2024-04-02
I libri di Francesco non finiscono mai: «Nel 2005 Ratzinger eletto grazie a me»
Dopo l’autobiografia esce il volume-intervista dove parla ancora di Benedetto, sostenendo una discutibile continuità tra i papati.Dopo Life. La mia storia nella Storia, l’autobiografia ufficiale del Pontefice pubblicata intorno a metà marzo, un altro (l’ennesimo) volume di papa Francesco, questa volta un libro-intervista sul suo rapporto con Benedetto XVI scritto con il giornalista spagnolo Javier Martinez-Brocal, è in arrivo il prossimo 3 aprile, in Spagna, a distanza di poche settimane. Si intitola El sucesor (Il successore) e, grazie a un estratto pubblicato dal quotidiano spagnolo Abc, sappiamo che contiene alcune nuove rivelazioni - in parte in contraddizione con precedenti esternazioni - sul conclave del 2005, quello che portò al soglio petrino Joseph Ratzinger. L’attuale Pontefice sarebbe stato al centro, secondo le nuove dichiarazioni, di una manovra orchestrata da alcuni cardinali per non consentire l’elezione del tedesco. Sarebbe stato lo stesso Bergoglio, dopo aver incassato 40 voti su 115 durante le votazioni - un numero sufficiente a fermare il nome di Ratzinger - a tirarsi indietro e a consentire così la vittoria dell’ex Papa emerito. Secondo quanto affermato da Francesco nel libro-intervista, Ratzinger era il suo candidato in quel conclave, in quanto «l’unico che a quel tempo poteva essere Papa». «Dopo la rivoluzione di Giovanni Paolo II, che era stato un Pontefice dinamico, molto attivo, intraprendente, viaggiante... c’era bisogno di un Papa che mantenesse un sano equilibrio, un Papa di transizione», spiega Bergoglio. «Se avessero scelto uno come me, che combina tanti guai, non avrei potuto fare nulla. A quel tempo non sarebbe stato possibile».La manovra dei cardinali, secondo lo stesso Francesco, faceva di lui un uso strumentale: l’obiettivo era quello di bruciare il nome del candidato tedesco facendo convergere un buon numero di voti sulla sua persona, per poi tirare fuori un terzo nome al momento giusto. Piano fermato, secondo le ultime indiscrezioni, dall’attuale Pontefice il quale, però, in passato, aveva dichiarato che all’interno del conclave «era chiaro che Benedetto doveva essere eletto e c’era quasi l’unanimità per questo». «La sua candidatura era chiara, nel secondo (scrutinio, ndr) non c’era alcun candidato. Ci sono stati diversi papabili, ma nessuno forte». I racconti sul conclave, d’altra parte, sono un oggetto misterioso, visto che la costituzione apostolica Universi dominici gregis impedisce ai cardinali elettori di diffondere informazioni di ogni sorta riguardo alle votazioni. Divieto aggirato da papa Francesco, il quale sostiene che «i cardinali giurano di non rivelare quello che succede nel conclave, però i Papi hanno la licenza di raccontarlo», ma violato anche da altri, visto che nel 2009 sulla rivista Limes è uscito il diario segreto di uno dei partecipanti (rimasto anonimo) del conclave del 2005, in cui per altro trova conferma la notizia dei 40 voti per Bergoglio.Secondo altre ricostruzioni, il vero artefice dell’elezione di Benedetto XVI sarebbe stato, in realtà, il cardinale Carlo Maria Martini, in quegli anni sicuramente più influente dell’attuale Pontefice all’interno dell’ala liberal. L’ex arcivescovo di Milano, tuttavia, era già affetto dal Parkinson e questo lo rendeva ineleggibile. Dunque i voti progressisti confluirono effettivamente su Bergoglio, ma sarebbe stato lo stesso Martini, secondo diverse voci, a non fidarsi del confratello gesuita e a offrire il suo appoggio, infine, all’elezione di Ratzinger. Tali ricostruzioni non sono in contraddizione con le parole di Francesco, ma attribuiscono pesi diversi alle varie azioni dei protagonisti. Il cardinale biblista, a quanto pare, si fidava più del candidato tedesco che di quello argentino.Al di là delle trame vaticane, ciò che colpisce è questa continua insistenza nel negare, direttamente e indirettamente, una certa opposizione nei confronti di Benedetto XVI, ravvisabile in quasi tutto l’operato di Francesco. A partire dal motu proprio Traditiones custodes, la lettera apostolica che ha di fatto vietato la celebrazione della messa in rito antico, a cui Benedetto XVI aveva ridato cittadinanza con la Summorum Pontificum. Non solo uno sgarbo nei confronti del Papa «emerito», al quale, secondo i racconti di padre Georg Gänswein, si è spezzato il cuore dinnanzi a quell’atto, ma una decisione che ha aperto uno scontro ancora molto acceso (e una profonda divisione) tra l’ala tradizionalista della Chiesa e il Vaticano. O ancora la polemica che aveva accompagnato la pubblicazione di La teologia di papa Francesco, la collana di undici volumi al cui interno, tra gli altri, compaiono gli scritti di Peter Hünermann, teologo che durante il pontificato di Benedetto si era contraddistinto per aver attaccato la figura dell’allora successore di Pietro. Il Papa emerito, in quell’occasione, aveva negato una sua prefazione alla collana, sottolineando in una lettera lo stupore per la presenza, tra gli autori, del professore Hünermann.Anche se la più grande sconfessione del ministero di Benedetto XVI è arrivata dopo la morte di quest’ultimo, con la pubblicazione di Fiducia supplicans, la dichiarazione sottoscritta da Francesco che ha aperto alla benedizioni delle coppie omossessuali. Scritto da Víctor Manuel Fernández, che a luglio del 2023 è diventato prefetto per la Dottrina della fede, ruolo storicamente appartenuto proprio a Ratzinger durante il pontificato di Giovanni Paolo II, il documento sancisce in maniera definitiva l’impossibilità di raccontare gli ultimi due magisteri petrini all’insegna della continuità, come pure dal Vaticano si continua insistentemente a cercare di fare. Stesso discorso per le dichiarazioni aperturiste di Francesco sul celibato dei preti, al momento non in discussione ma ritenuto rivedibile e che Benedetto XVI aveva invece definito indispensabile in un testo a quattro mani scritto con il cardinale Robert Sarah. Nessuno intende mettere in discussione le parole del Pontefice sul conclave del 2005, ma, osservando gli atti e le decisioni che hanno caratterizzato il suo pontificato, al presunto sostegno a Ratzinger durante le votazioni di quell’anno non ha certo fatto seguito, dopo la sua elezione al soglio petrino, un vero riconoscimento del magistero del teologo bavarese. Questa discontinuità, al di là di ricostruzioni ex post, è l’unica evidenza dinnanzi agli occhi di tutti i fedeli.
Nicolás Maduro (Getty Images)
Volodymyr Zelensky in piedi davanti a un sistema missilistico antiaereo Patriot durante la sua visita a un'area di addestramento militare in Germania dello scorso giugno (Ansa)