2020-03-04
Quei peccati che la Chiesa condanna e i sacerdoti progressisti cancellano
Il Catechismo di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger elenca dottrine morali imprescindibili e censura taluni cattivi comportamenti. Ma è stato criticato e accantonato sull'altare della modernità persino da molti teologi. Che buona parte del clero, e non da ieri, si stia distaccando dallo stile e dal pensiero, dai modi e dei dogmi dei santi sacerdoti di un tempo, è tutto meno che una notizia. Gli esempi sono innumerevoli. Si pensi, ma solo per prendere un caso emblematico, cosa sarebbe accaduto sotto Pio IX, Pio XII o lo stesso Giovanni Paolo II, se un prete, per di più a capo di una diffusa e prestigiosa istituzione cattolica, avesse avuto l'ardire di affermare che Satana è un mero simbolo e che risulta difficile sapere ciò che Gesù ha detto veramente, poiché «a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole».Ebbene, questo è successo esattamente 3 anni fa, nel febbraio 2017, con le sorprendenti parole del superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa Abascal, 71 anni. E benché papa Francesco abbia più volte confermato il dogma dell'esistenza del diavolo e la credibilità assoluta delle Scritture, tutto è andato avanti come nulla fosse.Ma c'è un'altra grande categoria della dottrina cristiana che, almeno a partire dalla fine del Concilio Vaticano II, è stata riletta, reinterpretata, sottodimensionata e sempre più spesso apertamente archiviata: quella dei peccati. Per secoli e secoli, a quanto si può vedere dalle omelie dei santi, da Ambrogio (339-397) e Agostino (354-430), fino a padre Pio (1887-1968), dire predica voleva dire quasi sempre denuncia dei peccati.E questo per un motivo squisitamente pastorale, non moralistico: ai fedeli bisogna dare dei consigli di vita e anche sani scossoni, e non alta teologia sui dogmi più impenetrabili.Così, proprio per riparare all'archiviazione indebita della morale cristiana, che toccò un vertice inaudito con la contestazione dell'enciclica Humanae vitae di Paolo VI, Giovanni Paolo II e l'allora cardinal Ratzinger lavorarono a lungo per rilanciare il valore e l'importanza della sfera morale. E pubblicando il Catechismo della Chiesa cattolica, nel 1992, poi riveduto e corretto nel 1997, elencarono dottrine morali imprescindibili e censurarono taluni cattivi comportamenti, in modo da fornire al cristiano di base, una sorta di prontuario per orientarsi nel presente. E non dimenticare le forti esigenze del messaggio di Cristo.Il problema è venuto dopo, poiché il Catechismo è stato criticato e accantonato da quegli stessi teologi, vescovi e presuli, che 30 anni prima si opposero alla condanna della contraccezione da parte di papa Montini.Ma ora, a quasi 30 anni dalla prima edizione del testo catechistico, comunemente abbreviato in Ccc, qual è la situazione? Il clero, i pastori e anzitutto i parroci, responsabili della catechesi e delle messe domenicali, seguono o non seguono l'insegnamento ufficiale della Chiesa, anche nei punti ove esso stride maggiormente col pensiero debole e con l'edonisticamente corretto?Dopo una tematizzazione del peccato come tale, il Catechismo analizza nella sua terza parte, i peccati connessi con i 10 comandamenti di Mosè. E qui c'è davvero l'imbarazzo della scelta. Della scelta cioè di quei peccati che da anni e anni nessun fedele sente più citare nelle prediche e nelle omelie delle messe domenicali, o nei riti straordinari, tipo funerali, battesimi e matrimoni.Circa la fede, per esempio, chi parla più dei peccati di incredulità, dubbio volontario, eresia o apostasia, come fa il Catechismo ai numeri 2088-2089? Oppure quale predicatore, davanti ad una cospicua assemblea domenicale, metterebbe in guardia il gregge, davanti ai peccati di divinazione, astrologia, chiromanzia, magia e stregoneria (numeri 2116-2117)? Roba da medioevo, per il clero progressista. In verità, subcultura assai più da «periferie esistenziali» delle grandi metropoli secolarizzate che appannaggio dei cosiddetti secoli bui.Lo stesso ateismo è bollato come un «peccato contro la religione» dal Catechismo ufficiale: e tante porporate eminenze devono scordarlo spesso, quando parlano con facilità di atei giusti, bravi ed ecologici.E il diffusissimo peccato della bestemmia, che secondo il Ccc è «un peccato grave» (2148), viene mai richiamato, specie negli anni del catechismo, visto che statisticamente, da adolescenti, i nostri giovani avranno la bocca piena di santi e madonne?Personalmente ho sentito dal pulpito qualche prete denunciare la malizia morale dell'aborto, ma mai ricordare, come fa il Catechismo, la scomunica ipso facto per chi abortisce, incluso il personale medico. L'eutanasia poi, che «consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte», è evitata per ragioni politiche e di falsa pietà. Ma anche sulla gravità del suicidio si tace.E non parliamo della lista nera dei peccati contro il sesto comandamento: Non commettere atti impuri. Roberto Benigni ha fatto capire al Festival di Sanremo che esiste un intero libro della Bibbia che non solo non condanna tali atti, ma li promuove, senza alcuna regola o freno. Ma Benigni va criticato più per ciò che esprime, che per le insinuazioni che propone. Infatti, quale sacerdote cattolico, avete mai sentito tuonare dall'altare contro la lussuria, la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e la stessa prostituzione, come fa invece il Catechismo parlando delle offese alla castità?È facile e facilmente udibile condannare lo stupro, la pedofilia o lo sfruttamento della prostituzione. Ma dichiarare che «l'unione carnale al di fuori del matrimonio», è peccato lo è assai meno. E allora? Depennato!Paolo VI è stato di recente canonizzato da papa Francesco, e la canonizzazione implica che il nuovo santo sia un esempio e uno sprone per l'insieme dei fedeli. Sia per quello che ha fatto, specie nelle intenzioni, che per quello che ha detto. E Montini, già nel lontano 1967, con linguaggio profetico, disse così: «Si deve evitare di indurre i fedeli a pensare differentemente, come se dopo il Concilio fossero permessi alcuni comportamenti, che precedentemente la Chiesa aveva dichiarato come intrinsecamente cattivi». Infatti, ne deriverebbe un «deplorevole relativismo morale» che porterebbe a contestare tutta la dottrina cristiana.È quello che è avvenuto e che avviene ogni giorno sotto i nostri occhi stupiti. Ed è quello che avverrà ancora se non si tornerà presto al criterio della tradizione e dell'identità. Cessando altresì di dare la caccia ai cattolici (e ai sacerdoti) più tradizionalisti e identitari.