2018-07-12
Reati d’odio, la Regione rimborsa. In Piemonte è isteria antirazzista
Dal cane aizzato contro il venditore ambulante di colore sulla spiaggia ligure alla ragazza nigeriana aggredita davanti a un bancomat, a Sassari, la narrazione sul pericolo razzismo fomentato da Matteo Salvini comincia a funzionare a pieno regime (per la cronaca: il caso del quadrupede xenofobo è indimostrabile, quello dell'aggressione sarda non avrebbe a che fare con la discriminazione, secondo gli inquirenti, ma tant'è, ormai il sasso è lanciato).In Piemonte, in particolare, sembrano aver preso molto sul serio la cosa, tant'è che la Regione ha deciso che pagherà le spese legali per le vittime di aggressioni e discriminazioni di stampo razzista. Lo ha ricordarlo l'assessore alle Pari opportunità Monica Cerutti, a proposito delle linee guida presentate nei giorni scorsi dal procuratore generale Armando Spataro, che ha annunciato la nascita di un pool di magistrati che si occuperà dei reati commessi con finalità razziale. «La Regione», dice Cerutti, «vuole far sapere, a tutti coloro che vivono in Piemonte che, se vittime di aggressioni, insulti o comportamenti razzisti, potranno accedere al fondo antidiscriminazione, istituito con la legge regionale 5/2016, per ottenere il sostegno alle spese legali. Chi ha subito un'aggressione razzista potrà anche chiedere la consulenza legale di avvocati che hanno seguito corsi specifici in materia di diritto antidiscriminatorio».Ma non basta. Accanto al fondo antidiscriminazioni sarebbe al lavoro anche un apposito comitato istituito dalla Regione a cui andranno segnalate le situazioni «a rischio razzismo» in modo che le valuti e eventualmente le rimandi alla magistratura. Una specie di primo grado di giudizio creato ex novo, praticamente. O un pre-giudizio, se si preferisce.Sarà facile benaltrismo, ma viene veramente da chiedersi come andrebbero le cose se tanta attenzione venisse dedicata a qualche miglior causa, possibilmente non qualche emergenza farlocca inventata per dare addosso al governo. Ci si potrebbe anche interrogare su quanto un apposito fondo antidiscriminazioni possa indurre le persone ad arricchire denunce banali con una coloritura antirazzista, in modo da battere cassa alla Regione. Ecco quindi che nel resoconto di una qualsiasi lite nata per questioni di traffico (nel senso stradale o, magari, nel senso di altri traffici), ogni straniero avrà buon gioco nel pescare in una memoria selettivamente attivata dalle autorità il ricordo più o meno veridico di un «negro di m…» volato in mezzo all'alterco. E chi oserà mai contraddirlo, se il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, ha appena dettato le linee guida del contrasto ai reati d'odio, spiegando che d'ora in poi occorrerà evitare, per quanto possibile, l'archiviazione di fascicoli aperti su episodi di violenza, anche soltanto verbale, a sfondo razziale, nei confronti di cittadini stranieri. E nessuno che abbia fiatato, magari per far notare che l'archiviazione o meno di fascicoli non deve sottostare a regole politiche, quali che siano, ma alle pure e semplici leggi: si procede quando ci sono gli estremi, si archivia quando si deve archiviare, che si tratti di razzismo o di contadini che litigano per le mele cadute nel campo dell'uno o dell'altro. Anche perché stabilire che i fascicoli che riguardano gli stranieri debbano avere, in Procura, un iter differente da quelli dei comuni mortali assomiglia molto a quel famoso razzismo al contrario che, ci assicurano i giornaloni, sarebbe solo una fantasia populista. L'isteria antirazzista sembra essere scattata dopo alcune presunte aggressioni di stampo xenofobo avvenute sui mezzi pubblici torinesi e di cui l'edizione locale di Repubblica sta dando conto con notevole allarmismo. Il primo, avvenuto qualche giorno fa in metropolitana, è stato raccontato dalla stessa cronista del quotidiano, testimone diretta, e vede una ragazza italiana di origine marocchina aggredita verbalmente da un uomo che, ovviamente, non può fare a meno di condire gli insulti con una professione di fede elettorale: «Ha ragione Salvini. Io sono un leghista convinto». Un episodio che, se confermato, sarebbe certamente sgradevole ma di cui si faticherebbe a trovare il rilievo penale. L'altro è stato invece denunciato da una lettrice di Repubblica (ma tu guarda il caso), che ha visto un controllore inveire su un bus contro un ragazzo di colore: «Se mi tocchi di nuovo io ti ammazzo di botte». Di più non ne sappiamo: in che senso il passeggero aveva «toccato» il controllore tanto da fargli saltare i nervi? E, fermo restando il tono poco urbano che non dovrebbe comunque trovare posto nel linguaggio di un pubblico ufficiale, dove sarebbe il razzismo? Una volta appurati i fatti (magari con qualche elemento in più che non la sola testimonianza di una lettrice di Repubblica) si potrà al limite denunciare il controllore, ma per minacce, non certo per razzismo. Insomma, uno di quei fascicoli che non hanno la precedenza, per capirci.
Jose Mourinho (Getty Images)