2025-09-16
Ramy, la sentenza che «blinda» l’Arma: «Inseguimento legale e doveroso»
Le motivazioni della condanna in primo grado dell’amico Fares Bouzidi fanno piazza pulita delle accuse mosse ai carabinieri.Dopo mesi di polemiche, ricostruzioni parziali e accuse rimbalzate sui social, una sentenza prova a mettere ordine e dice con chiarezza di chi sono le responsabilità dello schianto che nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2024 ha spezzato la vita di Ramy Elgaml, 18 anni.Un verdetto che non riguarda ancora l’ipotesi di omicidio stradale - per cui non ci sono stati al momento rinvii a giudizio e il processo non è iniziato - ma che, con ogni probabilità, potrebbe pesare a favore dei carabinieri anche in quella sede, confermando la piena legittimità del loro operato. Non un inseguimento azzardato da parte dei militari, non un eccesso di zelo delle pattuglie, ma una fuga che il giudice definisce come condotta totalmente illegittima e contraria ai doveri di legge, una corsa folle in sella a un T-Max truccato e guidato da chi non aveva la patente, una decisione che ha trasformato un controllo di routine in una tragedia irreparabile. È il cuore della motivazione firmata dal gip di Milano, Fabrizio Filice, che ha dichiarato responsabile Fares Bouzidi, 22 anni, condannandolo a due anni e otto mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale, aggravata e in concorso formale.La storia inizia in viale Monte Grappa alle 3.40 del mattino. Una pattuglia del Nucleo radiomobile nota un T-Max con due ragazzi a bordo e ordina l’alt. Il controllo che poteva chiudersi con pochi minuti di accertamenti prende invece una piega diversa: il conducente dello scooter sterza dietro un’auto in sosta, riparte a tutta velocità e dà inizio a un inseguimento che durerà circa nove minuti, filmato passo passo dalle dash-cam e dalle body-cam degli operatori. La fuga si trasforma subito in una serie di manovre pericolose: semafori rossi superati senza rallentare, tratti imboccati in contromano tra via della Moscova e via Pontaccio, sorpassi a destra e uno scontro laterale con l’auto dei carabinieri «Volpe 60». Nonostante la perdita del casco in zona Palazzo di giustizia, a causa dei dossi, Bouzidi non rallenta. Anzi, spinge ancora sul gas, continuando a guidare il suo scooter truccato come se fosse in una corsa clandestina nel cuore della città. Accanto a lui, sul sellino posteriore, c’è Ramy, diciottenne che di lì a poco pagherà con la vita l’imprudenza dell’amico.Il quadro che emerge dagli atti è chiaro: Bouzidi aveva acquistato il T-Max pur senza avere la patente adeguata. Non solo, aveva fatto montare un variatore per aumentarne la velocità e, il giorno prima della tragedia, era stato bocciato all’esame di guida. Davanti al giudice ha ammesso la ragione della fuga: la paura di una multa e del sequestro del mezzo. Un motivo minimo, che non giustifica in alcun modo la scelta di mettere a repentaglio la propria vita, quella dell’amico e quella di chiunque si trovasse sulle strade attraversate a folle velocità.Il tratto finale in via Ripamonti, all’altezza di via Quaranta, spiega meglio di ogni altra cosa come e perché sia avvenuto lo schianto. Nelle parole della sentenza: Bouzidi «sopraggiungeva a velocità elevata, peraltro su un tratto di strada dove insiste la linea ferrata del tram e comunque impegnando il senso opposto di marcia e omettendo di dare precedenza, effettuava un’improvvisa manovra di svolta a sinistra in direzione di via Quaranta, a seguito della quale perdeva l’equilibrio, sì che lo scooter scivolava “scarrocciando” a velocità sostenuta sul marciapiede, sino a impattare contro il palo semaforico pedonale, per poi terminare la corsa contro un’aiuola». Un passaggio che chiarisce senza ambiguità: la causa dello schianto fu esclusivamente la guida del giovane, la scelta di girare di colpo su un tratto con rotaie, ad altissima velocità e in senso opposto. Non ci fu alcuna manovra a «tenaglia», nessun contatto con le auto dei carabinieri al momento decisivo.La difesa di Bouzidi aveva sostenuto che, essendo stata rilevata la targa del mezzo, l’inseguimento avrebbe dovuto interrompersi. Il gip Filice smonta questa linea con decisione: di fronte a una fuga così pericolosa, la reazione degli operanti non era solo legittima ma necessaria, prevista dal Codice della strada che obbliga a fermarsi all’alt e l’uso del lampeggiante: è l’adempimento di un dovere. È un passaggio chiave: non c’è spazio per leggere quella sequenza di eventi come un atto arbitrario da parte delle forze dell’ordine. La fuga di Bouzidi ha imposto l’inseguimento, non il contrario.Il giudice lo dichiara, quindi, responsabile del reato contestato, resistenza a pubblico ufficiale in concorso formale, sottolineando la natura «plurioffensiva» della condotta: non solo un attentato all’autorità, ma un pericolo concreto per l’incolumità dei militari e dei cittadini. La pena parte da tre anni, viene aumentata a quattro per la recidiva infraquinquennale - una condanna del 2023 per ricettazione - e, infine, ridotta a due anni e otto mesi per effetto del rito abbreviato. Sul piano civile, il gip riconosce a sei carabinieri costituiti parte civile un risarcimento di 2.000 euro ciascuno per i danni non patrimoniali, anche in ragione delle lesioni riportate da due militari e delle campagne d’odio subite nei mesi successivi. Restituiti denaro e collana sequestrati, confiscati invece spray urticante e passamontagna, destinati alla distruzione.Alla fine, questa sentenza fa chiarezza e fissa i primi contorni delle responsabilità: i carabinieri agirono legittimamente, non causarono lo schianto, prestarono soccorso immediato. Tutto il resto è nella scelta ostinata e illegittima di Bouzidi di non fermarsi. Una scelta che il giudice Filice ha definito senza esitazioni come condotta totalmente illegittima e contraria ai doveri di legge e che ha avuto il costo più alto possibile.E non è finita qui. Sul fronte penale resta ancora aperto il fascicolo per omicidio stradale: il processo non è neppure iniziato, perché non ci sono ancora stati i rinvii a giudizio. Ma questa decisione peserà inevitabilmente anche in quella sede. La ricostruzione del gip Filice, che riconosce la piena legittimità dell’operato dei carabinieri e attribuisce a Bouzidi la responsabilità totale della fuga e del suo esito, sarà un punto di riferimento anche per chi dovrà valutare l’ipotesi di quel reato.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)