2018-07-05
Il tesoriere della Lega: «Quei 49 milioni noi li abbiamo spesi per il partito»
Giulio Centemero: «Chiedono sequestri di un denaro che non c'è. E non possono toccare la nuova Lega per Matteo Salvini».Il capo leghista ribadisce: al Quirinale per incontrare il presidente sulla vicenda dei fondi del Carroccio. Ma dal Colle è gelo: «Il capo dello Stato è all'estero, nessun contatto». L'Anm: «I magistrati non perseguono fini politici, emettono sentenze».La caccia ai milioni leghisti non fa fibrillare i 5 stelle. La linea è: «Roba vecchia». I grillini: «Storia che non riguarda il vicepremier». Solo per il ministro Alfonso Bonafede le critiche leghiste sono «cose da seconda Repubblica».Lo speciale contiene tre articolOnorevole Centemero, tutta l'Italia parla dei milioni della Lega. Il Pd vi dice: «Restituiteci i soldi rubati».«Cazzate».Prego?«Molti non lo sanno. E molti altri fingono di non saperlo: quella dei “49 milioni di euro rubati" è una balla clamorosa».Giulio Centemero è il tesoriere della Lega di Salvini. Giovane, laureato alla Statale, è l'ultimo amministratore della Lega nord, l'unico che può ricostruire cifre e conti. Si sottopone a una raffica di domande, fornisce la sua versione dei fatti alla Verità, spiega perché secondo lui la sentenza di Cassazione contiene «un clamoroso abbaglio».Scusi onorevole, quella sentenza parte proprio dalla cifra: «49 milioni di euro da sequestrare alla Lega». Come sono arrivati a quel numero?«Glielo spiego. Prima del 2012 esisteva ancora il finanziamento pubblico».Ovvio: lo prendevano tutti i partiti.«Il Pd, tanto per fare un esempio, nello stesso periodo in cui noi maturavamo 49 milioni di euro ha incassato 189 milioni. In piena legittimità, sia chiaro: per ogni voto si prendeva un euro e rotti».Molti hanno capito che la condanna a Bossi e Belsito è maturata per aver gonfiato il rimborso elettorale truccando i bilanci.«Anche questo non è vero: 49 milioni di euro non sono una cifra gonfiata da qualche trucco. Era quello che a noi spettava per la somma dei contributi maturati - in base ai voti! - nel 2006, nel 2008 e nel 2010».Questi soldi venivano rateizzati.«Esatto: il che trasformava le cifre in un finanziamento costante nel tempo. Pensi che ho percepito gli ultimi rimborsi maturati dalla Lega ancora nel 2016».Secondo le carte, Bossi e Belsito hanno sottratto 500.000 euro da quel totale.«Anche questo è un conto induttivo. Sa che nel dispositivo della sentenza questa cifra non viene mai quantificata?».Si può dedurre dagli atti, però.«Sì, perché alcune perizie stimano - non accertano - che Belsito possa aver gestito una cifra tra i 300.000 euro e il milione di costi “non inerenti" al bilancio reale. Così, per convenzione, si arriva alla cifra di 500.000 euro».Ma quindi i 49 milioni sottratti non esistono?«Esatto. Non sono in nessuna sentenza!».Ma allora dove sono finiti quei soldi incassati, quasi tutti prima che lei diventasse tesoriere?«Sono stati quasi tutti spesi: meno la parte, come abbiamo detto, usata in maniera indebita da Belsito».L'Espresso si domanda: ma se non ci sono le pezze d'appoggio, forse i 49 milioni sono diventati un «tesoretto» nascosto, ancora oggi, da qualche parte?«Balle, non esiste alcun tesoretto. Le do due cifre: in quel periodo la Lega ha speso 24 milioni per le risorse umane e 20 milioni in campagne elettorali».44 milioni di euro in totale.«Quindi le due voci principali coprono quasi tutta la spesa».E sono soldi tracciabili?«Sta scherzando? Ci sono i contributi Inps regolarmente pagati, da cui si può ricostruire la cifra di cui le parlo».La tesi dei giornalisti che hanno scritto sui vostri conti è: non si sono costituiti parte civile contro Bossi perché Bossi in cambio li ha fatti accedere a quel tesoretto.«Mi piacerebbe avere un tesoretto. Ma visto che non esiste, non possiamo accederci. Salvini non si è costituito contro Bossi perché mentre era impegnato nella successione politica al fondatore del suo movimento non poteva usare dei procedimenti legali per avvantaggiarsi contro di lui».Nessun accordo sottobanco? «Basta quello che era sulla scena. L'idea di Salvini dopo la sua vittoria era semplice: ho bisogno di unità per far resuscitare la Lega. Tiriamo una linea sul passato. Se ci pensa, è quello che è accaduto».Però la Lega con questo gesto, graziava i dirigenti che aveva cacciato dal proprio ponte di comando!«Anche questo non è vero, La Lega resta parte offesa. E il pubblico ministero - ovviamente - avrebbe il dovere difendere la parte offesa a prescindere dal fatto se si costituisce o no».Quindi sta dicendo che non meritate quella condanna?«Se Luca Telese sottoscrive domani dieci euro per la Lega, quei soldi ci vengono sottratti prima che la Lega possa usarli».Così dice la sentenza...«È un controsenso. Alla Margherita, dopo la condanna del suo tesoriere, i soldi sono stati restituiti. In quel caso hanno deciso che il partito era vittima del raggiro. Perché, se condannano Belsito, dovremmo esserne complici?».L'Espresso ha fatto l'elenco di alcune cifre - pagamenti da 200 a 300.000 euro - finiti alle finanziarie del suo partito.«La Padania è stato un buco nero, ma fino a che è stato possibile abbiamo sostenuto giornale, radio, e dipendenti».Però L'Espressodice che anche adesso ci sono movimenti strani, scatole cinesi...«Spulciando le cifre dei bilanci senza capirle, accostano eventi che nulla hanno a che vedere l'uno con l'altro. Il conto della Sparkasse di Bolzano, quando sono arrivato, l'ho chiuso io per riportare quello che era rimasto da noi».Quindi non sono soldi vostri quelli di cui parla il settimanale?«Assolutamente no. Non sono della Lega! Il bello è che la Sparkasse ha fatto anche un comunicato per dire che non erano nostri. Ma capisco che immaginare o suggerire che sia un tesoro nascosto dia più soddisfazione».L'ultimo bilancio lo ha firmato lei. Come campate senza finanziamento pubblico?«Con tre voci importanti: il contributo del 2 per mille, le erogazioni liberali di chi ci sostiene e il tesseramento».A un certo punto, nel 2014, viene considerato sospetto un passaggio di quasi 6 milioni di euro dalla Lega nord alle leghe nazionali.«Ma è una donazione!».Un trucco per prevenire la confisca, insinua qualcuno.«Macché! Prima avevano un sistema folle per cui tutti i costi erano centralizzati».Cambiato dopo l'inchiesta.«Nel sistema costruito da Belsito, se non pagavo una bolletta a Savona, il sollecito arrivava a Milano! Era una trafila inefficiente, che fra l'altro ci esponeva a dei rischi. È lo stesso modello - tanto per farle un esempio - seguito dal Pd».Però avete fondato un nuovo soggetto politico, la Lega per Salvini premier. Con finanziamenti diversi. Anche questa una mossa per scappare al sequestro?«Per nulla. È nata una nuova realtà politica, diversa dalla Lega nord: lo stesso è accaduto tra Ds, Pd e Margherita. Le pare una manovra elusiva?».Ma quella frase della Cassazione «sequestrare tutti i conti riconducibili» vuol dire che metteranno le mani nei conti della Lega per Salvini premier?«Penso proprio di no. È un fatto logico: perché quei soldi non hanno mai lambito la Lega nord. Non hanno nulla a che vedere con le inchieste sui bilanci di Belsito».Sosterrà questa tesi?«Secondo me sono due soggetti giuridici autonomi. Tant'è vero che nel 2 per mille la Lega per Salvini e la Lega nord hanno due codici diversi».I magistrati daranno un'altra interpretazione?«No, l'hanno già data, pronunciandosi sul ricorso della Lega Toscana hanno sancito la “terzietà rispetto alla Lega Nord"».Morale della favola: lei mi sta dicendo che quei 49 milioni di cui tutta l'Italia parla non esistono.«Credo di averglielo dimostrato numeri alla mano: non abbiamo nulla da nascondere, li abbiamo spesi per fare politica. E di questo siamo orgogliosi».Luca Telese<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/quei-49-milioni-noi-li-abbiamo-spesi-per-il-partito-2584122637.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-chiama-mattarella-non-gli-risponde" data-post-id="2584122637" data-published-at="1758057073" data-use-pagination="False"> Salvini chiama, Mattarella non gli risponde C'è una data evidenziata in rosso sui calendari di via Bellerio, sede della Lega di Matteo Salvini. È quella del 16 luglio quando il Tribunale del riesame si esprimerà sul ricorso della Lega nord Toscana riconosciuto dalla Cassazione contro la richiesta del sequestro dei conti da parte della Procura di Genova. Perché come riportato dalla Verità ieri, la Suprema corte nell'ultimo mese si è sdoppiata. Gli stessi giudici hanno emesso due sentenze apparentemente diverse nel giro di due settimane. Quella del 3 luglio ha dato la possibilità alla procura di trovare «ovunque» i 49 milioni di euro, mentre quella del 20 giugno per la Lega nord Toscana ha spiegato che soggetti terzi potevano essere ignari delle scelte dell'ex segretario Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, condannati per truffa ai danni dello Stato. In base alle decisioni del riesame si capirà come affrontare i prossimi mesi. Il partito nuovo già c'è. È Lega-Salvini Premier, già registrato in Gazzetta ufficiale e anche in Parlamento. Quello che ancora non è stato fatto è un congresso, che se le cose dovessero mettersi male, potrebbe essere celebrato già a ottobre per nominare il segretario e la segreteria federale. La situazione è complessa. Da tempo Roberto Maroni, ex governatore della Lombardia, chiede a Salvini di fare un passo indietro alla segreteria per poter avere più mano libera al governo. Al momento sono solo ipotesi. Prima ci sono da affrontare le questioni giudiziarie nelle aule di tribunale. Innanzitutto la prossima settimana Salvini dovrebbe salire al Colle, per incontrare, insieme con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Le richieste di incontro per difendere la democrazia («Perché la Lega sarebbe il primo partito in Italia e in Europa ad essere messo fuori legge con una sentenza non definitiva per degli errori commessi da qualcuno 10 anni fa e in cui io non c'entro niente») ha messo subito sull'attenti l'Associazione nazionale magistrati (Anm), in piena campagna elettorale per le elezioni del Consiglio superiore della magistratura (Csm). «In merito al dibattito successivo alla sentenza emessa dalla Suprema Corte di cassazione relativa al sequestro di somme di un movimento politico» si legge nella nota «l'Associazione nazionale magistrati ribadisce con forza che i magistrati non adottano provvedimenti che costituiscono attacco alla democrazia o alla Costituzione, né perseguono fini politici, ma emettono sentenze in nome del popolo italiano, seguendo principi e regole di diritto». In serata dal Colle trapela gelo: «Mattarella è all'estero e all'oscuro di qualunque contatto». In sostanza è scontro totale tra Lega e magistrati, come ai tempi del procuratore Agostino Abate. Per di più il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, si è schierato dalla parte delle toghe, chiedendo alla Lega di non ritornare ai tempi da seconda Repubblica. Ma il rischio è quello. Sono ore concitate dentro il Carroccio. C'è chi ricorda che «tra il 2010 e il 2016, il nostro periodo incriminato, il Pd ha percepito 189 milioni di rimborsi elettorali». Non solo. Dirigenti della Lega respingono le accuse su chi sostiene che il partito avrebbe dovuto costituirsi parte civile contro Bossi e Belsito. E allora ritornano a galla gli ultimi anni dentro Bellerio. Gli scontri tra il Senatùr e Salvini sulla famosa «paghetta», soprattutto i soldi su cui la vecchia gestione e la nuova si sono divisi. Il vero dominus è sempre stato Matteo Brigandì, ex avvocato di Bossi, comparso in questi giorni in alcuni articoli dell'Espresso con un documento, una scrittura privata, dove mette in allerta l'attuale segretario sui rimborsi elettorali. In pratica avrebbe usufruito di 820.000 euro di quei rimborsi, ma caso vuole che a sostenerlo sia lo stesso Brigandì rinviato a giudizio a Milano per aver spostato in Tunisia circa 2 milioni euro causando un danno non indifferente al Carroccio: in questo processo la Lega si è costituita parte civile chiedendo 3 milioni di euro. Il problema è sempre lo stesso. Perché la Procura di Genova continua a insistere sui 49 milioni quando a Bossi e Belsito ne vengono contestati all'incirca 6? Per di più i fondi pubblici tra il 2008 e il 2016 sono serviti per pagare le attività elettorali e la gestione del partito, cose note. Ma i magistrati vogliono vederci chiaro e le inchieste continuano. La prossima settimana si aprirà il processo d'appello a Bossi e Belsito. Il 12 il procuratore Enrico Zucca chiederà le condanne. Per Salvini forse è il momento di cambiare pagina. Alessandro Da Rold <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/quei-49-milioni-noi-li-abbiamo-spesi-per-il-partito-2584122637.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-caccia-ai-milioni-leghisti-non-fa-fibrillare-i-5-stelle-la-linea-e-roba-vecchia" data-post-id="2584122637" data-published-at="1758057073" data-use-pagination="False"> La caccia ai milioni leghisti non fa fibrillare i 5 stelle. La linea è: «Roba vecchia» C'è il pezzo grosso del governo che si guarda quasi di nascosto il video del fattoquotidiano.it, in cui c'è la caccia alla sede fantasma della Lega in via delle Stelline, a Milano, e chiama divertito i collaboratori. C'è l'onorevole «portavoce» che ridacchia per la «caccia al tesoro in salsa padana». C'è la pasionaria della prima ora, nota manettara, che dice: «Quasi quasi era meglio se si pigliavano un po' di soldi da Berlusconi». E c'è il sottosegretario del Nord che la prende sul ridere e dice: «Ma povero Salvini, che c'entra lui con Francesco Belsito», il vecchio tesoriere di origini calabresi che sembra una carta del Mercante in fiera?Parlare con i pentastellati del caso «Soldi del Carroccio», in privato, consegna l'immagine di un alleato di governo leale, solidale, convinto che lo scandalo sia esagerato, anche se decisamente comico. Come un po' comico, del resto, viene ritenuto anche il progetto di Matteo Salvini di farsi scudo con Sergio Mattarella. Poi ci sono le dichiarazioni pubbliche, poche e seriose. Ma certo, nessuno che urli né al complotto contro il governo gialloblù, né allo scandalo per i soldi che la Cassazione ha ordinato di cercare in ogni dove.La linea ufficiale resta quella di Luigi Di Maio, che a botta calda ha subito bollato la faccenda come qualcosa di vecchio, un retaggio del passato, «una storia che non riguarda Salvini». Ieri, invece, il ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha reagito agli attacchi della Lega ai magistrati, facendo notare con una punta di polemica che queste critiche «sembrano più da seconda Repubblica», con un evidente riferimento alle offese che più volte Silvio Berlusconi ha lanciato contro le toghe in anni e anni di indagini e processi continui subiti in mezza Italia. E il guardasigilli ha ripetuto la consueta raccomandazione di ogni guardasigilli: «Tutti devono potersi difendere fino all'ultimo grado di giudizio, ma poi le sentenze vanno rispettate». Un Bonafede fuori linea rispetto al leader? Niente affatto. Prima di rilasciare queste dichiarazioni i due si sono sentiti. E poi, la difesa delle sentenze definitive e una qualche censura ai toni un po' sopra le righe del ministro degli Interni erano davvero un passo obbligato per il titolare della Giustizia. Mentre Carlo Sibilia, sottosegretario agli Interni, è andato di buon senso: «Credo che la Lega dell'era Salvini non sia coinvolta direttamente… mi sembra nelle cose».E così, a scambiare due parole con vari esponenti di primo piano del Movimento sulla caccia ai fantomatici milioni della Lega, si ricava solo che gliene importa davvero poco o nulla. Il fatto che non si sappia neppure dove mandare la posta al Carroccio suscita parecchio divertimento, così come immaginare Mattarella che ascolta con aria grave il ministro degli Interni lamentarsi delle motivazioni della Cassazione e poi lo congeda con un «poi le leggo».«Ma nel 2018 stiamo ancora dietro a Bossi e Belsito? Con tutte le cose serie che abbiamo da fare?», si chiedeva ieri un ministro del Movimento. E giù a parlare di quanto è «fondamentale» lo stop «alla legge bavaglio sul copyright e su Internet», arrivato a Bruxelles. Oppure, tanto per stuzzicare i giornalisti, «la giusta battaglia del nostro Vito Crimi contro i fondi pubblici all'editoria, diretti e indiretti», annunciata due giorni fa dal sottosegretario all'Editoria proprio alla Verità, giornale che non prende manco un euro.Insomma, non c'è solidarietà pubblica alla Lega, perché forse sarebbe un po' troppo, di fronte a un elettorato come quello pentastellato, che tendenzialmente si accontenta già di una sentenza di primo grado, ma nessuno si vuol fare strumentalizzare contro l'alleato. «Lo so, domani leggeremo sui giornaloni che tra i 5 stelle c'è gran mal di pancia per questa storia, ma l'unico mal di pancia è quando vediamo che il nostro lavoro su temi che interessano ai cittadini passa in secondo piano», riassume un senatore. A parte la consueta tentazione di dettare il timone ai quotidiani, per il momento sembra proprio così.Francesco Bonazzi