2021-11-05
La Costituzione? Chissenefrega: basta la salute...
Carlo De Benedetti (Ansa)
Gli ultrà della Carta come Carlo De Benedetti e Carlo Verdelli folgorati sulla via del draghismo: per dare i pieni poteri all'ex banchiere pronti a stravolgere il ruolo del Parlamento. E il dettato della legge fondamentale? «Amen».Aiuto, mi si è ristretta la Costituzione. Ricordate la Carta più bella del mondo, quella che muoveva girotondi maligni e Benigni, intellettuali, scrittori, filosofi, cantanti, artisti, editorialisti, quella per cui nascevano opere d'arte e trasmissioni tv, quella celebrata, amata, riverita, coccolata, difesa a spada tratta, considerata intangibile come la reliquia di Sant'Antonio e sacra come la Sindone? Ebbene: dei 139 articoli ne è rimasto un solo. Il 32. Quello del diritto alla salute, ergo il dovere di vaccinarsi. Tutto il resto, negli ultimi mesi, è stato ridotto a brandelli, a cominciare dall'articolo 1, quello della Repubblica fondata sul lavoro, che ha dovuto cedere il passo alla Repubblica fondata sul green pass. La libertà di manifestare? Va compressa. La libertà di pensiero? Solo se sei pro vax. La libertà di riunione? Solo se fai un rave. E così, passo dopo passo, dopo aver fatto strage della parte prima della Costituzione, siamo arrivati a distruggere anche la parte seconda, quella dedicata all'ordinamento politico. Il Parlamento? Non conta. Le elezioni? Quando capita. Il presidente della Repubblica? Sostituisce il governo. Ma la Costituzione non dice altro? Amen. Amen. Scrive proprio così Carlo Verdelli, ottimo collega, già direttore di Repubblica, Gazzetta dello Sport, Sette, Vanity Fair nonché coordinatore dell'informazione Rai. «Giorgetti dice il vero: Draghi governa ovunque lo si metta. Quirinale compreso. La Costituzione dice altro? Amen». Ecco, appunto. Amen. Una prece. De profundis clamavi. L'eterno riposo donale o Signore. La fu Costituzione più bella del mondo viene seppellita con un tweet «almeno finché l'Europa ci finanzierà la ripartenza», come spiega ancora Verdelli con la solita chiarezza. D'altra parte, come stupirsi? Se l'Europa finanzia la ripartenza, a che serve la Costituzione? La prossima volta i padri costituenti ci pensino e non stiano lì a perdere tutto quel tempo per scrivere le regole della democrazia. Non lo sanno che un Pnrr basta e avanza? Voi direte: solo un tweet sbagliato. Macché. Ormai l'idea di stracciare la Costituzione è una tendenza. Un filone di pensiero, ovviamente molto democratico. Poche ore dopo l'illuminante tweet del democratico Verdelli, infatti, è sceso in campo anche il democratico Carlo De Bendetti. Il quale dopo aver annunciato la sua volontà di restituire il passaporto italiano in caso di ascesa al Quirinale di Silvio Berlusconi (cosa che, da sola, renderebbe tale elezione desiderabile) è intervenuto sulla discussione sul «semipresidenzialismo de facto» con «Draghi che continua a guidare il convoglio dal Colle» (l'ideona di Giorgetti) dicendo che «torcere un po' la Costituzione» in fondo non fa troppo male. Anzi, quando si hanno personaggi come Draghi è inevitabile perché bisogna «lasciarlo lavorare». Non male per uno che solo cinque anni fa, ai tempi del referendum di Renzi, diceva che la Costituzione non si può cambiare in modo improvvisato perché bisogna sempre stare molto attenti a «garantire la dialettica democratica» (intervista al Foglio, 4 giugno 2016). E come si garantisce la dialettica democratica in questo caso? «Torcendo un po' la Costituzione»? Trasformandola in un semipresidenzialismo ad personam? Magari anche in una semimonarchia? E perché non il semiimpero, con Draghi I capostipite dei nuovi cesari? Ma sì: in fondo basta «torcere un po'» la Costituzione, e il gioco è fatto. Amen. Povero Ingegnere: aveva la tessera numero uno del Partito democratico. Adesso vuole la tessera numero uno del partito «un uomo solo al comando». D'altra parte Draghi bisogna «lasciarlo lavorare» no? E allora che cos'è questo fastidio del governo da formare, e poi la fiducia in Parlamento, e le leggi da approvare magari financo da persone elette dal popolo che poi osano persino dire la loro? Ma vi pare? Non è tutto tempo sottratto all'infaticabile opera mirabile del Sommo Capo del Governo, ascendente Capo dello Stato? Per dire: l'altro giorno a Draghi è venuto in mente che bisogna tornare al nucleare. Ottima idea, naturalmente. Ma magari qualcuno potrebbe obiettare che sull'argomento si è pronunciato qualche anno fa il popolo italiano, e dunque che per ritornare al nucleare (come forse sarà necessario, se non opportuno) non basta una dichiarazione del premier. Ci vorrebbe un'altra consultazione popolare, magari. O, come minimo, una legge regolarmente approvata dalle Camere. Ma vi rendete conto del fastidio che tutto ciò potrebbe provocare a Draghi «che governa ovunque lo si metta»? Per fortuna la Costituzione, come dicevamo, ormai è in via di restringimento. E potrà far cadere senza problemi, uno dopo l'altro, tutti questi fastidiosi articoli che complicano la vita al draghismo imperante. Articolo 70 (potere legislativo delle Camere)? Amen. Articolo 75 (referendum)? Amen. Articolo 97 (poteri del Presidente della Repubblica)? Amen. Il tutto senza che nessun girotondo, nessun Benigni, nessun intellettuale si lamenti per la dipartita di cotanta antica bellezza. Zitti zitti, quatti quatti, alla fine rimarrà, per l'appunto, solo l'articolo 32. Tutto il resto via. Da eliminare. Da cancellare. O, come minimo, da torcere. All'incirca come le nostre budella.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
Continua a leggereRiduci