000 occupati citati dal ministro, ben 41.000 sono precari. I contratti a tempo indeterminato, invece sono in caduta libera. Tra marzo e aprile di quest'anno il mercato del lavoro ha subito una flessione di 37.000 unità in termini di contratti permanenti.
Dando uno sguardo agli stessi dati, ma su un arco temporale di un anno, i risultati sono ancora più deludenti. Tra aprile di quest'anno e lo stesso mese dell'anno scorso, i contratti a termine sono aumentati di 329.000 unità con una crescita del 12,4%.
Il problema, insomma, è sempre lo stesso. Se da un lato è vero che in Italia ci sono 23,2 milioni di persone che un lavoro ce l'hanno, è anche vero che gli aumenti di occupazione si registrano solo e sempre nei contratti a termine. In un anno il numero generali degli occupati è salito dello 0,9%, ma quello che in molti si chiedono è cosa ne sarebbe di questi dati senza l'apporto offerto dei contratti a termine.
Come al solito, il problema riguarda principalmente i giovani. Secondo gli ultimi dati resi pubblici dall'Istat, chi ha tra i 15 e i 24 anni. Tra aprile e marzo in questa fascia di età la disoccupazione è salita dello 0,6%.
Nel mese di aprile 2018, invece, è anche cresciuta l'incidenza dei disoccupati sulla popolazione: un +0,3% che fa salire il dato a quota 8,9%. Anche la disoccupazione generale in realtà si è confermata stabile rispetto al mese precedente.
I primi a lamentarsi di questa situazioni sono, naturalmente, i sindacati. «Nessun miglioramento effettivo sull'occupazione», spiega Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl, «visto che l'Istat nei suoi dati include l'aumento dei contratti a tempo determinato, il che riguarda soprattutto l'esercito di chi ha un contratto di lavoro stagionale, a ridosso della stagione estiva. In altre parole, non si può parlare di ripresa effettiva, se a farne le spese sono sempre i giovani, il cui tasso di disoccupazione sale al 33,1% (+0,6%) rispetto al mese precedente».
Che la situazione non sia positiva lo dimostra anche il dato relativo alle persone in cerca di occupazione. La stima ad aprile registra un aumento di questa categoria dello 0,6%. In poche parole, secondo i dati Istat, ad aprile ci sono altri 17.000 italiani in cerca di lavoro. In particolare svantaggio sono gli uomini, in tutte le fasce di età, ad eccezione della fascia 35-49 anni. In un anno il numero dei disoccupati è salito dello 0,8% (+24.000 unità) mentre è calato quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,4%, -318.000 unità).
Come spiega su Twitter Francesco Seghezzi, direttore della fondazione Adapt, centro di ricerca sul mondo del lavoro, il problema è che il governo uscente non ha pensato a degli incentivi per i giovani e non ha fatto molto per incentivare l'occupazione per chi ha oltre i 50 anni. Una fascia di età che in un mese ha visto un aumento della disoccupazione preoccupante del 7,5%.
Come sottolinea Seghezzi, in Italia la fisionomia del lavoro è cambiata, ma il sistema di tutele è rimasto identico. Per dirla in parole povere, certe sicurezza - nel sistema attuale - sono previste solo per i lavoratori a tempo indeterminato e questo deve cambiare.
«Mi sembra anacronistico citare numeri sensazionali, visto che ad aumentare è solo l'occupazione a termine (+59.000)», dice Capone. «Auspico, dunque, che terminata la fase di stallo istituzionale, si torni a discutere di lavoro come vera e propria emergenza nazionale, cercando di incentivare il tessuto imprenditoriale italiano, le assunzioni e garantendo una formazione professionale più incisiva ai lavoratori».
Poletti ha quindi poco da festeggiare. Non solo l'aumento occupazionale generale è ancora troppo scarso, ma riguarda una fascia di lavoratori senza tutele e in costante aumento: quella di chi ha un contratto a termine. Quella di chi non può avere un futuro perché al momento il sistema Italia non gli permette di pianificare nulla.





