2022-03-24
Spettro razionamenti. Iniziano i tagli alle forniture di gas
Le misure per ora riguardano i morosi. L’esperto: «In Italia almeno 21 compagnie energetiche sono in crisi di liquidità».Un tempo piuttosto remoto, ora lo spettro di un razionamento dell’energia e di alcune materie prime si fa sempre più probabile. Il motivo è piuttosto chiaro. Energeticamente, il nostro Paese è tra i più dipendenti dalla Russia e per tagliare il cordone serviranno «almeno tre anni» e una fonte alternativa a Mosca in grado di fornirci «30 miliardi di metri cubi» di gas. A dirlo senza mezzi termini, è il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in una informativa destinata alla Camera. Il problema, insomma, è capire cosa succederà almeno per i prossimi due inverni, una fase transitoria, e obbligatoria, che gli italiani potrebbero dover pagare a caro prezzo. L’obiettivo del governo è fornire, dice Cingolani, «un incarico a Snam per la negoziazione all’acquisto di una nave da rigassificazione, Fsru, e al noleggio di una seconda unità». Si tratta di navi divenute molto costose da reperire, vista che molti Paesi europei se le contendono per far fronte alle necessità energetiche. D’altronde, i primi segnali di un futuro razionamento sono già sotto gli occhi di tutti. Sarebbero già molte le società italiane che distribuiscono energia che non riescono più a sostenere le tariffe per megawattora del gas. Il gruppo Egea, ad esempio, ha iniziato a tagliare la fornitura alle aziende morose. «Molte aziende italiane hanno già iniziato a ridurre la fornitura», dice alla Verità Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, società italiana specializzata nella consulenza indipendente sulle materie prime. «Si tratta di un primo passo, una prima scrematura che in molti casi è un segnale di crisi di liquidità. I fornitori elettrici», spiega, «per offrire alla clientela delle tariffe fisse, devono operare anche sul mercato finanziario dell’elettricità, realizzando operazioni di hedging (investimenti a copertura per limitare i rischi, ndr). Quando, però, il prezzo per megawattora passa strutturalmente da 50 a 200 euro queste operazioni finanziarie diventano troppo costose da sostenere e i distributori entrano in crisi. A oggi in Italia ci sono già 21 aziende energetiche con problemi di liquidità. Il punto è che, se già ora si iniziano a tagliare le forniture ai morosi, bisognerà capire cosa succederà nei prossimi mesi. Il problema di un razionamento dell’energia», continua Torlizzi, «è concreto se il prezzo del gas dovesse tornare sopra i 300 euro per megawattora, i massimi toccati a inizio marzo. Oggi siamo a circa 100 ma se, sull’onda delle nuove tensioni legate al pagamento del gas esclusivamente in rubli verso la Russia, il prezzo dovesse subire nuove impennate, un problema sulle forniture potrebbe essere concreto». L’unica buona notizia è che ora andiamo verso consumi minori per motivi stagionali. Ma, già dal prossimo inverno, potremmo vederne delle belle. «Con questi valori», dice l’esperto, «si va a compromettere la stagione del ristoccaggio e il problema è che si arrivi al prossimo inverno con scorte molto basse. I rischi veri non sono a breve termine, ma più a medio termine».C’è poi un problema più a lungo termine. Poiché, anche in caso di veloce fine della crisi russo-ucraina, le sanzioni potrebbero rimanere in vigore, è lecito attendersi che i prezzi dell’energia resteranno alle stelle a lungo, motivo per cui il rischio di un razionamento non si placherà almeno per molti mesi e il mercato energetico resterà molto teso. In concreto, insomma, a partire da dicembre di quest’anno il governo potrebbe dover far fronte a una carenza di gas. Il problema non sarebbe quello di pagare troppo la materia prima, ma quello di reperirla. Il primo effetto potrebbe essere quello di imporre una limitazione sugli orari di accensione dei riscaldamenti degli edifici pubblici, prima, e di quelli privati, poi. D’altronde anche Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, in una intervista al Messaggero sostiene che reperire 15 miliardi di metri cubi sui 30 mancanti dalla Russia sarebbe già un successo. A tutto questo, poi, si aggiungano i picchi del prezzo del petrolio, con conseguente aumento dei carburanti, e la mancanza di metalli industriali, quelli che servono a molte aziende per andare avanti. Un esempio lampante è quello dell’alluminio, utilizzato dall’industria automobilistica, o del litio, componente fondamentale delle batterie che utilizziamo per telefonini o auto elettriche. Senza considerare la difficile reperibilità del palladio o del platino (importanti per le marmitte catalitiche), del nickel e anche dell’oro e dell’argento. Si tratta di «ingredienti» insostituibili per la vita di tutti i giorni. La prolungata mancanza di tutti questi materiali porterà inevitabilmente a un aumento dei prezzi (cui stiamo già assistendo) che culminerà in un rallentamento dell’economia a causa di valori troppo elevati da sostenere.Dopo due anni di Covid-19, insomma, ai cittadini italiani è chiesto ancora - e a lungo - un ulteriore sforzo sotto il profilo economico e sociale, visto che riscaldarsi e usare un mezzo a benzina sarà sempre di più un lusso per pochi.