2022-03-12
Raid contro Dnipro e le città dell’Ovest. A Kiev si stringe la morsa dei blindati
Attacchi vicini ai confini Ue. Sequestrato il sindaco di Melitopol I russi: «Controlliamo noi la centrale atomica di Zaporizhzhia».Nuova telefonata con Emmanuel Macron, Bruxelles e Washington introducono altre sanzioni. Erdogan rimprovera l’Occidente. E ora Vladimir Putin valuta di sfruttare i flussi di migranti.Lo speciale contiene due articoliLa guerra in Ucraina si fa più cruenta. Immagini satellitari hanno mostrato che il lungo convoglio militare russo, fermatosi nei pressi di Kiev nei giorni scorsi, è stato sciolto, mentre i suoi elementi sono stati riposizionati in svariate aree attorno alla capitale ucraina. Secondo il ministero della Difesa britannico, è probabile che questa mossa possa preludere a un attacco contro Kiev nelle prossime ore o nei prossimi giorni. Un segnale preoccupante è arrivato dalla Turchia che ha evacuato la propria ambasciata nella capitale ucraina. Nel frattempo, gli attacchi di Mosca si sono intensificati. «Ogni 30 minuti gli aerei arrivavano sulla città di Mariupol e operavano sulle aree residenziali, uccidendo civili: anziani, donne, bambini», ha dichiarato il sindaco di Mariupol, Vadym Boychenko. I media di Mosca hanno inoltre riferito che i separatisti filorussi avrebbero conquistato la città di Volnovakha: un fattore che, secondo Al Jazeera, potrebbe facilitare la presa di controllo della stessa Mariupol da parte dei russi. Ricordiamo che il Cremlino considera questa città strategica sia perché punta a sottrarre al governo di Kiev i centri portuali sia per la sua posizione sul Mar d’Azov. In tutto questo, tre raid aerei si sono abbattuti sulla città di Dnipro. «Ci sono stati tre attacchi aerei sulla città, in particolare su un asilo nido, un condominio e una fabbrica di scarpe a due piani, provocando un incendio. Una persona è morta», hanno dichiarato le autorità ucraine. Nel frattempo, il ministero della Difesa russo ha reso noto che le proprie truppe hanno lanciato un attacco ad alta precisione contro due aeroporti militari posti nelle città di Lutsk e Ivano-Frankivsk: le strutture sarebbero state messe fuori gioco. Un aspetto da sottolineare è che queste città sono collocate fortemente a Ovest e -specialmente Ivano-Frankivsk - a non molti chilometri dai confini di Moldavia, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia, cioè dell’Ue. Bisogna però fare attenzione soprattutto alla Moldavia, perché si sospetta che il Cremlino voglia usare un’eventuale conquista di Odessa come trampolino di lancio verso la Transnistria. Non è quindi del tutto escludibile che l’offensiva ai due aeroporti possa essere inserita in questo quadro. Intanto, Energoatom ha reso noto ieri che Mosca ha dichiarato la centrale nucleare di Zaporizhzhia come ormai sottoposta al controllo della russa Rosatom. Si conferma quindi la strategia militare del Cremlino che, oltre al controllo dei porti, mira a bloccare il rifornimento energetico al governo di Kiev. Dall’altra parte, il Guardian ha pubblicato il video di un drone che sembra descrivere una possente imboscata ucraina ai danni di una colonna di carri armati russi nei pressi di un sobborgo a Est di Kiev. «Abbiamo già raggiunto una svolta strategica. Siamo già sulla strada per la vittoria. Abbiamo bisogno di tempo, pazienza, saggezza, energia, dobbiamo fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile», ha detto Volodymyr Zelensky, in un videomessaggio ieri. Incontrandosi con l’omologo bielorusso Alexander Lukashenko, Vladimir Putin ha dal canto suo parlato di alcuni progressi nei colloqui con l’Ucraina. Ricordiamo che l’incontro in Turchia dell’altro ieri tra i ministri degli Esteri russo e ucraino si era concluso senza passi avanti, sebbene fosse stata ventilata l’ipotesi di un vertice tra Putin e Zelensky. Oltre ad aumentare la pressione militare, il capo del Cremlino si è detto pronto a cedere alle repubbliche separatiste del Donbass le armi occidentali cadute in mano russa nel corso del conflitto. Tutto questo, mentre su alcuni siti circola la notizia che i sistemi di difesa ucraini avrebbero per errore abbattuto due velivoli militari rumeni nei giorni scorsi: non è però al momento chiaro se tale notizia sia verificata. Frattanto il sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov, è stato sequestrato ieri nel centro della città mentre stava distribuendo aiuti umanitari alla popolazione, pare da un commando di dieci russi.In attesa del quarto round di colloqui tra le delegazioni, la situazione generale si fa sempre più preoccupante. I problemi russi derivano da una serie di elementi: l’assenza del fattore sorpresa, un’eccessiva sottovalutazione dell’avversario e un’avanzata territoriale troppo rapida nei primissimi giorni di invasione. Un dato, quest’ultimo, che - come detto alla Cnn dall’analista di Jane’s Thomas Bullock - ha permesso alle forze ucraine di allungarsi dietro le unità meccanizzate russe e di mettere nel mirino le colonne logistiche di Mosca, che viaggiavano su percorsi non resi adeguatamente sicuri. Gli ucraini, dal canto loro, sono in inferiorità numerica e il recente riposizionamento delle truppe russe punta probabilmente a correggere alcuni degli errori commessi. È probabile che i due contendenti si stiano muovendo per mettersi vicendevolmente sotto pressione in vista del prosieguo dei negoziati, con Putin che spera in un cedimento di Zelensky e Zelensky nel timore nutrito da Putin di impantanarsi. La guerra sul campo si accompagna a una guerra di nervi. E intanto la tensione continua a crescere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/raid-contro-dnipro-e-le-citta-dellovest-a-kiev-si-stringe-la-morsa-dei-blindati-2656936068.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-zar-passi-avanti-nei-colloqui" data-post-id="2656936068" data-published-at="1647072265" data-use-pagination="False"> Lo zar: «Passi avanti nei colloqui» Mentre si intensificano le operazioni belliche sul terreno ucraino, i tentativi diplomatici non si arrestano. Ieri, il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto una nuova conversazione telefonica con l’omologo russo, Vladimir Putin. Inoltre, appositamente interpellato sul colloquio che avrebbe dovuto aver luogo l’altro ieri tra lo stesso Putin e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha risposto: «Non ho informazioni su Schröder. Non posso dire nulla». Parole sibilline, ma che non costituiscono una smentita. Tra l’altro, proprio due giorni fa si era tenuta un’altra telefonata tra il leader russo, Macron e l’attuale cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Insomma, la crisi ucraina sta ricompattando quell’asse francotedesco che, almeno fino a pochi giorni fa, sembrava notevolmente indebolito. Tutto questo, mentre l’Italia e le stesse istituzioni europee sembrano progressivamente relegate a un ruolo marginale nei tentativi di mediazione. Nel frattempo, il capo della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato ieri nuove sanzioni a Mosca, rendendo inoltre nota l’intenzione di ridurre del 66% la dipendenza europea dal gas russo entro l’anno corrente. Misure punitive sono arrivate, sempre ieri, anche dagli Stati Uniti. Il presidente americano, Joe Biden, ha dichiarato che sarà revocato alla Russia lo status commerciale di «most favored nation»: come sottolineato da The Hill, «la mossa consentirà agli Stati Uniti e ad altri Paesi di imporre tariffe più elevate sulle merci russe, il che ostacolerà ulteriormente l’economia russa». Sempre ieri, Biden ha anche sentito al telefono Zelensky, assicurandogli sostegno. Tuttavia l’inquilino della Casa Bianca è tornato ad escludere un’escalation. «Non combatteremo una guerra contro la Russia in Ucraina. Il conflitto diretto tra Nato e Russia è la terza guerra mondiale, qualcosa che dobbiamo sforzarci di evitare». Come sottolineato dai media d’Oltreatlantico, il riferimento era all’indisponibilità del governo statunitense ad aprire alla possibilità di istituire una no fly zone: scenario, questo, che rischierebbe di portare a un confronto militare diretto i caccia della Nato con quelli russi. Un tentativo diplomatico è stato condotto ieri anche dal presidente della Finlandia, Sauli Niinistö, che ha avuto un colloquio con Putin. Niinistö ha in particolare chiesto al leader russo un cessate il fuoco immediato per consentire l’evacuazione dei civili, mettendo inoltre in luce le critiche mosse dall’opinione pubblica occidentale a Mosca. A intervenire, sempre ieri, è stato anche il presidente turco Tayyip Erdogan, secondo cui l’attuale crisi sarebbe il frutto della reazione occidentale troppo blanda all’invasione russa della Crimea avvenuta nel 2014. «Non ci saremmo trovati di fronte a un quadro del genere se l’Occidente, il mondo intero, avesse alzato la voce», ha detto Erdogan. Il capo del Cremlino, dal canto suo, ha avuto un incontro con l’omologo bielorusso, Alexander Lukashenko, rafforzando così ulteriormente i propri legami con Minsk. Ma il presidente russo sta gestendo la crisi ucraina anche su un piano extraeuropeo. Proprio ieri il vice ministro della Difesa russo, Alexander Fomin, e il ministro della Difesa del Mali, Sadio Camara, hanno avuto una discussione sulla cooperazione militare bilaterale. Ricordiamo che, soprattutto negli ultimi mesi, Mosca e Bamako hanno intensificato i loro rapporti a discapito della Francia. Tutto questo, mentre l’influenza russa sul Sahel sta crescendo progressivamente: quel Sahel che costituisce un’area cruciale per i flussi migratori diretti verso l’Unione europea. Senza poi trascurare che la longa manus di Mosca si estende anche sulla parte orientale della Libia. Ecco, è proprio questo il punto. Nella sua ritorsione contro Bruxelles, Putin potrebbe cercare di mettere sotto pressione l’Ue da Sud, facendo leva sui flussi migratori. Un tema inquietante, rispetto a cui la leadership europea dovrebbe iniziare già a prendere delle contromisure.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)