2024-05-07
L’Occidente snobbava il negoziato. Ora ci ripensa, ma è troppo tardi
Vladimir Putin (Getty Images)
Fino a qualche tempo fa, chi auspicava il dialogo veniva trattato da vile putiniano. La realtà è che ancora due anni fa un compromesso era possibile. Oggi, invece, le sorti del confronto sono tutte nelle mani dello zar.Fino a qualche mese fa, chiunque osasse parlare di trattativa in vista di una tregua del conflitto in Ucraina era accusato di essere un putiniano sotto mentite spoglie. L’idea di un negoziato, dove, come avviene in qualsiasi contrattazione, ognuna delle parti è disposta a rinunciare ad alcune pretese, era infatti bollata come una concessione al nemico e dunque una resa di fronte alla protervia russa. Secondo i sostenitori di Kiev non c’era altra soluzione alla guerra che non fosse la riconquista dei territori occupati. Addirittura, secondo Volodymyr Zelensky e i suoi sostenitori, cioè noi europei e gli americani, alla fine Putin avrebbe dovuto ritirarsi dalla Crimea e dalle province di Donetsk e Lugansk invase dieci anni fa. Leggendo certe ricostruzioni, soprattutto di tanti inviati al fronte dalla propria scrivania, la vittoria pareva a portata di mano e per ottenerla sarebbe stato sufficiente armare fino ai denti gli ucraini e dimostrarsi uniti contro l’arroganza di Mosca. Come si è visto, dopo oltre due anni di devastazione e di morte, le cose non stavano come ce le raccontavano, e oggi, dopo centinaia di migliaia di vittime da entrambe le parti e centinaia di migliaia di miliardi di danni non solo per l’economia ucraina ma anche per quella europea, la parola trattativa non più impronunciabile. Anzi, ne fa menzione senza imbarazzo il vicecapo dell’intelligence di Kiev, il maggiore generale Vadym Skibitsky, in un colloquio con l’Economist. Secondo l’alto ufficiale la situazione in Ucraina non è mai stata così difficile e dunque non solo esclude la possibilità di una vittoria contro i russi ma parla proprio di negoziato. Chissà come avranno reagito le anime belle a leggere quelle dichiarazioni, loro che fino a ieri ritenevano offensiva l’idea di una tregua che non sancisse la sconfitta di Putin. Lasciamo perdere i politici, che a volte sono costretti a spararle grosse per non mostrare la propria debolezza, come Emmanuel Macron, il quale non perde occasione di mostrare i muscoli che non ha, ipotizzando l’invio di truppe Nato direttamente al fronte. Ma anche l’informazione, che avrebbe dovuto mantenere un certo senso critico, invece di raccontare i fatti per quello che sono, belli o brutti che si possano ritenere, ha preferito calzare l’elmetto, usando la penna stilografica come fosse un moschetto. Io le ricordo le intemerate di certi colleghi, i quali dalla loro tribuna stampa se la prendevano con coloro che invocavano una trattativa per giungere a un cessate il fuoco. Dal Corriere a Repubblica era tutto un agitare di penne in nome della democrazia. Parlare di tregua secondo gli artiglieri da salotto come Paolo Mieli, Federico Fubini, Gianni Riotta e compagnia, era un invito all’Ucraina ad alzare bandiera bianca. L’ex direttore del Corriere della Sera addirittura si inventò la definizione di pacifista cinico per quanti parlavano di negoziato. Invocare la trattativa in nome di un principio di concretezza, sollecitare delle concessioni all’invasore per evitare una carneficina di soldati e civili, era ritenuto da Mieli pericoloso, in quanto se avessimo applicato il realismo invocato per l’Ucraina avremmo dovuto rinunciare a numerose battaglie in nome della libertà. Il collega a questo proposito citava la guerra di Spagna e una serie di colpi di Stato, con molte vittime. Ma l’approccio era a dir poco surreale, dato che noi in Ucraina siamo di fronte a una superpotenza (sì, per quanto acciaccata la Russia resta una superpotenza militare, per di più con non si sa quante centinaia di testate atomiche) che ha invaso un Paese con meno di 40 milioni di abitanti e con meno di 15 milioni di questi – considerando uomini e donne – in grado di imbracciare un fucile. Non voglio ricordare qui i profughi fuggiti all’estero, tra i quali molti per sfuggire all’arruolamento. Ma solo un cieco, oppure qualche guerrafondaio da divano, poteva non rendersi conto della guerra impari che si stava svolgendo sotto i nostri occhi. Solo l’ipocrisia ci poteva impedire di guardare in faccia la realtà e di negare che il negoziato prima o poi sarebbe stata l’unica soluzione per evitare una guerra devastante. Invece, da Mieli in giù hanno preferito mostrare i muscoli, ovviamente degli altri. Così, dopo aver respinto una trattativa che nell’aprile del 2022 sarebbe stata possibile, dopo centinaia di migliaia di vittime, ora ci troviamo a parlare di trovare una soluzione prima che le truppe russe sfondino la linea del fronte e arrivino fino alla capitale. Ma come è ovvio, oggi la trattativa è tutta in salita, perché Putin è in una posizione di forza. E attenzione, in questa faccenda, se si arriverà a un negoziato che preveda lo smembramento dell’Ucraina, la vera sconfitta non sarà Kiev, bensì l’Europa, che si ritroverà più debole e con un nemico alle porte. Non certo una bella prospettiva per i militari di complemento che vivono acquartierati nelle redazioni. Non mi piacciono le citazioni, ma il 6 marzo del 2022, due settimane dopo l’invasione russa, osservavamo che tra i caduti in battaglia c’era la libera informazione. Non ci sbagliavamo.
Jose Mourinho (Getty Images)