2022-04-22
Putin e Usa litigano su Mariupol: «Presa». «Non hai le prove». Nuovi raid a Kharkiv
Lo zar ferma l’assalto all’acciaieria: si negozia sull’evacuazione delle truppe. Mistero sul rogo in un centro missilistico in Russia.Francesco insiste: «Sia tregua». Da Ankara partono accuse alla Nato. I turchi: «Alcuni vogliono allungare la guerra». Intanto il premier ucraino vola a Washington.Lo speciale comprende due articoli. Al cinquantasettesimo giorno di guerra la città di portuale ucraina di Mariupol è caduta, mentre circa 2.000 irriducibili soldati (ma c’è chi parla di un numero che va dai 300 ai 1.000) restano ancora asserragliati all’interno dell’acciaieria Azovstal, che si trova fuori città. A loro, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ieri pomeriggio, ha offerto una scappatoia: «I militari ucraini possono deporre le armi e lasciare Mariupol attraverso i corridoi umanitari. I militari ucraini hanno avuto e hanno ancora la possibilità di deporre le armi e lasciare la città attraverso i corridoi designati». E a proposito della proposta del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha chiesto «che le truppe russe catturate siano scambiate con la fornitura di un passaggio umanitario sicuro per i militari ucraini», Peskov ha affermato: «Questa possibilità esisteva anche prima che il presidente Zelensky facesse la sua dichiarazione». Dubbi sulla caduta di Mariupol ha espresso Joe Biden, secondo cui «non ci sono prove» della presa della città. Il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Oleksiy Danilov, ha dichiarato all’agenzia Ukrinform che il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che documenta compulsivamente la guerra su Telegram (un fatto che ha creato più di un problema ai russi), sarebbe stato incaricato lo scorso 3 febbraio da Vladimir Putin di assassinare il presidente ucraino Zelensky. A proposito delle continue spacconate mediatiche del leader ceceno, Danilov le ha liquidate così: «Posso dire con certezza che non è mai stato qui. Tutte queste foto secondo le quali sarebbe stato in zona di guerra sono una totale sciocchezza». Secondo il sindaco di Mariupol, Vadim Boychenko , nei dintorni della città martire «i soldati russi hanno scavato una fossa comune di 30 metri e portato dei corpi con i camion». La notizia del giorno però è arrivata dalla televisione di Stato russa, che ha diffuso il video del colloquio tra Putin e il suo ministro della Difesa, il Generale Sergej Shoigu. Questi, nonostante non goda più dei favori del Cremlino, che lo accusa del sostanziale fallimento di quello che doveva essere nei piani un blitz di 72 ore, molto probabilmente si aspettava di vedersi autorizzare l’assalto finale all’acciaieria. «Attualmente», ha riferito il funzionario allo zar, «la situazione in città è calma, permettendoci di iniziare a ristabilire l’ordine, riportare la popolazione e stabilire una vita pacifica. Per quanto riguarda coloro che sono fuggiti allo stabilimento dell’Azovstal e sono rimasti completamente bloccati lì e attorno all’intero perimetro, ci vogliono circa tre o quattro giorni per completare questo lavoro all’Azovstal. Il rapporto è terminato». A quel punto Putin, seduto di fronte a lui, con tono gelido, lo ha fermato: «Ritengo inopportuno il proposto assalto all’acciaieria. Ti ordino di annullarlo». Shoigu non ha potuto fare altro che abbozzare, con un sommesso: «Va bene». Poi, il presidente russo, senza tradire la minima emozione, ha aggiunto: «In questo caso dobbiamo pensare - voglio dire, dobbiamo pensarci sempre, ma in particolare in questo caso - dobbiamo pensare a preservare la vita e la salute dei nostri soldati e ufficiali. Non c’è bisogno di arrampicarsi in quelle catacombe e strisciare sottoterra sotto quelle strutture industriali. Blocca questa zona industriale in modo che nemmeno una mosca possa entrare o uscire». Perché Putin ha deciso di non distruggere l’acciaieria? Secondo il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulé, nelle Azovstal ci sarebbero «ordigni chimici». Alla Verità, però, risulta che le ragioni dello zar siano diverse - certo, non quelle da lui narrate, ovvero: «Per evitare un bagno di sangue», visto che fino a oggi egli ha avallato ogni azione commessa dai suoi soldati. Il leader russo ritiene inutile sacrificare altri soldati (oltre ai 21.000 già deceduti), specie ora che gli occhi di tutto il mondo sono puntati su questa acciaieria; inoltre, una volta che Mariupol sarà russa a tutti gli effetti, gli acciai della Azovstal faranno molto comodo al Cremlino. Mentre scriviamo, Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina, viene bombardata senza sosta, come ha riferito al Guardian il sindaco Ihor Terekhov: «La Federazione russa sta bombardando furiosamente la città», dove vivono ancora 1 milione di persone, mentre circa il 30% della popolazione, per lo più donne bambini e anziani, sono stati evacuati. Bombe anche a Kherson, dove i russi costringono i civili a combattere con loro, mentre nel Donbass l’avanzata dell’Armata, secondo il consigliere del capo dell’ufficio del presidente ucraino, Oleksiy Arestovych, incontra le prime difficoltà sia nella regione di Lugansk che in direzione di Gulyai Pole, nella provincia di Zaporizhzhia (Ucraina sudorientale). Clamorose notizie arrivano direttamente dalla Russia: a Tver, nella zona europea centrale del Paese, una struttura di ricerca militare, apparentemente coinvolta nello sviluppo di almeno alcuni dei missili terra-aria della «serie S» e dei missili balistici Iskander, è esplosa. Il primo bilancio parla di diversi morti e altrettanti feriti. Ignote la ragioni, ma visto l’obbiettivo altamente sensibile non è azzardato ipotizzare che possa esserci un legame con la guerra in corso. Infine, sempre ieri pomeriggio, è bruciato l’impianto chimico di Dmitrievsky, il più grande produttore russo di solventi chimici, che si trova alla periferia di Mosca. Rogo accidentale? Forse.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/putin-e-usa-litigano-su-mariupol-presa-non-hai-le-prove-nuovi-raid-a-kharkiv-2657193548.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="francesco-insiste-sia-tregua-da-ankara-partono-accuse-alla-nato" data-post-id="2657193548" data-published-at="1650568077" data-use-pagination="False"> Francesco insiste: «Sia tregua». Da Ankara partono accuse alla Nato Una spaccatura clamorosa, quella aperta dalla Turchia nel fronte della Nato. Ieri, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in una intervista a Cnn Turk, riportata da Nova, ha accusato (pur senza citarli espressamente) Stati Uniti e Gran Bretagna di remare contro i negoziati: «Dopo l’incontro di Istanbul», ha detto Cavusoglu, «tra le delegazioni di Russia e Ucraina, pensavamo che il conflitto non sarebbe andato avanti per molto. Durante le riunioni ministeriali della Nato ho notato i rappresentanti di diversi paesi lavorare al prolungamento del conflitto piuttosto che a una sua soluzione diplomatica. È una posizione», ha aggiunto Cavusoglu, «da cui noi ovviamente ci dissociamo». L’esponente del governo della Turchia che, ricordiamolo, ha il secondo esercito più consistente dell’intera Alleanza atlantica dopo gli Usa, ha definito lo stato attuale delle trattative come «parzialmente congelate», ha ribadito che la Turchia è pronta «a ospitare colloqui di vertice e a continuare a mediare. Un incontro a Istanbul tra il presidente russo, Vladimir Putin, e l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, è ancora sul tavolo», ha spiegato Cavusoglu, «anche se non sono stati fatti progressi nelle trattative». Dopo che papa Francesco aveva chiesto invano una tregua pasquale, ieri la Santa Sede e il Pontefice si sono uniti all’appello di Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, d’accordo con monsignor Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, per una tregua in occasione della Pasqua secondo il calendario giuliano, il 24 aprile prossimo. Il Cremlino ha respinto la proposta. Ieri russi e ucraini si sono scambiati 19 prigionieri per parte. Il direttore del secondo dipartimento per la Comunità degli Stati indipendenti del ministero degli Esteri russo, Alekseij Polishchuk, in un’intervista alla Tass, ha ipotizzato che i cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Russia, Cina, Regno Unito, Stati Uniti, Francia) potrebbero fare da garanti per la sicurezza dell’Ucraina nel caso di un successo dei negoziati. «Altre opzioni non sono escluse», ha precisato Polishchuk, «quindi l’elenco esatto non è stato ancora determinato». «La squadra di negoziatori tra Russia e Ucraina», ha fatto sapere ieri mattina il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, «rimane la stessa, e sono coinvolti anche alcuni esperti necessari per redigere il futuro documento». Intanto, il presidente dell’Ucraina, Zelensky, ha affermato che «ogni giorno di più, di fronte a sempre nuovi crimini di guerra russi, si perde la fiducia nei risultati dei negoziati. Oggi (ieri, ndr)», ha aggiunto Zelensky, parlando con la tv francese Bfmtv, «la nostra delegazione sta parlando ufficialmente con la delegazione russa e in linea di principio siamo favorevoli a un incontro a livello dei leader di Russia e Ucraina. Perché a livello di leader possiamo fermare questa guerra». Sul campo continua intanto l’assedio a Mariupol, con l’Ucraina che ha offerto alla Russia una «sessione speciale di negoziati» in città per permettere l’evacuazione di militari e civili che si trovano asserragliati nella zona dell’acciaieria Azovstal, proposta rifiutata con toni sprezzanti dal leader ceceno Ramzan Kadyrov. Ieri sono stati a Kiev la premier danese, Mette Frederiksen, e quello spagnolo Pedro Sánchez. Incontrando Zelensky, questi ha annunciato un nuovo invio di 200 tonnellate di materiale militare all’Ucraina. Il presidente americano, Joe Biden, ha incontrato alla Casa Bianca il premier ucraino, Denys Shmyhal. Gli Stati Uniti forniranno a Kiev un nuovo carico di armi da 800 milioni di dollari, a una settimana dall’ultima consegna. Washington darà all’Ucraina ulteriori 500 milioni di dollari per aiutare Zelensky a finanziare le attività del suo governo durante la guerra in corso.
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