
Alcuni giornali difendono il giovane che ha rifiutato di sostenere l’esame orale in dissenso col sistema dei voti. Ma quella del ragazzo è stata una sceneggiata: la promozione era certa. Così è facile atteggiarsi a Masaniello.Siamo in una democrazia e dire quello che si pensa dovrebbe essere la base, perché se non si discute non si migliora». Il ragionamento di Gianmaria Favaretto non fa una grinza ma contraddice in pieno quello che ha fatto. Bravo Favaretto, la democrazia è proprio un luogo di discussione, sì, ma se tutti rispettano le regole, altrimenti, se tutti facessero come ha fatto lei, la democrazia si trasformerebbe in una caosarchia: regnerebbe il caos assoluto e nel caos assoluto regnerebbe la legge del più forte in cui non so se a questo hidalgo della scuola italiana sarebbe stato permesso di fare all’esame il cacchio che voleva. Caro Favaretto, lei avrebbe potuto fare ciò che voleva solo nel caso in cui si fosse trovato dalla parte del più forte e non avendo calcolato prima che aveva i crediti sufficienti per essere promosso, sostenere gli esami scritti e poi mettere in piedi questa sceneggiata aggirando le regole furbescamente come ha astutamente fatto. Mi scusi, o sommo Favaretto, ma da donde potrebbe addurre ragioni perché le prove scritte siano differenti dalle prove orali? Mi scusi, ma anche esse non sono un esercizio nozionistico inutile? O forse lei, ritenendosi un creativo, ha potuto sopportare l’onta di dover vergare a mano il banale tema di italiano che ha potuto rivelare ai componenti della commissione la sua forte componente di intuizione creativa mentre ciò non sarebbe stato possibile in una squallida interrogazione sulle varie materie studiate? Mi scusi Favaretto, ma lei non avrebbe potuto discutere affrontando democraticamente le domande che le fossero state poste e contestando, di volta in volta, la loro nozionisticità e, dunque, inutilità? Lei ha gettato il guanto avendo calcolato i suoi crediti ed essendo quindi sicuro che l’altro non avrebbe potuto sfoderare la spada del sapere e magari trafiggere la sua malcelata ignoranza. Lei sostiene che è insana la competizione tra studenti, che nello sport giustifica, ma a scuola no. La competizione, mio caro Favaretto - mi consenta nonostante la mia palese ignoranza di fronte alla sua strabordante sapienza -, non è tra studenti, a scuola, ma è con sé stessi nel riuscire ad appropriarsi di una materia in modo tale che, magari, superi il livello di comprensione da parte degli altri. È una sfida con sé stessi prima di tutto e che tutti non arrivino allo stesso livello è un normale patto di diversità tra persona e persona, in questo caso tra studente e studente perché, come lei ha sostenuto in un’intervista, non dovremmo arrivare tutti insieme. Insieme si entra in classe, ci si siede, si ascolta, si impara e poi ci si sottopone a un confronto con chi ci insegna per capire, prima noi stessi, e poi chi ci interroga, se abbiamo compreso e a che livello di comprensione siamo arrivati. Posso capire che tutto questo per un Masaniello come lei sia troppo basso, forse anche un po’ volgare, ma sa, non tutti sono al suo livello e qualcuno decide anche di sottoporsi alla prova orale. Ho scritto Masaniello perché lei sta facendo seguaci, sta seminando un seme che probabilmente il segretario della Cgil, Maurizio Landini, chiamerebbe di «rivolta culturale». Io, nel mio piccolo, mi permetto di ripetere che secondo me lei ha fatto una sottile sceneggiata essendosi premurato, usando il pallottoliere, che avrebbe comunque ottenuto l’infame «lasciapassare» per non ripetere l’anno. Autorevoli opinionisti l’hanno difesa dalle pagine di Repubblica e nientepopodimeno dalla prima pagina del Corriere della Sera che, in questo caso, mi è parso più un corsivo da libro Cuore dove lei fa la figura - ascolti un vecchio ignorante - del povero Garrone e dove Franti, il bullo, in questo caso, non è una persona ma l’intero apparato scolastico.Guardi, c’è un punto in cui lei sorvola in modo elegante e forse un po’ perbenista, e cioè che a scuola spesso il raglio provenga dal professore piuttosto che dallo studente. Su questo non c’è dubbio e io non so se lei ha avuto dei professori somari, ma anche se li avesse avuti - mi permetta la caduta di stile - comunque lei non sarebbe stato autorizzato a fare il cazzo che vuole. La democrazia che lei invoca non funziona purtroppo così, mio caro Garrone.Sa che già dai tempi di un tale Socrate la discussione costituiva l’anima dell’insegnamento, che il contraddittorio rappresentava lo spazio entro il quale si maturavano le capacità critiche? Senza confronto non c’è crescita e chi non vuole ammettere questo non sa che la competizione non è la legge della giungla ma è un modo - ovviamente limitato come tutto ciò che è umano - di provare a tirare fuori da ognuno il meglio. Io non mi sono mai sentito in competizione con gli altri, né durante il ciclo scolastico né durante l’università. Mi sono sempre sentito in competizione con me stesso e, spesso, mi sono anche sentito inadeguato pur prendendo magari voti più alti degli altri, perché il mio obiettivo era quello di capire fino in fondo, nonostante l’evidente incompetenza di chi mi insegnava; di fronte a un canto della Divina Commedia il professore passava in secondo piano, in primo piano c’era Dante e il suo pensiero dai quali ero affascinato e, talora, da questo fascino derivava il mio senso di manchevolezza, di scarsezza, a volte financo di inidoneità. Per tutto questo che ho scritto io credo che il ministro Valditara ben cosciente, perché lo ha detto e lo ha fatto capire in varie occasioni, dell’inadeguatezza di molti docenti, ha dichiarato che dal prossimo anno chi fa scena muta agli esami orali verrà bocciato. Ciò che a lei parrà ingiusto ed esagerato a me sembra sano. Mi permetta un ultimo esempio ai suoi occhi certamente becero: se ritenessimo che tutte le scuole guida sono inadeguate, seguendo il suo modo di fare, dovremmo tutti guidare fottendocene di avere la patente o meno. Io fui bocciato non ricordo se due o tre volte all’esame teorico per la patente perché mi rifiutavo di studiare quei quiz che ritenevo fastidiosi e all’epoca inutili, ma non mi permisi di guidare la macchina finché non superai la prova. Troppo facile fare i rivoluzionari avendo calcolato che la rivoluzione che vogliamo fare non comporterà per noi alcun rischio. Egregio Favaretto, le giungano i miei più distinti saluti. Espressioni informali come «Ciao» o «Saluti» mi parrebbero troppo basse per cotanta personalità. Devotamente suo. Paolo Del Debbio
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