2021-02-13
        Con questi qui cambiare le cose sarà dura
    
 
La scelta dei ministri rivela alcuni dei rischi del governo: per arginare Bruxelles bisogna sperare in Mario Draghi, ma Andrea Orlando al Lavoro e la conferma di Luciana Lamorgese non fanno sperare. Pd e Fi festeggiano: la Lega dovrà faticare per imporre i suoi temi.Con convinzione, questo giornale non si è limitato a prendere atto del nuovo scenario determinato dall'incarico a Mario Draghi. La Verità, da subito, a partire dagli editoriali del direttore Maurizio Belpietro, pur non nascondendo che ci si sarebbe per molti versi trovati in terra incognita, ha invitato il centrodestra a vedere il bicchiere mezzo pieno (la sparizione politica dell'avvocato di Volturara Appula) e a scommettere sull'opportunità, evitando di regalare Draghi alla sinistra (e invitando Draghi a fare di tutto per divincolarsi dall'abbraccio giallorosso). Tuttavia, è metodologicamente corretto mettere nero su bianco anche i rischi della nuova fase, resi visibili da alcune delle scelte annunciate ieri sera. I pericoli più gravi sono almeno cinque. Il primo riguarda la cattiva notizia legata alla permanenza di alcune figure. Serviva discontinuità, era urgente l'archiviazione delle facce legate alla stagione di Conte. Le conferme di Dario Franceschini, Luigi Di Maio, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese (e di altri), unite ad Andrea Orlando al Lavoro, vanno nella direzione sbagliata. L'esempio più chiaro riguarda il Viminale. C'è da chiedersi quali siano stati i meriti della Lamorgese. È la persona che si è intestata lo smontaggio dei decreti Salvini: c'è da dubitare che questo sia un buon viatico alla ricerca di un compromesso sull'immigrazione. Appena arriverà la bella stagione, e con essa gli sbarchi, il tema si riproporrà. L'altro esempio investe la Salute: premiare Roberto Speranza, uomo simbolo del naufragio di questi mesi, costretto perfino a ritirare un libro autocelebrativo, appare come un errore difficilmente scusabile. Il secondo rischio ha a che fare con la questione europea, che pende come una spada di Damocle. Inutile girarci intorno: il pericolo del pilota automatico esiste. Nei giorni scorsi, il Financial Times ha usato un'espressione inquietante per riferirsi alle «Raccomandazioni Paese», ovvero all'elenco di indicazioni che la Commissione dirama per ciascuna capitale. Per l'Italia, come per una sorta di disturbo ossessivo compulsivo, Bruxelles chiede altre tasse (sulla prima casa e riforma del catasto, come se non bastasse la stangata sul mattone da 21 miliardi annui che già esiste), più misure draconiane sulle pensioni. Ecco, con una punta di sadismo, facendo leva sul legame tra quelle «Raccomandazioni Paese» e la fruizione della parte a fondo perduto del Recovery fund, il Ft ha osservato che le «country-specific recommendations», prima «toothless» (sdentate), adesso «finally» avranno i loro «teeth» (denti: restando nella metafora, potranno «mordere»). È proprio il caso di dire che «qui si parrà la nobilitate» di Draghi (anche perché non c'è un ministro delle Politiche Ue): farà argine a tutto ciò, ponendosi come garante ed evitando questo tipo di forche caudine, oppure avrà la tentazione di agire come «commissario» di Bruxelles? Il terzo rischio sta nella scelta così debordante di tecnici e tecnocrati, selezionati al di fuori di consultazioni con i partiti. Per carità: nessuno in Italia sarà disposto a stracciarsi le vesti per una carenza di coinvolgimento dei segretari di partito. Eppure un commissariamento totale delle forze politiche, abbinato al rifiuto di ridare la parola ai cittadini attraverso libere elezioni, sembra prefigurare un rischio di verticalizzazione oligarchica, con scarsa accountability e una tendenza a separare l'esercizio del potere da qualunque legame diretto o indiretto con gli elettori. Il quarto problema è la dimenticanza del settore privato, dell'economia reale, delle Pmi. Molto sembra centrato su piani pubblici. Non si vede, tra i prescelti di ieri sera (con l'ultrapositiva eccezione di Massimo Garavaglia), chi abbia la forma mentis, per creare un ambiente a tasse basse e regolamentazione leggera, fondamentale per consentire alle imprese di tornare a correre.Il quinto e ultimo rischio (ma non ultimo per gravità) ha a che fare con una maggioranza in cui il peso parlamentare del terzetto M5s-Pd-Leu è preponderante. In più, anche dal dosaggio politico delle nomine di ieri sera si intuisce qualcosa, forse anche della mano di Mattarella. Le scelte soddisfano le tre correnti interne del Pd, premiano Forza Italia, che ottiene una rappresentanza più ampia del previsto (e di sensibilità non esattamente pro Lega), e anche i grillini, che bene o male mantengono una pattuglia non piccola. Mentre inevitabilmente, al di là della volontà degli interessati, ci sarà un tentativo (anche mediatico) di mettere in contrapposizione Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini, che pure porta a casa anche le positive nomine di Garavaglia ed Erika Stefani. Toccherà al segretario leghista lottare per tenersi la centralità politica che si è conquistato in queste settimane.
        Beatrice Venezi (Imagoeconomica)
    
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