2025-05-03
Recensire un locale non è solo cucina ma è un viaggio come quello di Goethe
La penna di «Bepo» Maffioli non elenca unicamente pregi e difetti dei piatti gustati: tratteggia l’atmosfera che si respira nel ristorante, l’ospitalità dell’oste. Oggi la chiamiamo «experience». E va oltre qualsiasi cibo.La narrativa dell’Italia curiosa e golosa ha avuto pionieri, nel secolo breve, che tutti ricordano. Da Paolo Monelli a Gino Veronelli e Mario Soldati, primo a parlarne in tivù con Viaggio nella valle del Po, così come Guido Piovene, tra i fondatori dell’Accademia italiana della cucina. A pari livello, anche se un po’ relegato nell’oblio, il nostro Giuseppe «Bepo» Maffioli che, prima di fondare la sua creatura Vin Veneto, collaborò con La cucina italiana attraverso varie rubriche (firmando anche con pseudonimo) di cui abbiam già detto.Si conclude quindi il viaggio nel suo racconto per ricordarne il centenario della nascita iniziandone un altro, ovvero quello delle sue recensioni di ristoranti. Anche qui Bepo un pioniere ante litteram, che tornerebbe utile a molti dei leoni della tastiera, armati di forchetta, che si sentono degni emuli del loro collega protagonista di alcune delle scene più divertenti di Ratatouille. Si parte ovviamente dalla Val d’Aosta, chez lo storico Cheval Blanc del capoluogo. Prima ancora di vedervi servite le sue delizie al piatto, vi è «una lunga pendola, con il suo rilassante tic-tac, che sembra dare il tempo giusto alla masticazione e conforta le attese», posto che il servizio dalla cucina è espresso e non da catena di montaggio decongelata all’istante.Quello che coinvolge, nella lettura del Maffioli gastronarratore, è che, quando vi fa entrare come se foste con lui presenti nelle sale di ristoranti o trattorie come pure osterie di resistenza umana, vi descrive l’atmosfera che si respira, lo spessore umano dei suoi protagonisti indipendentemente che siano i titolari, i domatori di fuochi ai fornelli o anche il semplice personale di servizio in sala. Il racconto dei piatti è conseguenza coerente. Un esempio ad Alessandria con Renzo Malan. Cuoco e titolare talmente appassionato di musica da essersi diplomato in pianoforte al Conservatorio cittadino. Talentuoso nel saper alternare gli sfrigolii delle griglie con qualche sonata di Mozart o Chopin, gli confesserà, davanti a un buon calice di barbera, che «quando uno ha la musica dentro riesce a esprimerla comunque, anche dosando una salsa o un ragù». Una sensibilità per il paesaggio che troveremo anche in altre testimonianze, come risulta dalle Teche Rai in merito a sue campagne a difesa delle saline di Trapani o dei Colli Euganei aggrediti dalle ruspe. E così, ad esempio, racconta osservando i dolci declivi delle Langhe: «I filari delle viti si animano in una specie di danza gentile, orgogliosi della loro dignità», tanto che lui stesso si chiede «come facesse Alfieri a scrivere le sue tragedie in un clima così favorevole alle gioie della vita».Scendiamo nell’Astigiano, celebre per le sue bollicine, per andare a visitare, con il nostro amico Bepo, la Taverna del Ricetto, gestita dal maître Liliano Saroni. «Sembra un principe che si adegui, un po’ per hobby, un po’ per necessità, a trattare professionalmente quegli ospiti che prima era solito ricevere nel castello di famiglia». È vero, il boom economico degli anni Sessanta, epoca dello scritto, aveva stravolto molti equilibri della società del tempo dati per inossidabili, ma lo stile è di esempio: «non inonda il cliente di parole, ma usa quelle indispensabili, in un’acuta interpretazione psicologica dei vari personaggi prevenendone gusti e desideri». Poi arriva il colpo da maestro: «Si accettano le critiche della clientela, ma in realtà sono loro che se ne educano una particolare e se la scelgono». Da scolpire nella memoria di molti inseguitori di followers, con il vassoio in mano, nella era della bulimia socialmente dipendente.E arriviamo alla gran Milan, la capitale economica e morale dell’Italia del boom. Qui incontriamo Angelo Pozzi, il patron del mitico Savini, entro la galleria di piazza Duomo. Entrambi, Duomo e Savini, simboli della storia locale. Colpiti dal bombardamento del Ferragosto 1943, «muoiono assieme, come una vecchia coppia fedele». Ma la resurrezione è dietro l’angolo. Per quella laica ci pensa lo stesso Pozzi, investendo di suo e coinvolgendo capitali amici. La cena della nuova inaugurazione la sera di Santo Stefano con l’intero incasso devoluto agli orfanelli dei «Martinitt» e delle «Stelline». Poi Maffioli ci racconta anche i segreti del famoso risotto al salto, «trionfo serale e spesso notturno degli avanzi del mezzogiorno», quelli che non erano usciti dalla cucina. Il tutto, ovviamente, con una «tecnica particolarissima e un padellino speciale, di ferro nero, che non deve mai essere lavato».Usciamo dalla galleria e troviamo «Il Gourmet», una sorta di «capriccio culinario» voluto da Gino Alemagna, nel 1963. Qui a fare la differenza e il barman: «Gino Marcialis, veneziano, vi accoglie con sorridente e signorile cordialità lavorando con le sue bottiglie come un pittore userebbe la propria tavolozza, inventando misture a seconda del personaggio che gli si presenta». Pierino Penati ha fatto la storia della cucina di frontiera, meta di pellegrinaggi golosi di coloro i quali lo raggiungevano dalla città. Da lui si poteva provare el pincianel, un rosso leggero e frizzantino, dal taglio molto familiare, anche perché il nome deriva proprio dalla lavorazione stessa, ovvero pigiato con i piedi, come si usava un tempo. «Lo servo in una scodella e la gente, bevendolo, si fa il baffo rosso all’insù, come quello dei moschettieri». Signorsì, signor oste.La Lombardia è anche terra lacustre e Maffioli ci porta al Le Tout Paris di Sala Comacina. L’insegna è un omaggio agli anni giovanili trascorsi nella ville lumière da Alberto Proserpio, con l’aggiunta di un tocco di originalità tipicamente italiana. Appuntamento immancabile nel calendario proserpino è la «Lumacata», con piatti che si intuiscono facilmente. Ma chi arrivava sin qua non lo faceva solo per carburare la scoppiettante cilindrata gastrica. A fine cena, con le luci della luna a riflettersi sulle acque del lago di Como, c’era la «pesca della lumaca d’oro». Rigorosamente omaggio al gentil sesso che, con muliebre pazienza, aveva assistito il vorace coniuge allumacarsi a tavola. Le più brave, con l’amo abilmente pilotato dal personale di servizio, potevano veder emergere dalle acque un fiasco, alleggerito dai sentori di Bacco, con un bigliettino. Poteva capitare che ci fosse scritto «Lei ha vinto una bottiglia di acqua minerale» come «Complimenti, le abbiamo riservato una bottiglia di champagne» e non poteva mancare un goliardico «L’Isola Comacina è sua, si arrangi un po’ a portarla a casa». Immancabile il gran finale, con la più brava (e fortunata) che, allo stappo della misteriosa bottiglia, poteva leggere «Lei ha vinto una lumaca d’oro». Oro vero, una spilla a 24 carati da indossare nelle serate di gala, se a Le Tout Paris ancor meglio. Dai laghi alla Bassa, in quel di Vigevano Da Gabriele. Lui «uomo spettacoloso», con la clientela fidelizzata per il suo gestire la sala come un teatro, aiutato dalla «consorte prosperosissima, con un vestito a fiorellini da Colombina lievitata» che propone «il menu sciorinando a voce alta, tipo muezzin, le specialità di giornata». Degno di Ugo Tognazzi ne La grande abbuffata il momento in cui lui arriva al tavolo con «una lingua salmistrata che è come una vilipesa lingua di suocera e, nel tagliarla a fette, ci mette un certo trasporto un po’ sadico, come da giustiziere medioevale». Il tocco di umanità non manca mai nelle cronache di Maffioli, come quando ci racconta dell’Oasi della pace, nel Pavese. Un locale di accoglienza per anziani gestito dalle suore che, con una felice intuizione, vede potenziare il servizio di cucina quale autentica calamita anche per i parenti più lontani nel venir così a salutare vecchie zie altrimenti dimenticate. Ambasciatrice è suor Anna che, quando gli narra i suoi piatti, «si illumina di un sorriso come avessero squillato le trombe di Gerico».
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto
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